La copertina dell’album ‘Se fosse vero’
L’ultimo album di Marco Gabess, pubblicato da Jerry Drive Prod, riesce a toccare corde universali, affrontando temi di grande importanza.
a cura di Mario Severino
Se fosse vero: un disco ‘urgente’
Ci sono dischi che nascono come esercizi di stile, altri come urgenze. Se fosse vero, uscito il 30 settembre e anticipato dai singoli Nessuna stella e Io non ci sto, appartiene con decisione alla seconda categoria: un disco che non si limita a raccontare, ma invita a scegliere, a reagire, a riflettere.
Scritto da Marco Gabess (cantautore) e Ugo Guida (musicista e produttore), rappresenta un progetto nato da un impulso autentico, da un bisogno di dire e di capire, prima ancora che di suonare.
Dopo il precedente Stavolta Guida Ugo, i due artisti non hanno perso tempo: “Era da poco uscito quel disco – raccontano – ma già stavamo lavorando al nuovo. Marco venne da me una mattina di fine settembre e gli feci sentire le prime battute della musica che poi ha dato vita a ‘Io non ci sto’. In dieci minuti, scrivemmo testo e accordi.”
Quell’episodio, semplice ma rivelatore, racchiude lo spirito dell’intero album: immediatezza emotiva e lunga sedimentazione artistica. Perché da quei dieci minuti d’ispirazione sono serviti otto mesi per dare forma compiuta al brano, con la partecipazione dei musicisti Francesco Betti, Umberto Casella, Luca Cantelli e Ciro Marotta.
Questo lavoro vive a metà strada tra il cantautorato impegnato, il pop-rock e l’indie d’autore. Gli arrangiamenti sono sinceri, mai levigati fino all’eccesso: chitarre vive, pianoforte e pad atmosferici, tocchi elettronici discreti che aggiungono profondità, senza alterare l’autenticità delle composizioni. Tutto ‘respira’ con naturalezza; non si percepisce la ricerca forzata della hit, ma la volontà di lasciare che ogni brano si sviluppi con il proprio ritmo emotivo. Si avverte una certa continuità tra le tracce; non è un disco fatto di singoli separati, ma un percorso coerente.
Le tematiche di fondo: dalla consapevolezza all’empatia
I temi che attraversano il disco formano un unico filo conduttore: quello della consapevolezza. Il rifiuto della passività è il primo passo. Dire “io non ci sto” non è solo una frase di dissenso, ma una scelta di responsabilità, il desiderio di non essere complici attraverso il silenzio o l’indifferenza. Da qui si sviluppa una riflessione sul pregiudizio e sulla superficialità, sulla tendenza diffusa a giudicare dall’esterno senza conoscere: una pratica che ferisce tanto chi viene giudicato quanto chi giudica.
A tutto ciò si lega il valore dell’uguaglianza e della solidarietà: l’idea che la differenza non sia una minaccia ma una ricchezza, che “nessuno vince se un altro perde”. Infine, il disco si apre alla speranza e all’educazione come chiavi di cambiamento; la cultura e l’empatia diventano gli strumenti per costruire una società più giusta, dove il valore umano possa emergere al di là delle apparenze.
Un incipit che scuote le coscienze: Io non ci sto
Il brano d’apertura introduce immediatamente il cuore tematico dell’album. Io non ci sto esprime con forza il rifiuto della superficialità e dell’indifferenza; è una dichiarazione di responsabilità, una presa di posizione netta contro l’abitudine diffusa di voltarsi dall’altra parte.
Il pezzo vuole scuotere le coscienze, ricordando che la storia non ha insegnato abbastanza e che continuare a giudicare o a escludere chi è diverso significa condannarsi a ripetere gli stessi errori.
C’è un tono di disillusione, ma anche una scintilla di speranza; emerge il desiderio di affermare l’uguaglianza e di alimentare la fiducia in un mondo più giusto. Sul piano musicale il brano si fonda su un rock energico e diretto, sorretto da una batteria incalzante, un primo assolo di chitarra di Ciro Marotta ed un secondo di Francesco Betti, che chiude il pezzo con un’intensità viscerale e liberatoria.

