La proiezione in sala – Foto: Francesco Begonja
Dopo averci narrato di Lamont Young, il regista napoletano nel suo ultimo lavoro ci porta alla scoperta di Matteo Schilizzi e del suo visionario mausoleo.
Francesco Carignani, dopo il docu-film La Napoli del futuro: il sogno di Lamont Young sulla vita e sulle opere del geniale architetto di inizio ‘900, riprende la traccia dei personaggi visionari che, per certi versi, hanno lasciato una impronta personalissima nella storia della città di Napoli di fine Ottocento e inizi Novecento, attraverso il suo nuovo film/documentario: Schilizzi e la Grande Meraviglia, proiettato in questi giorni nelle sale cinematografiche della città, dove un pubblico folto ed entusiasta ha mostrato interesse per la visione inedita di uno spaccato della storia di Napoli. Il regista parte da una analisi strettamente fotografica e da una ricerca storica, condotta tra archivi, biblioteche e testimonianze di illustri studiosi, per ripercorrere la vita di Matteo Schilizzi, un banchiere livornese che, dopo varie vicende familiari, approda nella città di Napoli; Carignani racconta le diverse vicissitudini personali di Schilizzi per scoprirne il vero profilo della sua identità. Infatti, proprio in quegli anni, nel 1880, egli diede incarico all’architetto Alfonso Guerra di costruire un monumento insolito, un mausoleo, sul territorio di Posillipo, la cui tipologia strutturale e decorativa evocasse tantissimo le architetture dell’antico Egitto che, con i loro simboli strutturali e decorativi, lasciavano pensare ad una vita dopo la morte.
Il mausoleo – Foto: Lorenzo Cabib
L’operazione culturale che Carignani esegue, da sensibile rappresentate della Delegazione FAI, appare evidente già dai primi fotogrammi del film attraverso i quali sviluppa, con abilità di regia, un percorso visivo/narrativo che introduce il suo nobile fine: quello della diffusione e conoscenza, ma soprattutto della tutela del patrimonio storico-artistico presente sul territorio, in questo caso di un monumento dimenticato, abbandonato dalle istituzioni territoriali. Il mausoleo, infatti, si aggancia perfettamente al tema del monumento celebrativo in stile neoegizio costruito, secondo i canoni della tradizione, a partire dalla seconda metà del XVIII secolo in tutta Europa, con caratteristiche stilistiche improntate verso una austera classicità. La peculiarità dell’opera, nel progetto originario di Alfonso Guerra, così come si legge dagli schizzi preparatori, è proprio l’eclettismo degli stili attraverso i quali emerge una matrice esotica non rara alle altre architetture collocate sulla collina di Posillipo.
La proiezione in sala – Foto: Paola Germana Martusciello
All’interno del mausoleo, nell’ipogeo, invece, si recuperano aspetti stilistici micenei, mentre gli orientalismi si caratterizzano nelle scelte cromatiche; il gusto moresco viene evidenziato dalle strutture degli archi collocati nella zona absidale e nella navata centrale, mentre nella calotta interna della cupola ritroviamo chiari riferimenti ai simboli massonici soprattutto nella volta celeste con le stelle dorate.
