Screenshot del film ‘Deserto rosso’ (1964) di Michelangelo Antonioni – Autore foto: Gawain78 – Licenza: pubblico dominio via Wikimedia Commons
Da musa di Antonioni a regina della commedia all’italiana: un viaggio nell’arte e nella vita di un’attrice fuori dagli schemi.
Un talento chiamato Maria Luisa
Nata a Roma il 3 novembre 1931 con il nome di Maria Luisa Ceciarelli, Monica Vitti ha attraversato la storia del cinema italiano con grazia, intelligenza e una straordinaria versatilità. Dietro il celebre pseudonimo scelto in Accademia – “Monica” perché ne amava il suono e “Vitti” in quanto tratto dal cognome materno Vittiglia – si cela la figura di una donna che ha fatto della trasformazione la propria cifra artistica.
Cresciuta tra Roma, Messina e Napoli, ha scoperto la passione teatrale giovanissima, in un rifugio antiaereo, recitando per distrarre i compagni dai bombardamenti della guerra. Una nascita artistica, questa, che già racconta molto della sua vocazione: intrattenere, ma con profondità.
L’Accademia e gli esordi teatrali
A 18 anni, sfidando le resistenze familiari, Vitti entra all’Accademia nazionale d’arte drammatica Silvio D’Amico. In pochi anni diventa una promessa della scena italiana. Lavora con maestri come Sergio Tofano – che ne intuisce subito il talento comico – e si esibisce in ruoli classici e moderni, da Shakespeare a Molière, da Machiavelli a Bacchelli. Fu proprio Tofano a suggerirle di adottare un nome d’arte, comprendendo la necessità di costruirsi un’identità scenica forte. A teatro conquista il pubblico con la sua voce roca, la gestualità spontanea e una presenza che difficilmente passava inosservata.
L’incontro con Antonioni: l’attrice del silenzio
Il cinema la accoglie inizialmente con ruoli minori, ma il destino di Monica Vitti cambia radicalmente grazie all’incontro con Michelangelo Antonioni, il quale la nota mentre doppia un film e pronuncia una frase destinata a cambiare il corso della sua vita: “Ha una bella nuca, potrebbe fare del cinema”. Nasce così una relazione, artistica e sentimentale, che darà vita alla cosiddetta “tetralogia dell’incomunicabilità”: L’avventura (1960), La notte (1961), L’eclisse (1962), Il deserto rosso (1964). In questi film Vitti incarna donne fragili, enigmatiche, immerse in un mondo che sta perdendo il senso delle proporzioni. La sua recitazione rarefatta, fatta di sguardi e pause, diventa un manifesto della modernità. La sua capacità interpretativa la fa diventare simbolo per eccellenza di quell’epoca: una presenza significativa, quasi metafisica, nel deserto dei sentimenti borghesi che viene portato sullo schermo.

Screenshot del film ‘La ragazza con la pistola’ (1968) di Mario Monicelli – Licenza: pubblico dominio via Wikimedia Commons
La svolta comica: una rivoluzione al femminile
Ma Monica non si accontenta di essere l’icona dell’alienazione. Rivendica, con coraggio, la possibilità di essere altro. È Mario Monicelli a offrirle la svolta con La ragazza con la pistola (1968), in cui interpreta Assunta Patanè, una donna del sud che cerca vendetta e trova emancipazione. Il successo è clamoroso e la Vitti si reinventa: la musa del cinema d’autore diventa la mattatrice della commedia all’italiana.
Tra gli anni ’60 e ’70 lavora con i più grandi registi del genere – Salce, Scola, Magni – e tiene testa, con straordinaria naturalezza, ai giganti del cinema comico maschile: Sordi, Gassman, Manfredi, Tognazzi, Mastroianni. In un cinema dominato dalla figura maschile, Monica Vitti si impone con grazia e determinazione. Non ha il corpo esplosivo delle soubrette dell’epoca, ma conquista con l’intelligenza e l’ironia. È capace di ridere di sé, di sovvertire i ruoli, di umanizzare la figura femminile rendendola complessa, divertente, autentica. In film come Dramma della gelosia (1970), Polvere di stelle (1973), Io so che tu sai che io so (1982), porta in scena una nuova immagine della donna italiana: indipendente, ironica, consapevole dei propri limiti ma capace di riderci sopra. Una rivoluzione silenziosa, ma profondissima.
Premi, riconoscimenti e grandi collaborazioni
Il talento di Vitti non passa inosservato. Ottiene cinque David di Donatello, tre Nastri d’Argento, dodici Globi d’Oro (due alla carriera), un Leone d’Oro, un Orso d’Argento e una candidatura ai BAFTA. Lavora con Buñuel (Il fantasma della libertà), Losey, Cayatte e Jancsó. Recita anche all’estero, ma rimane profondamente legata all’Italia.

