Reperti archeologici della città di Gela – Autore foto: Marika Giudice – Licenza: CC BY-SA 4.0 da Wikimedia Commons

La storia dell’antica città siciliana si arricchisce di due scoperte: una osteoteca e una necropoli arcaica del VI secolo a.C.

La Sicilia è una terra che vanta un passato antico e alcune sue località sono mete di turisti che vogliono godersi le sue bellezze naturali – talvolta incontaminate, come nel caso del vulcano Etna – ma anche i tanti tesori archeologici venuti alla luce nel corso del tempo. Se la Valle dei Templi di Agrigento, il Teatro greco di Taormina e i templi di Selinunte non hanno bisogno di presentazioni, lo stesso non può dirsi per diverse altre località meno note, generalmente fuori dai percorsi turistici, come nel caso del Parco archeologico di Gela.

Gela e la sua storia

Il primo insediamento nell’area – un abitato con la relativa necropoli – si fa risalire alla fine del V millennio a.C. mentre dall’Età del Rame le popolazioni indigene (i Sicani) si stabilirono sulle colline.

L’antica Gela, ubicata sulla costa meridionale della Sicilia, fu però ufficialmente fondata tra il 689 e il 687 a.C. da coloni provenienti, secondo Eusebio di Cesarea e Timeo di Tauromenio – frammenti dei loro testi sono riportati da Diodoro Siculo nella Bibliotheca Historica (LibroV, 6–8) – da Lindos (Rodi) e Creta. Essi si insediarono, nello specifico, alla foce dell’omonimo fiume. La città è altresì citata da Tucidide che, nella sua Guerra del Peloponneso, colloca la sua nascita 45 anni dopo quella di Siracusa e ben 108 anni prima di quella di Agrigento.

In breve tempo la polis si espanse, divenendo una potenza regionale grazie alla posizione strategica in grado di garantire il controllo dei traffici marittimi ma anche terrestri. Dopo circa 100 anni furono proprio i Geloi (denominazione derivante dal nome greco della città: Γέλα), guidati da Aristinoo e Pistilo, a fondare quella che sarebbe divenuta una delle più splendenti città della Magna Grecia: Akragas (l’attuale Agrigento).

Un tetradramma greco in argento di Gela (Sicilia), un eccezionale toro dalla testa d’uomo sul rovescio – Autore foto: Classical Numismatic Group, Inc. http://www.cngcoins.com – Licenza: CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons

Nella sua seconda fase di sviluppo del VI secolo a.C., Gela si caratterizzò per un impianto urbanistico influenzato dal modello ippodameo (uno schema di pianificazione urbana già presente nel mondo greco, i cui principi furono teorizzati da Ippodamo di Mileto, basato su una griglia regolare di strade ortogonali e di isolati rettangolari). Al suo interno furono realizzati, inoltre, vari edifici in uno stile architettonico tipicamente dorico (come testimoniano i resti dei templi e nelle necropoli urbane).

La fine del VI secolo a.C., in un periodo storico in cui le poleis siciliane furono spesso soggette a stásis (instabilità di governo legata a rivalità personali, economiche o ideologiche), vede nel 505 a.C. l’ascesa al potere dei tiranni; primo tra tutti, vi fu Cleandro (il primo ad essere ricordato da una iscrizione votiva del tempio di Olimpia), che governò per circa 7 anni. Alla sua morte subentrò il fratello, Ippocrate (ca. 498–491 a.C.), che portò Gela al culmine del suo splendore e potere, estendendone il dominio su gran parte della Sicilia orientale. Sotto il suo governo essa sconfisse più volte le città sicule, ad eccezione di Siracusa che, sul punto di cadere, venne soccorsa da Corinto e Corcira. Per non inimicarsi queste ultime, Ippocrate rinunciò a proseguire le ostilità, ma la conquista della suddetta polis fu solo rimandata.

Nel 491 il potere passò a Gelone (dinastia dei Dinomenidi) che, in qualità di comandante della cavalleria sotto Ippocrate, alla morte di quest’ultimo si rese signore di Gela, mettendo da parte i figli (lasciati alla sua tutela). Fu proprio lui che nel 485 a.C. conquistò finalmente Siracusa e vi trasferì la sua corte, facendone la nuova capitale del suo regno, lasciando il governo di Gela al fratello Gerone. Sarà questa sua scelta a segnare l’inizio della decadenza di quest’ultima come potenza autonoma.

Gelone, primo re di Siracusa – Autore: Giuseppe Emanuele Ortolani (1758 – 1828) – Licenza: Public domain, via Wikimedia Commons

Un colpo definitivo alla fine della polis venne dato dall’offensiva cartaginese a ridosso della fine del V secolo a.C., la quale determinò la distruzione di molte colonie greche. Tali avvenimenti trovano riscontro anche in alcune fonti storiche, come il libro XIII di Diodoro, che dedica alcuni capitoli all’assedio e alla conquista di Gela avvenuta nel 405 a.C. ad opera dei punici.

