Il “Sabba delle streghe“ di Francisco Goya“ (1821-23) – Museo del Prado, Madrid – Licenza: Public domain, via Wikimedia Commons
In questa seconda puntata del nostro focus sulle streghe, proponiamo una digressione sui termini utilizzati nelle principali lingue europee per indicare tali suggestive figure.
a cura di Mario Severino
Il francese masques e la sua evoluzione in Piemonte
Nel francese antico il termine più utilizzato in materia è masques. Esso discenderebbe dall’antico provenzale mascar, interpretabile nel senso di “borbottare incantesimi”. Alcuni studiosi ritengono che nella parola sia insita l’idea della trasmutazione, suggerendo un collegamento con la parola araba masakha, cioè “trasformare in animale”. Quest’ultima etimologia potrebbe essere supportata dalla credenza secondo la quale le streghe erano capaci di mutarsi in bestie.
Il termine compare per la prima volta nell’Editto di Rotari del 643 d.C., la prima raccolta scritta delle leggi dei Longobardi, col significato di strega: “Si quis eam strigam, quod est Masca, clamaverit”. Nel francese moderno il sostantivo perderà gradualmente questa connotazione per acquisire principalmente quella di maschera. Si affermerà invece il termine sorcière dal latino sortarius (lettore di fortuna), indicando letteralmente “colui che influenza il destino”, dal latino sors, sortis. Caratterizzato inizialmente dal significato di “indovina”, esso subisce poi un ampliamento semantico, andando a definire una donna dedita alle arti magiche più disparate.
Il termine “masca” rimarrà in uso nel Roero, nelle Langhe, in Astesana, nelle Valli cuneesi, nelle Valli di Lanzo, nella provincia di Biella, nel Canavese e nell’Alessandrino, dando vita alla masca piemontese, una figura apparentemente normale, ma dotata di facoltà sovrannaturali, tramandate da madre in figlia o da nonna a nipote o per lascito volontario ad una donna giovane. Secondo la tradizione, i poteri delle masche comprendono l’immortalità ma non l’eterna giovinezza o la salute – sono quindi vulnerabili e soggette alle malattie e all’invecchiamento. Quando decidono di averne abbastanza di questa vita, per poter morire devono trasmettere i poteri ad un’altra creatura vivente, che spesso è una giovane della famiglia oppure un animale o un vegetale.

Parte dell’Edictum Rothari – Licenza: Public domain, via Wikimedia Commons
Bruxa, broxa e sorginak: le definizioni di strega nella penisola iberica
La parola spagnola corrispondente all’italiana strega compare per la prima volta nella seconda metà del XIII secolo nella forma bruxa, in un vocabolario latino-arabo riprodotto in un codice catalano, come termine equivalente a quello di succube o demone femminile. Nelle Ordinaciones y Paramientos della città di Barbastro del 1396, compare la broxa aragonese, che condivide il campo semantico con “fetillero, venenoador, adivina”, sempre con un senso molto negativo. Si legge, infatti, che tutti questi personaggi commettono “crimini […] a Dio molto orribili” e perciò saranno “imprigionati dai giudici di detta città”.
Alcuni studiosi mettono in relazione broxa con il latino volgare voluxa, che significa “che vola”; altri, invece, tendono a pensare che possa avere un’origine iberica o celtica, affermando che la radice della parola strega, “bruix”, derivi dal proto-celtico “brixta”, che vuol dire “incantesimo”. Da questo lemma deriverebbero bruixa in catalano e bruxa in portoghese. Un discorso a parte riguarda il basco, lingua isolata che non ha legami con altre conosciute, nella quale le streghe sono dette sorginak. Considerate sacerdotesse pagane della dea Mari, proprio come le loro omologhe europee, esse hanno la capacità di trasformarsi in animali (specialmente gatti). L’etimologia del nome è ancora discussa: il suffisso -gin (creatore, da “egin” fare) è l’unico lemma su cui tutti concordano. Per quanto riguarda il prefisso “sor”, una teoria afferma che derivi da sorte, e quindi sorgin significherebbe “chiaroveggente”; un’altra sostiene che sor è la radice di sortu (creare), e dunque sorgin corrisponderebbe al termine “creatore”.
