CCCP in concerto – Foto: Mario Severino
Quello dei CCCP, svoltosi lo scorso 8 luglio all’ex Base Nato di Bagnoli, a distanza di quasi quarant’anni, era sicuramente uno dei concerti più attesi dell’estate napoletana.
a cura di Mario Severino
CCCP: una proposta artistica che unisce i giovani di ieri e di oggi
A vederli ora – i CCCP Fedeli alla Linea – sembrano quasi più punk di quanto non siano mai stati. Sembra la conferma che non si trattasse di mode passeggere o ribellioni giovanili ma di qualcosa in cui si credeva davvero. La loro proposta artistica appare intatta a distanza di quasi mezzo secolo e continua ad affascinare.
A conferma di ciò la tipologia anagrafica del pubblico: era ipotizzabile imbattersi in un esercito di reduci, di sessantenni e over, in cerca di ricordi, di una giovinezza passata ad ascoltare il declamare di Ferretti e le chitarre ‘grattugiate’ di Zamboni; a ricordare l’eleganza (peraltro immutata) di Annarella e la prestanza fisica di Fatur. Nulla di più falso. La platea aveva un’età decisamente inferiore alle aspettative. Si trattava in maggioranza di generazioni successive alla loro e quasi tutti sembravano grandi conoscitori della materia, intonando a memoria le canzoni, a riprova di come il gruppo sia riuscito nella prova del passaggio del testimone.

CCCP in concerto – Foto: Mario Severino
Dunque, tutto ciò dimostra come i CCCP siano una band radicata nella storia della musica, che ha saputo superare barriere e mutazioni al di fuori dei canoni del pop, anche oltre quella generazione che li ha vissuti ‘in diretta’. L’effetto nostalgia sembra del tutto svanito e la band da parte sua ha fatto sì che questo sentimento non riaffiorasse nemmeno per un attimo. I CCCP hanno saputo rendere il loro suono, la loro musica adatta ai tempi; hanno ‘modernizzato’, con rispetto delle origini, ciò che non poteva più essere oggi sostenibile. D’altro canto Ferretti e soci hanno dimostrato che certi temi sono sentiti e vissuti ieri come oggi. Bombardieri su Beirut suona sinistramente attuale, Noia resta un inno perenne.
Dalla tuta operaia di Ferretti ai sorprendenti look di Annarella
L’aspetto teatrale è quello che risalta maggiormente riguardo al live che il gruppo ha deciso di proporre. Lindo Ferretti è impeccabile con la sua tuta da operaio e le mani sempre schivamente nascoste in tasca, in totale controllo della situazione, subito signore e padrone del palco. Zamboni è immoto nell’intimo rapporto con la sua chitarra ed il suo berretto. Annarella, ieratica nelle sue declamazioni, è sorprendente nella interpretazione di look multiformi. Fatur è un burattino grottesco e amabile. La storica band è supportata da un bassista, un batterista, un percussionista ed Ezio Bonicelli al violino, che miscela l’atmosfera delle feste emiliane con quella del mondo islamico. La drum machine è sparita e il suono si avvicina di più all’indie moderno. Ferretti è concentratissimo e magnetico. Urla quando serve. Profondissimo appare, invece, quando il sentimento si prende tutto. Balla con Annarella su Oh! Battagliero e da solo su Punk Islam. Molto intensa la versione di Guerra e pace. Ci sono un disturbante monologo di Fatur e la cover in italiano di Bang Bang che introduce Spara Jurij. Il concerto si chiude con Amandoti, cantata da Ferretti, accompagnato dal solo violino.

CCCP in concerto – Foto: Mario Severino
Un fenomeno culturale autentico, che supera il corso della storia
La scena live, arricchita da un forte impatto teatrale e da interpretazioni intense, ha confermato che i CCCP sono molto più di una band: sono un fenomeno culturale, una testimonianza di impegno e di passione che continua a vivere e a parlare alle nuove generazioni. In un mondo in cui le mode svaniscono e si dissolvono nel nulla, la loro musica si erge come un monito e un richiamo all’autenticità, dimostrando che alcune verità, se vissute con convinzione, attraversano il tempo e le generazioni, diventando patrimonio condiviso di tutta una storia collettiva.

CCCP in concerto – Foto: Mario Severino