Ricostruita e ripopolata da Timoleonte (generale corinzio inviato a pacificare la Sicilia) verso il 338 a.C. con nuovi coloni provenienti dall’isola di Kos, la città visse un lungo periodo di pace e prosperità, per poi essere definitivamente distrutta dopo la II Guerra Punica, nel 282 a.C., da Phintias, tiranno agrigentino che spostò gli abitanti a Finziade (l’odierna Licata).

Successivamente, in epoca romana, Gela si ridusse a un modesto villaggio e solo nel 1233, con il nome di Terranova, venne per l’ennesima volta rifondata da Federico II di Svevia. Infine, nel 1927 essa fu autorizzata a utilizzare nuovamente l’antico toponimo greco Gela.

Le testimonianze archeologiche

Tutta la zona, sin dall’Ottocento, è stata oggetto di un vero e proprio saccheggio, frutto di numerosi scavi clandestini. Solo grazie alla iniziativa dell’archeologo Paolo Orsi fu avviata una vera e propria campagna ufficiale di ricerche a Gela. Era il 3 aprile del 1900 e da allora le indagini condurranno lo studioso alla definizione topografica e cronologica della polis.

Indubbiamente, la ricostruzione della città di epoca medievale, che sfruttò i ruderi dell’antica Gela, determinò la cancellazione di numerosi templi e anche di tratti delle fortificazioni greche. Tutto ciò ha creato una sorta di sovrapposizione dei due insediamenti, ed è per questo che gli archeologi hanno potuto ritrovare reperti ovunque siano stati effettuati lavori di scavo.

Mura Timoleontee (Postierla, lato sud) – Autore foto: Abel Dionis – Licenza: CC0, via Wikimedia Commons

I resti dell’antica Gela sono visibili ancora oggi. In particolare, ne citiamo solo alcuni:

  • le Mura Timoleontee (Capo Soprano): uno degli esempi meglio conservati di fortificazione greca ellenistica;
  • i bagni greci, stabilimenti termali del IV secolo a.C., con vasche del tipo greco “a sedile”;
  • l’acropoli, ubicata a Molino a Vento e Bosco Littorio, scoperta agli inizi del Novecento.

Bagni greci di Gela, veduta generale – Autore foto: Abel Dionis – Licenza: CC0, via Wikimedia Commons

Ovviamente i reperti più significativi e le ceramiche attiche sono ospitati nel locale Museo Archeologico. Fra essi merita una menzione particolare il rarissimo cratere laconico arcaico del VII secolo a.C., attribuito al Pittore della Caccia (recuperato nel 2010 dai Carabinieri, in quanto in possesso di un collezionista privato svizzero). Si tratta di un’opera forse unica, di grande pregio, caratterizzata da una complessa figurazione ripartita essenzialmente tra il collo e il corpo, dove decorazioni bicromatiche a pennellate verticali, onde correnti e file di animali si snodano sia sulla parte superiore che su quella inferiore del vaso.

Acropoli di Molino – Autore foto: Abel Dionis – Licenza: CC0, via Wikimedia Commons

A questi reperti vanno aggiunti i risultati dello scavo archeologico subacqueo nelle acque antistanti la città, che hanno portato alla luce una nave greca del V secolo a.C. (una prima fu rinvenuta nel 1988), lunga circa 15 metri e larga 5, denominata Gela II. Altre due imbarcazioni sono state di recente individuate, ma potranno essere recuperate solo con futuri ed opportuni finanziamenti. 

Cratere laconico a figure nere – Autore foto: Davide Mauro – Licenza: Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale

I rinvenimenti più recenti: l’osteoteca e le sei tombe arcaiche

Come anticipato, basta scavare in qualsiasi zona e Gela continua a rivelare preziose testimonianze del suo passato. Nel febbraio di quest’anno, in pieno centro cittadino, nel corso di lavori di scavo effettuati dall’Enel in via Garibaldi, sotto la sorveglianza della Soprintendenza, sono venuti  alla luce nuovi significativi reperti: un osteoteca, con all’interno alcune ossa; i resti di due sepolture ad enchytrismòs (un tipo di sepoltura che consisteva nel deporre il corpo in posizione rannicchiata all’interno di un vaso in terracotta, chiamato pithos, usato in epoca preistorica per inumare i bambini); parte di una tomba alla cappuccina e dei frammenti ceramici d’importazione che gli archeologi fanno risalire alla prima metà del VI secolo a.C.

Particolare è l’osteoteca poiché rappresenta il riutilizzo di un otre per vino in terracotta – con quattro anse e un beccuccio/versatoio – come contenitore funerario per un bambino. Si tratta di un ritrovamento di grande interesse scientifico, che fa il paio con un analogo reperto scoperto ad inizio Novecento dall’archeologo Orsi e che confermerebbe una pratica funeraria consolidata nell’area.

Ancora una volta Gela ci sorprende con ritrovamenti di straordinario valore storico che ci fanno conoscere rituali codificati e diffusi, mentre i frammenti ceramici d’importazione confermano la centralità della nostra città nelle reti commerciali mediterranee del VI secolo a.C – afferma l’assessore regionale dei Beni culturali, Francesco Scarpinato Questo ritrovamento testimonia l’efficacia delle nostre politiche di tutela preventiva che prevedono una sistematica sorveglianza archeologica durante qualsiasi intervento nel sottosuolo urbano. Seguiremo con particolare attenzione il prosieguo degli scavi nei dieci metri lineari ancora da esplorare, fiduciosi che possano emergere ulteriori testimonianze del nostro straordinario passato.”