Una radice comune ad alcune lingue del Nord Europa
In alcune lingue europee si riscontrano somiglianze etimologiche riguardo al termine strega, che dunque viene così indicato: heks in olandese, norvegese e danese; heksa in polacco; hexe in tedesco; hag in inglese; häxa in svedese. Per tutti i suddetti sostantivi non esiste una forma maschile. Sembra quindi possibile dedurre che il loro significato originale fosse vicino a “indovina, veggente”, figure esclusivamente femminili nel paganesimo dell’Europa settentrionale. Tutti questi termini sembrano essere forme abbreviate delle loro versioni più antiche, come nel caso del medio olandese haghetisse, dell’alto tedesco antico hagzusa e dell’inglese antico hægtesse. Quest’ultimo sembra aver significato in un certo momento “donna con poteri profetici e oracolari”. Ælfric lo usa per rendere il greco “pitonessa”, la voce dell’oracolo di Delfi, molto temuta e rispettata. In seguito, la parola viene usata per le donne sagge del villaggio. Hægtesse, inoltre, in norreno è il nome di una delle Norne, le divinità responsabili del destino dell’umanità.

Delfi, Tempio di Apollo – Foto: Giorgio Manusakis
L’antenato comune a tutti questi lemmi dovrebbe essere il proto-germanico *hagatusjon, di origine sconosciuta. La prima parte di questo lemma è probabilmente correlata all’old english haga, “recinto, porzione di bosco delimitata per il taglio”, a cui sarebbe collegato il termine inglese moderno hedge (siepe). La seconda parte, nella sua forma originaria, potrebbe essere *tusjō, associabile al norvegese tysja, che sta per “folletto”, indicando quindi uno “spirito della siepe”. Quest’ultima – la siepe – simboleggiava il confine tra il mondo civilizzato del villaggio e il mondo selvaggio al di là di esso; la “cavalcante della siepe” pertanto sarebbe appartenuta ad entrambi i contesti. Notiamo, inoltre, che l’antico norreno e l’alto tedesco antico si servivano rispettivamente dei termini tunriða e zunritha per definire streghe e fantasmi. Hægtesse, secondo alcuni studiosi, potrebbe anche aver avuto originariamente il significato di “biancospino”, comune pianta da siepe, ma dal significato mistico. Per i celti era un albero temuto e rispettato che rappresentava la soglia verso l’“altro mondo”. Il suo nome inglese haw-thorn (letteralmente spino dei recinti) continua a sottolineare proprio il suo legame con le zone di confine.
La dicotomia strega-maga in ambito anglo-sassone
Nell’inglese antico abbiamo il termine “wicce”, utilizzato per “maga”, femminile dell’old english “wiccan”, che sta per “mago, uomo che pratica la magia” – dal verbo “wiccian” “praticare magia”. L’Oxford English Dictionary lo attesta di origine incerta. Alvin Meyer Liberman afferma: “Nessuna delle etimologie proposte di strega è esente da difficoltà fonetiche o semantiche.” Klein suggerisce una connessione con il termine dell’inglese antico “wigle”, divinazione, e “wig, wih”, idolo. Weekley nota una possibile correlazione con il gotico “weihs” (santo) e il tedesco “weihan” (consacrare). A tal proposito egli scrive: “I sacerdoti di una religione soppressa diventano naturalmente maghi per i suoi successori o oppositori.”
Nell’alto tedesco troviamo anche “wikken” – “usare magia” – e “wikker” – “indovina”. Nel Deutsches Wöterbuch i fratelli Grimm connettono “witch” alla parola *wikkōn, che significa “divinazione”. Watkins afferma che tale nome rappresenti un proto germanico *wikkjaz, che sta per “necromante” (colui che sveglia i morti). Michiel de Vaan suggerisce una radice comune dal proto indoeuropeo “*weg”, che vuol dire “essere forte, sveglio, vivace”. La prova è data dalla comparazione di questi termini:
– sanscrito: वाज (vā́ja), forza;
– latino: vigil, sveglio;
– inglese antico wacan, svegliarsi;
– tedesco wachen, essere sveglio
– gotico wakan, guardare.