L’interno del mausoleo – Foto: Lorenzo Cabib
Un’opera quasi dimenticata e abbandonata al suo degrado, un passaggio culturale, quasi di nicchia, incastonato in una delle pagine significative della cultura artistica napoletana di fine Ottocento, che viene fortemente attraversata da uno stile in cui si mescolano linguaggi espressivi diversi come l’Eclettismo, visibile in quasi il 90% di tutte le architetture prodotte in questo periodo. La storia di Schilizzi, personalità narcisistica e bizzarra, appare subito intrigante: la sua posizione economica quasi faraonica, frequentatore dei salotti dell’alta società, organizzava feste e pranzi lussuosissimi per guadagnarsi appoggi che in seguito avrebbero potuto rivelarsi utili visto il desiderio, poi svanito forse per una forma di depressione che lo avvolse, di entrare in politica. Schilizzi diventa una figura inquietante attraverso le narrazioni che fa Carignani, soprattutto per le sue connessioni con importanti personaggi non solo della cultura, ma anche dell’alta borghesia dell’epoca, che vengono man mano delineandosi come sagome recitanti quasi come se si trattasse di un teatro immaginario, attraverso un denso racconto fatto anche di immagini storiche, in bianco e nero, rese ancora più interessanti dai viraggi seppia, che restituiscono quella patina che conosce il colore dell’antico, ma soprattutto attraverso l’introduzione di originali disegni a vignette inframmezzati con garbo narrativo nelle sequenze dei fotogrammi. La storia si snoda su due livelli: uno è la figura del banchiere, sul racconto di un bohémien, Matteo Schilizzi, ricco livornese, figlio di un padre greco immigrato in Italia con una ricchissima posizione, tanto da essere definito uno degli uomini più facoltosi di una città il cui spaccato riflette i tempi della Belle Époque; l’altro è la storia del monumento funebre. In quegli anni Napoli ritrovava il suo centro attrattivo/culturale intorno alla Galleria Umberto I, dove facevano da scena i café chantant, le sale per spettacoli danzanti: un tempo che rimarcava, però, anche la crisi che avrebbe attraversato la città, da lì a poco, con il Risanamento.
Francesco Carignani – Foto: Raffaele Rossi
Il lavoro del regista punta soprattutto a risvegliare nel pubblico la necessità del recupero di un bene storico artistico di notevole interesse, ma anche a riscattare, attraverso una storia così dettagliata, l’importanza di quel mausoleo in stile egizio collocato nella zona di Posillipo. Dal documentario emerge la personalità insolita di Matteo Schilizzi, sicuramente un uomo eclettico, visionario, impegnato a stringere rapporti con uomini politici, governatori militari, ma anche con gli ambienti della massoneria, come dimostrano gli elementi che ritroviamo espressi apertamente nel progetto del mausoleo. Fondò, insieme a Edoardo Scarfoglio e Matilde Serao, Il Corriere di Napoli, sovvenzionando ampiamente l’impresa, e commissionò all’ingegnere Alfonso Guerra la costruzione, appunto, del grande Sepolcreto destinato alla memoria dei suoi avi. L’idea originaria di Schilizzi era quella di unire insieme due architetture di due civiltà distanti tra loro, lo stile egiziano per l’esterno e lo stile arabo per l’interno, nei quali spicca comunque una matrice esotica. L’edificio, di quasi sedicimila metri quadri, presenta un ingresso affiancato da due Cariatidi di Pace, opera di Giovanni Battista Amendola, mentre sul tamburo della cupola corrono nove sculture in marmo che rappresentano le Cariatidi della Guardia.
L’ingresso del mausoleo – Foto: Lorenzo Cabib
All’esterno, in un parco con apertura a forma di esedra, sono sistemate grandi aiuole fiorite con scale di collegamento ai piazzali superiori, l’edificio è circondato da alberi di alto fusto come pini, cipressi, cedri, ippocastani ed eucalyptus in rapporti di equilibrio tra l’architettura e il paesaggio circostante. Purtroppo i lavori si interruppero a causa di uno stato depressivo di Schilizzi, la mole dell’edificio subì un arresto e solo nel 1916, grazie al pensiero lungimirante, ma soprattutto alla disponibilità economica del figlio di Alfonso, Camillo Guerra, e di un discendente di Schilizzi, furono ripresi i lavori e si individuò la possibilità di riqualificazione del Mausoleo in sacrario per i caduti della prima guerra mondiale. Grande Meraviglia, certamente, l’idea di aver voluto riconvertire un mausoleo e consacrare per sempre quell’architettura ad un valore etico, quello del nobilissimo sentimento per l’onore alla Patria, un monito e una riflessione per tutti noi. L’altro significato della parola “Meraviglia” è strettamente connesso alla bellezza insita in una architettura senza alcun dubbio particolare, perché rappresentativa di uno stile, quello neoegizio, che la rende insolitamente attraente.
