Una scena della rappresentazione – Foto: Matilde Di Muro

La Medea di Euripide è andata in scena a Napoli, presso lo storico Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, in occasione della Giornata Internazionale della Donna.

L’8 e il 9 marzo 2025, presso l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli, con sede nello storico Palazzo Serra di Cassano, è stato messo in scena uno dei capolavori più intensi e complessi della tragedia greca: la Medea di Euripide. A presentarlo la compagnia Stati Teatrali, con traduzione, regia, scene, costumi e drammaturgia musicale di Riccardo De Luca e la magistrale interpretazione di Annalisa Renzulli, nel personaggio di Medea; Alfonso Alzano, in quello di Giasone; Riccardo De Luca, nel doppio ruolo della nutrice e del messaggero; Salvatore Veneruso, che ha interpretato le parti del pedagogo, di Egeo e di Creonte e, infine, Maria Teresa Iannone e Livia Berté, nei personaggi, rispettivamente, della Corifea Orfica e della Corifea Apollinea.

Una scena della rappresentazione – Foto: Matilde Di Muro

La redazione di Naòs – Nel cuore dell’arte e del sapere ha avuto il piacere di assistere allo spettacolo del 9 marzo per potervelo raccontare e dare testimonianza di questo rilevante evento culturale offerto alla città di Napoli. Dopo un’interessante introduzione a cura del prof. Massimiliano Marotta, presidente dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, gli spettatori sono rimasti letteralmente coinvolti dalla narrazione di una tragedia profondamente drammatica e, nonostante i suoi 2500 anni di età, straordinariamente moderna.

La trama euripidea: dal monologo della Nutrice al dramma di Medea

La scena si è aperta con un intenso monologo della Nutrice che introduce al dramma dicendo: «Giasone ha tradito moglie e figli, le pareti non contengono i lamenti e anche i rapporti più cari sono compromessi...» e poi, riferendosi a Medea, «La conosco, è tremenda, sarebbe capace di ficcarsi una lama nel ventre, uccidere il marito o compiere chissà che sventura più grande».

Una scena della rappresentazione – Foto: Matilde Di Muro

Ed ecco che il Thymòs, l’ira, la vendetta, l’orgoglio smisurato e l’autoaffermazione a qualunque costo entrano in scena. Medea appare chiedendosi: «come potrei morire?». Ma ella è già morta, la sua anima è morta; è morta all’amore più profondo e viscerale che un essere umano possa provare. Sotto un’incredibile concentrazione di sentimenti di odio, anche l’amore più forte, come quello per i figli, soccombe. Sembrano sentimenti estremi, eppure sono terribilmente umani, e questa donna, di cui già il nome rivela un carattere astuto e scaltro, rappresenta colei che, con l’animo invaso dal caos più distruttivo di emozioni, oltrepassa la soglia dell’indicibile. Lei, che si era innamorata dello straniero Giasone, ripercorre, tra mille ricordi, la memoria di quell’amore incondizionato che aveva protetto e per il quale aveva lottato anche andando contro la sua patria e mettendo in campo tutti i suoi poteri magici e divini.

Tuttavia Giasone, per inseguire il potere, sembra dimenticare tutto l’amore ricevuto e la ripudia. La disperazione di Medea risuona tra le stanze del palazzo e per le strade di Corinto, ma Giasone ne resta indifferente e la donna, che non può restare prigioniera di tale indifferenza, vede nella vendetta più truce possibile l’unica via d’uscita, pur sapendo che tanta violenza non potrà non invaderla per sempre e condannarla ad una solitaria fuga. In un’altalena continua tra senno e irrazionalità, Medea, in preda ad un interminabile tormento, appare come una leonessa ferita che ruggisce, contrattacca e reagisce mostrando tutto il suo carattere. Va in scena il più terribile dei paradossi; quello di chi, pur di rimanere fedele a se stesso e al proprio desiderio di vendetta, subisce la più atroce delle conseguenze: l’annientamento della propria identità. Tutto si compie secondo i piani e a Giasone non resta che il dolore di non poter neppure seppellire e piangere i propri figli. Tutto l’odio e il dolore si espandono, in ogni direzione, come liquido nauseabondo sversato da un otre troppo pieno e tanto pesante da non poter più essere sostenuto.

Una scena della rappresentazione – Foto: Matilde Di Muro

Un’opera straordinaria, rivolta alle donne di ieri e di oggi

Nello splendido Salone degli Specchi del settecentesco Palazzo Serra di Cassano a Napoli, oggi come nel 431 a.C., la tragedia di Euripide ha preso vita e Medea urla ancora, con violenza, contro l’ingiustizia. Un semplice palco senza scena – fatto salvo, nella parte destra dello sfondo, un telo su cui sono state proiettate immagini di oggetti, figure e ambienti – è divenuto il luogo dell’anima tormentata di una donna la cui storia continua a risuonare con grande attualità. Infatti, la scelta di rappresentare quest’opera proprio in occasione della Giornata Internazionale della Donna è un forte richiamo alla condizione femminile ed alla riflessione sui diritti, sulle sofferenze e sulle lotte delle donne in tutte le epoche.

La rappresentazione, pur rimanendo fedele all’antico testo di Euripide, ha riletto con un linguaggio contemporaneo, attraverso musica e recitazione, il furore dell’animo umano, la passione che sfida ogni limite; l’ira, la vendetta, l’amore e la disperazione di una donna, moderna e straniera, che combatte con la furia di una leonessa per i suoi diritti calpestati. Ma l’evidente richiamo alla condizione femminile non è l’unica riflessione possibile. La messa in scena di tanta violenza può farci storcere il naso, eppure l’antico mondo greco non è tanto diverso dal nostro mondo contemporaneo.

Una scena della rappresentazione – Foto: Matilde Di Muro

Oggi, pur ostentando fintamente razionalità e benevolenza, si assiste, imperterriti e in ogni dove, a inaudite violenze, individuali e di gruppo, omicidi, genocidi e guerre senza senso. Il cieco interesse e il desiderio di potere e di ricchezza a tutti i costi, che si impossessarono di Giasone – ragioni a noi non sconosciute – e la facilità in cui ci si può riconoscere nella stessa Medea, tanto tormentata da un male del quale ha contezza, può aiutare noi contemporanei a comprendere che la consapevolezza sarebbe un gran bel fine da raggiungere. Dunque, lo spettatore, più che ad uno spettacolo, ha preso parte ad un’esperienza visiva ed emotiva potente che, al di là della semplice riproposizione del testo, fa riflettere sul nostro presente; sulla condizione femminile ancora tanto vulnerabile, in un’epoca in cui le questioni di genere e i diritti delle donne sono al centro del dibattito pubblico; solleva dubbi e, oltre a facili giudizi, indaga nel fondo dell’animo di ognuno di noi.

Concludiamo facendo un doveroso plauso ai sei attori che hanno magistralmente messo in scena questa tragedia, diretti dal regista Riccardo De Luca, attore egli stesso, e, in particolare, all’attrice Annalisa Renzulli che ha interpretato, con straordinaria intensità, una Medea tanto moderna.

Il cast della rappresentazione – Foto: Matilde Di Muro

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