Che un tempo wicce avesse un significato più specifico di quello generale di “maga” forse è suggerito dalla presenza di altre parole nell’inglese antico che descrivono tipi più specifici di arte magica. Nelle Leggi di Ælfred (890 circa), la stregoneria è specificamente individuata come una prerogativa femminile. Chi la praticava non era ritenuto degno di vivere tra i Sassoni occidentali. Le parole affiancate a wiccan sono gealdricge, una donna che lancia incantesimi, e scinlæce, che indica una maga. Un altro termine che compare nelle leggi anglosassoni è lyblæca, probabilmente con riferimento all’uso di droghe e pozioni – da lybb, collegato anche al termine inglese moderno leaf, foglia. Lybbestre era un’altra parola utilizzata col medesimo significato di witch, anche se probabilmente più legato all’utilizzo di erbe magiche. In una traduzione del 1250 dell’Esodo, witches è usato per le levatrici egiziane che salvano i figli appena nati degli ebrei. Nel Three Kings of Cologne (1375 circa) wicca è tradotto con magi mentre il glossario indica il latino necromantia (“demonum invocatio”) con galdre e wiccecræft. Qualunque sia l’origine della parola witch, il suo significato moderno è strettamente legato alle condanne della magia da parte della Chiesa. Wicce tenderà così sempre più ad indicare una donna che coopera con il demonio o con gli spiriti malvagi per ottenere poteri sovrannaturali.

Xilografia che illustra un’esecuzione mediante rogo, illustrazione tratta da un libro della metà del 19° secolo – Licenza: CC BY 2.0 via Wikimedia Commons
Witchcraft – sorcery: affinità e differenze fra i due termini inglesi
Nel XIV secolo inizia a diffondersi in Inghilterra anche il termine sorcerer, preso in prestito dal francese antico sorcier. In ambiente anglosassone si mantengono quindi questi due termini, entrambi molto utilizzati. Nel XV secolo si verifica il passaggio concettuale da sorcery a witchcraft, ossia dalla definizione di stregoneria quale esercizio di malefici (magia maligna ai danni del prossimo, in particolare dei fondamenti della vita comunitaria contadina: il raccolto, la salute dei giovani, la sessualità umana e animale a scopo riproduttivo) alla sua qualificazione come eresia fondata sulla venerazione di Satana. La strega non è più vista come “cattiva vicina” dedita a comportamenti antisociali, che per soddisfare i propri maligni desideri fa ricorso a mezzi soprannaturali; ella diventa rea di crimina excepta, delitti eccezionali in virtù della loro gravità, finalizzati alla distruzione della società cristiana e commessi a causa del proprio volontario asservimento, spirituale e fisico, allo Sposo Infernale. In definitiva, witchcraft e sorcery sono due termini inglesi che, per quanto descrivano attività legate alla magia e alla stregoneria, hanno comunque alcune differenze importanti nei loro significati. Il primo, riferendosi comunemente alla pratica e alla credenza nelle abilità di una strega o di uno stregone, sta ad indicare un sistema di credenze o una tradizione spirituale. A questo sostantivo vengono associate situazioni ed eventi quali la manipolazione dell’energia, l’uso di incantesimi, la connessione con la natura o con forze spirituali e la divinazione. Il secondo, sorcery, allude più specificamente all’uso della magia o di poteri soprannaturali per influenzare gli eventi o manipolare la realtà. Tale pratica può essere intenzionale e mirata a ottenere un risultato specifico, come ad esempio lanciare incantesimi per scopi personali o arrecare il male a qualcun altro. Mentre le persone coinvolte in witchcraft possono essere considerate parte di una comunità o di una tradizione magica – avendo determinati poteri innati o ricevendoli in eredità – la sorcery è un’abilità o un atto individuale, da cui possono scaturire pozioni, incantesimi e sortilegi.
Specifiche foto dal web
Titolo: Witches – Il “Sabba delle streghe“ di Francisco Goya (1821-23) – Museo del Prado, Madrid
Autore: Francisco Goya
Licenza: Public domain, via Wikimedia Commons
Link: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Witches.jpg
Foto modificata
Titolo: San Gallo, Stiftsbibliothek San Gallo, Cod. Cantato. 730 – Parte dell’Edictum Rothari
Autore: https://fragmentarium.ms/view/page/F-u57e/5431/51697/0
Licenza: Public domain, via Wikimedia Commons
Link: https://en.wikipedia.org/wiki/File:St._Gallen,_Stiftsbibliothek_St._Gallen,_Cod._Sang._730,_p._18.png
Foto modificata
Titolo: Strega Burning – Xilografia che illustra un’esecuzione mediante rogo. Didascalia originale: “Bruciare sul rogo.” Un’illustrazione tratta da un libro della metà del 19° secolo.
Autore: mullica
Licenza: CC BY 2.0 via Wikimedia Commons
Link: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Witch_Burning.jpg
Foto modificata