La copertina del singolo ‘Io non ci sto’
Brividi: un viaggio interiore alla scoperta di emozioni autentiche
Brividi è una canzone che si muove sul filo sottile tra vulnerabilità e introspezione, come un respiro trattenuto tra memoria e presente. Fin dalle prime parole – “Brividi sono come cicatrici che non scompaiono mai, che non guariscono mai” – si percepisce che l’emozione è il vero motore del brano. Non c’è enfasi melodrammatica, ma una sincerità disarmante: quella di chi guarda dentro di sé, senza paura di mostrare le proprie crepe. Il tono generale è sospeso, sognante, avvolto da una malinconia gentile che non sfocia mai nella disperazione. È un viaggio dentro le emozioni che restano; quelle che non si cancellano, ma imparano a convivere con noi.
Musicalmente il brano si muove in un territorio dream pop, con delicate influenze elettroniche. La produzione è curata nei dettagli, costruita su strati di suono che si fondono come nebbia e luce: riverberi, synth soffusi, texture distorte che donano profondità senza mai aggredire. La batteria elettronica pulsa con un ritmo lento, quasi cardiaco, mantenendo tutto in equilibrio tra immobilità e movimento. È come ascoltare un battito lontano, costante, che accompagna la voce fragile e intima, immersa in un’eco che la fa vibrare tra sogno e realtà.
Sul finale, i cori si aprono come un abbraccio, avvolgendo l’ascoltatore in una bolla; le parole galleggiano leggere ed è come se il tempo si fermasse per qualche minuto, ricordando l’intimità sospesa di artisti come Cigarettes After Sex, Daughter o The Japanese House.
Una speciale Ninna nanna
Ninna nanna è una canzone che accoglie e avvolge, come un abbraccio notturno che non vuole solo cullare ma anche risvegliare. È una ninna nanna moderna, ma non destinata al sonno; piuttosto, è un invito a credere nei propri sogni, a proteggerli e a trasformarli in forza quotidiana. La sua dolcezza non è mai sdolcinata, la sua energia mai aggressiva.
Le strofe hanno un’anima rock, con chitarre piene e una batteria decisa che danno concretezza e presenza. La voce, ruvida e autentica, interpreta la parte più ‘terrena’ del pezzo: quella che rappresenta la fatica del giorno, il peso della realtà, ma anche il coraggio di affrontarla. Poi, con il ritornello, il brano cambia pelle: le distorsioni si sciolgono, compare il pianoforte e tutto si trasforma in una dimensione più intima e sospesa. È come se, d’un tratto, ci si trovasse tra il sonno e la veglia, dove i pensieri si fanno leggeri e la musica diventa respiro.
Le sonorità elettroniche e i ‘tappeti sonori eterei’ che accompagnano il ritornello amplificano la sensazione di sogno, creando un contrasto perfetto con la ruvidità iniziale. È un passaggio naturale e simbolico: dal giorno alla notte; dalla tensione alla speranza; dal concreto all’immaginato.
Il dubbio e le contraddittorie sfumature dell’amore
Il dubbio è una ballata pop-rock cinematografica che esplora con delicatezza l’incertezza dei sentimenti, quel momento sospeso in cui il cuore cerca risposte che forse non arriveranno mai. È un brano che parla dell’amore come forza vitale, ma anche come prigione: qualcosa che può salvare o bloccare, nutrire o ferire. Il tono della canzone è dolce ma fragile, attraversato da una vulnerabilità autentica. Non c’è certezza, ma solo la tensione tra speranza e paura, tra il desiderio di capire e il timore di scoprire la verità.
Musicalmente, il brano si apre con un pianoforte solitario che accompagna la voce, lasciando che ogni parola possa ‘respirare’ e arrivare in tutta la sua intensità emotiva. Con l’arrivo del ritornello la scena si amplia: gli archi entrano gradualmente, portando con sé una tensione crescente. Dalla seconda strofa la produzione si arricchisce: chitarre e batteria entrano con misura, donando corpo e profondità senza spezzare la fragilità del brano.
Tra illusione, speranza e realtà: Se fosse vero
Se fosse vero è una canzone che gioca con il confine tra illusione e realtà, tra sogno e consapevolezza. L’apertura trasmette la dolcezza malinconica di una speranza quasi infantile. Il testo iniziale si arricchisce di immagini poetiche, sostenuto da chitarre acustiche delicate e archi soffusi, capaci di creare un’atmosfera sospesa, luminosa e calda.