Paola Germana Martusciello
Veramente affascinante. Complimenti come sempre!
La professoressa Martusciello fa un’attenta analisi,attraverso il documentario di Francesco Carignani,su Matteo Schilizzi e sull’insolito mausoleo fatto costruire a Posillipo
La Martusciello coglie le varie sfumature eanalizza le varie matrici
Brava
Grazie ancora a Paola Martusciello che con i suoi articoli ci arricchisce sempre di tante informazioni preziose descrivendo in maniera impeccabile e con grande competenza il lavoro di grandi artisti .
Bellissimo articolo, come sempre, questo della professoressa Paola Germana Martusciello. Con le sue parole ricche di sentimento, di conoscenza, di capacità descrittive non comuni, ci ha accompagnato dolcemente, quasi facendoci vedere i luoghi, alla scoperta di una “grande meraviglia” . Un mausoleo ricco di bellezza caratterizzato da stili architettonici diversi ma in sintonia, quello di sapore egizio e quello arabo. Ancora una volta grazie professoressa Martusciello!
articolo molto interessante sulla storia di un monumento abbandonato
Bellissimo articolo su questa “meraviglia dimenticata”. Un enorme ringraziamento a Francesco Carignani
Devo confessare con sincero rincrescimento che non si contano le volte che sono passato innanzi a questa costruzione senza mai dedicare la dovuta attenzione. Attenzione che si è destata grazie allo scritto della prof.ssa Martuscello lineare privo di accademismi incomprensibili e diretto alla presentazione dell opera
Un ottimo commento
Un articolo veramente bellissimo! Grazie per questa preziosa testimonianza!
Che dire , come sempre la Professoressa affascina con una narrazione che pur non perdendo di vista l’obiettivo , è capace di farci “vedere”, come una pellicola sullo schermo, quanto racconta e fa ciò facendo trasparire le Sue conoscenza ed amore profondi per il bello e per l’arte in ogni sua declinazione , ma lo fa con discrezione e senza stucchevoli eccessi nozionistici. In questo caso, poi, si sggiunge il merito di averci fatto conoscere una delle tante “perle” neglette che adornano la nostra Città e che spesso vivono un ingiusto e solenzioso degrado . Grazie grazie grazie !!
Articolo splendido .. mi ha impressionato come nel titolo ritroviamo tutta l essenza dell articolo stesso :
“grande meraviglia dimenticata … “
queste meraviglie riportate alla luce dalla bravissima autrice .. complimenti ..
Il Mausoleo di Posillipo, con la sua austera mole, esaltata dallo scuro colore della pietra, mi ha sempre attratto, greve e misteriosamente silenzioso, stuzzicando la mia curiosità fin quando un giorno, ormai lontano, parecchio lontano, riuscii a visitarlo.
In questo articolo, firmato dalla Martusciello, sono descritte con dovizia esaustiva tutte le eclettiche peculiarità che questo monumento ostenta, ed allo stesso tempo cela, nella sua intrinseca maestosa fattezza. Io credo che nella sua ecletticità l’esterno “egizio” e l’interno “arabo” non siamo poi così distanti tra di loro, anzi siano una fusione ed una continuità, come lo fu nell’evoluzione della lingua egizia dal copto all’arabo, suscitando ancor più un senso di misteriosa attrazione.
Anche l’intreccio, che la Professoressa Paola Germana Martusciello, intessa tra lo Schilizzi, il Guerra, ed il Carignani, ovvero la Mente, l’Architetto ed il novello Aedo, esalta, ed evidenzia maggiormente, sia la Fabbrica con i suoi simboli e la sua esoterica essenza, sia le figure che l’ hanno voluta, realizzata ed in fine riscoperta, svelandola al “profano” pubblico.
In riferimento agli Architetti/Ingegneri, Alfonso Guerra ed il figlio Camillo, posso dire che un filo mi lega a loro in quanto il figlio di Camillo, nonché nipote di Alfonso,
l’Ing. Guido Guerra, Professore Emerito della Facoltà di Ingegneria, fu Correlatore della mia Tesi di Laurea (di cui mi onoro), Responsabile e Direttore del successivo Corso di Specializzazione in Infrastrutture Aeronautiche e, con il quale, nacque e ci fu una stima reciproca.