Alcuni dei reperti ritrovati – Foto (modificate) da comunicato stampa

I ritrovamenti più recenti in assoluto risalgono a circa 20 giorni fa quando, nel corso di lavori di riqualificazione dell’Orto Pasqualello – luogo in cui dovrebbe sorgere un parco urbano che collega il centro alla marina – sono venute alla luce sei sepolture appartenenti a una necropoli risalente al periodo tra VI e V secolo a.C. Due di esse sono attribuibili a individui adulti, due a bambini, mentre le altre necessitano di ulteriori analisi per individuarne le caratteristiche.

La particolarità del ritrovamento è legata alla inusuale presenza del kalypter hegemon, una tegola ricurva in terracotta che veniva generalmente utilizzata per raccordare quelle piane nei templi. Tale manufatto, riutilizzato in contesto funerario, era probabilmente parte di un edificio sacro presente nelle sue vicinanze. Il riciclo di materiali architettonici nel mondo greco era certamente praticato anche per sopperire, talvolta, alla scarsità o alla indisponibilità di materia prima; ma il quesito, che forse troverà risposta negli anni con ulteriori ritrovamenti, è: da dove proviene? Quale era la sua collocazione originaria?

Entrando più in dettaglio, gli archeologi hanno sottolineato l’importanza del rinvenimento, all’interno di una delle tombe, di due lekythoi, piccoli vasi di ceramica usati generalmente per contenere oli profumati da utilizzare nelle pratiche rituali funerarie. La datazione dei reperti, compresa tra il 500 e il 475 a.C., ha permesso di collocare la sepoltura in quegli anni, quindi nel periodo dei tiranni. In realtà, ciò che la renderebbe di particolare interesse, per gli archeologi, è la mancanza di resti umani. Pertanto, si suppone che il corpo dell’individuo possa essere stato rimosso poco dopo la deposizione, lasciando intatto il solo corredo funebre. L’ipotesi più plausibile di questa “non presenza”, avanzata dagli studiosi, è che un evento naturale (forse una colata di argilla) possa aver investito l’area già in epoca antica, obbligando i vivi a spostare i resti antropici, ma non gli oggetti che li accompagnavano.

Inoltre, nei pressi delle tombe è emersa anche una roccia tenera artificialmente tagliata, all’interno della quale sono stati rinvenuti i frammenti di un cratere e di anfore, verosimilmente destinate alla conservazione di vino e olio.

Allo stato attuale, nonostante l’estrema vicinanza tra esse, non è possibile stabilire se possa trattarsi di sepolture riguardanti uno stesso nucleo familiare.

Alcuni dei reperti ritrovati – Foto (modificate) da comunicato stampa

Le prospettive future di tutela e ricerca

Certamente l’analisi stratigrafica e le indagini sui resti umani disponibili da parte degli esperti potrebbero dare una prima risposta sull’area funeraria scoperta, classificandola dal punto di vista della tipologia e della cronologia. Il ritrovamento, che aggiunge un nuovo tassello alla già ricca stratificazione storica della città siciliana, spinge a nuove e più incisive azioni da parte delle autorità deputate alla tutela del patrimonio archeologico (sia pure nel rispetto di un necessario recupero del territorio). Tali sembrano essere le intenzioni della Regione Sicilia e della Soprintendenza: “L’intervento proseguirà nel rispetto del progetto di riqualificazione, tutelando e valorizzando i reperti emersi grazie alla collaborazione con il Comune di Gela” hanno affermato l’assessore regionale ai Beni culturali, Francesco Paolo Scarpinato, e la soprintendente, Daniela Vullo. Le prospettive sono positive e la strada maestra è ormai tracciata. L’augurio di tutti è che al recupero delle zone abbandonate (molte volte in siti ricchi di storia) sia sempre accompagnata la volontà di preservare le testimonianze che ci raccontano il nostro passato e che sono illuminanti per ridisegnare di volta in volta la nostra visione della storia.

Specifiche foto dal web

Titolo: Reperti archeologici della città di Gela
Autore: Marika.Giudice
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Titolo: Gela SNGANS 065
Autore: Classical Numismatic Group, Inc. http://www.cngcoins.com
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Titolo: Gelone – Primo Re di Siracusa
Autore: Giuseppe Emanuele Ortolani (1758 – 1828)
Licenza: Public domain, via Wikimedia Commons
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Titolo: Mura Timoleontee (Postierla, lato sud)
Autore: AbelDionis
Licenza: CC0, via Wikimedia Commons
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Titolo: Bagni greci di Gela, veduta generale
Autore: AbelDionis
Licenza: CC0, via Wikimedia Commons
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Titolo: Acropoli di Molino a Vento (Gela)
Autore: AbelDionis
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Titolo: Cratere laconico a figure nere
Autore: Davide Mauro
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