Poi, il brano cambia improvvisamente registro: entrano batteria, chitarra elettrica e basso, e la voce assume un tono più deciso. È il momento in cui il sogno si frantuma e subentra la realtà: “Non è vero che il mondo gira come dici tu, il tempo non si ferma. Sta a te riuscire a prendere i tuoi spazi”. Questo passaggio è il cuore emotivo del pezzo: dove prima c’era dolcezza, ora emerge determinazione; dove prima si sognava, ora si sceglie. La canzone evolve così da ballata malinconica a rock consapevole, con un crescendo che libera energia e lascia un messaggio chiaro: la vita non aspetta, va vissuta attivamente.
È un brano che invita a sognare, ma anche a guardare con lucidità la realtà. Il contrasto tra quest’ultima ed il sogno è il vero punto di forza della canzone. Gli archi iniziali conferiscono un tono quasi onirico, mentre la parte rock restituisce grinta e concretezza, bilanciando perfettamente la malinconia iniziale. La produzione è pulita ma viva, lascia spazio al respiro degli strumenti acustici, esplodendo poi in un muro di suono controllato, evocando riferimenti a band come Coldplay o Negramaro. In questo equilibrio, il verso “Sta a te riuscire a prendere i tuoi spazi” diventa un manifesto: un invito alla responsabilità, alla scelta e alla maturità emotiva.
Specchio riflesso: un ‘brano-denuncia’ senza filtri
Specchio riflesso si presenta come una canzone cruda; una denuncia lucida dell’indifferenza, della pigrizia morale e del lamento come stile di vita. Già dal titolo emerge una critica sociale senza filtri: uno specchio che ci restituisce la nostra ipocrisia quotidiana. L’apertura è un collage sonoro volutamente disturbante, fatto di registrazioni di voci che parlano e si lamentano. Dopo l’introduzione caotica, la canzone si struttura su chitarre ruvide, basso pulsante e batteria secca, conferendo al brano un’anima rock cruda e urbana.
La voce oscilla tra ironia e rabbia, come una confessione urlata allo specchio. Il ritornello non cerca la melodia classica ma diventa un elemento ritmico che rompe la staticità, amplificando il senso di frustrazione e la necessità di confrontarsi con se stessi. Il linguaggio è diretto, quasi brutale, e funziona proprio perché non cerca l’eleganza. Specchio riflesso non accusa gli altri, ma ci obbliga a guardarci dentro: è un autoritratto impietoso della nostra apatia quotidiana, del parlare tanto e fare poco.

La copertina del secondo singolo, ‘Nessuna stella’
Gli altri pezzi dell’album: tra curiosità, introspezione e catarsi
Il disco prosegue con un cammino sonoro che alterna libertà e sensibilità cinematografica. Il viaggio trasmette curiosità e umanità con un approccio che fonde cantautorato moderno e pop orchestrale, mentre Mezzanotte, sospeso tra introspezione e desiderio, abbraccia soffuse atmosfere synth pop, catturando le ore più silenziose del giorno e parlando forte attraverso emozioni non dette. Nessuna stella racconta la solitudine lasciata da un amore che se ne va, affidandosi a un piano jazz con accordi morbidi e tocchi sincopati che combinano classicismo e modernità. Allo stesso modo, Vorrei poterti dire apre con piano e archi, creando un’atmosfera sospesa e grave. La melodia, delicata e struggente, esplora distanza, dolore e conflitti interiori, mentre il testo, pur conciso, evoca immagini potenti di perdita e desiderio di comunicare ciò che resta nascosto. Piano e archi lavorano in sinergia, sostenendo la voce, amplificando ogni sfumatura emotiva. Vorrei poterti dire chiude l’album con eleganza e autenticità: un brano catartico che trasforma emozioni profonde in un racconto universale di dolore, speranza e bellezza sospesa, sigillando l’intero progetto con intensità e coerenza.
L’album mantiene un’armonia stilistica ed emotiva esemplare: ogni pezzo ‘respira’, si prende il proprio spazio, ma dialoga con gli altri brani. Pur parlando di esperienze specifiche, riesce a toccare corde universali, affrontando temi umani e sociali. È musica che non divide ma unisce, perché chi ascolta può riconoscersi in quelle parole, in quei dubbi, in quelle ferite e in quella voglia di riscatto. È un album che non cerca facili consensi, ma incita alla riflessione e all’impegno. Non è musica di evasione, ma di confronto, con sé stessi e con gli altri. L’album è disponibile su tutte le piattaforme digitali e al link di YouTube se fosse vero – YouTube