Quindi, non solo ancora una volta BRAVA alla Martusciello per il suo pregiato articolo, ma anche un grazie per aver risvegliato in me un caro importante ricordo.
Bellissimo e interessante articolo della Professoressa Paola Martusciello su una delle tante bellezze dimenticate nella nostra città attraverso il documento di Francesco Carignani …
Un articolo particolarmente interessante perché propone uno spaccato di una Napoli insolita….. Scritto con un abilità di descrizione non solo storica ma anche artistica. Complimenti
Una storia interessante del signor Schilizzi che ha portato l attenzione su un monumento dimenticato… Complimenti alla dott Martusciello
Ricordi da ragazzino col Babbo. Emozionante quindi il bel reportage dettagliato di Paola Germana Martusciello
Interessantissima disamina della infaticabile professoressa Martusciello che, come al solito, affascina il lettore trasmettendo quella passione da cui è profondamente animata. Molto importante l’operazione del Carignani per restituire “luce” e visibilità ad un monumento dimenticato dalle istituzioni territoriali, uno dei tanti capolavori del nostro patrimonio artistico. La descrizione della professoressa Martusciello sapientemente lo illustra nei particolari e lo “fotografa” nella sua bellezza rendendocene partecipi. Grazie e complimenti!
Come sempre approfondita e ricca di riporti storici, la documentazione della prof.ssa Paola Germana Martusciello ci porta a conoscenza di un tesoro nascosto e per certi versi arcano della ns città e con esso la storia di un uomo visionario e di una vicenda poco nota ai più. Articolo e foto veramente intriganti.
Già dal titolo l’articolo della professoressa Martusciello ci conduce in questa “meraviglia dimenticata”. La affascinante e dettagliata narrazione dà il giusto rilievo all’opera, stimolando la curiosità di uno spettatore poco attento a cogliere la molteplicità delle letture possibili
Come sempre la brillante prof.Paola Martusciello ci porta a conoscenza e ci guida verso la scoperta del Mausoleo del parco di Posillipo. Il racconto dei personaggi coinvolti nella costruzione dell’opera e l’attenta descrizione degli stili ivi presenti con gli opportuni riferimenti storico-artistici , ancora una volta, esaltano il consueto rigore storico, filologico e artistico dei commenti della Martusciello.
Questo interessantissimo articolo mi ha fatto conoscere un bellissimo monumento della cui storia, per la verità, non sapevo quasi niente. Mi propongo di andarlo a visitare.
Grazie alla Professoressa Martusciello !
Il mausoleo di Posillipo mi ha sempre affascinato e sono veramente felice di averne conosciuto la storia attraverso questo bellissimo articolo di Paola Martusciello.
Caricare di significati dialoganti comunicativi elementi, così diversi per superare le differenze fa solo del bene alla umana gente illuminata e leggera, però il Moloch finanziario, sempre pronto a fagocitare e digerire elementi storicamente con storie.bisogna sempre difendere la storia nella sua interezza. Una pietra e ‘ una storia. Non la si può buttare
La professoressa Paola Martusciello con la sua abile scrittura ci porta in un mondo intrigante della Napoli di fine 800 per scoprirne le meraviglie.
Grazie
Bellissimo articolo. Sei chiara e precisa, fino ai minimi dettagli. Le foto sono un piacevole accompagnamento al testo, scorrevole.
Leggendo sembrava di vedere il film con i propri occhi.
D’altronde, la Prof. Paola non ci delude mai
Grazie alla professoressa Paola Germana Martusciello per la luce che getta su un monumento caratterizzato dalla quasi totale chiusura alla città, dalla sua assenza dalla vita dei Napoletani che lo vedono quasi sempre chiuso quando magari vi passano accanto per andare a godersi la bellezza di Posillipo.