Monica Vitti con Joseph Losey e Terence Stamp – Autore foto: Jack de Nijs for Anefo – Licenza: CC0, via Wikimedia Commons
Negli anni ’80 collabora di nuovo con Antonioni ne Il mistero di Oberwald, scrive soggetti cinematografici, recita a teatro accanto a Rossella Falk e firma la regia del film Scandalo segreto (1990). È anche autrice di due libri: Sette sottane (1993) e Il letto è una rosa (1995), in cui racconta sé stessa con onestà e autoironia.
L’uscita di scena e l’eredità
Nel 2002 Monica Vitti compare per l’ultima volta in pubblico. Affetta da una malattia neurodegenerativa (demenza a corpi di Lewy), si ritira in silenzio, accudita dal marito Roberto Russo, che aveva sposato dopo un lungo legame. La sua assenza è duratura, dolorosa, ma mai dimenticata.
Il 2 febbraio 2022 si spegne nella sua casa romana, dopo quasi vent’anni di silenzio. Il suo funerale si celebra nella chiesa degli Artisti a Roma, accompagnato da un affetto popolare autentico, commosso, universale. Monica Vitti è stata più di un’attrice: è stata una voce, un volto, una risata. Ha saputo raccontare le donne da protagonista, quando al femminile erano concessi solo ruoli ancillari o stereotipati. Ha attraversato generi, decenni, mode, rimanendo sempre fedele a sé stessa. In un’intervista del 1972 dichiarava amaramente: “Cosa fa una donna? Non va in guerra, non lavora. Posso solo scrivere una storia d’amore”. Eppure, con la sua arte, Monica ha smentito tutto questo. Ha lavorato, ha lottato, ha riso, ha raccontato storie. E soprattutto ha dato voce – con la sua tonalità roca ma al contempo bellissima – a tutte quelle donne che non l’avevano mai avuta prima.

Monica Vitti riprodotta alla Lanterna Rossa di Ancona, ultima scena del film ‘La ragazza con la pistola’ – Autore foto: Claudio Stanco – Licenza: CC BY-SA 4.0 via Wikimedia Commons
Specifiche foto dal web
Titolo: Deserto rosso (1964) – Screenshot del film Deserto rosso (1964) di Michelangelo Antonioni
Autore: Gawain78
Licenza: pubblico dominio via Wikimedia Commons
Link: https://it.wikipedia.org/wiki/File:Deserto_rosso_(1964).jpg
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Titolo: Ragazza con la pistola
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Link: https://it.wikipedia.org/wiki/File:Ragazza_con_la_pistola,_la.jpg
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Titolo: Terence Stamp, Monica Vitti and Joseph Losey
Autore: Jack de Nijs for Anefo
Licenza: CC0, via Wikimedia Commons
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Titolo: Monica Vitti riprodotta alla Lanterna Rossa di Ancona, ultima scena del film La ragazza con la Pistola
Autore: Claudio.stanco
Licenza: CC BY-SA 4.0 via Wikimedia Commons
Link: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Monica_Vitti_riprodotta_alla_Lanterna_Rossa_di_Ancona,_ultima_scena_del_film_La_ragazza_con_la_Pistola.JPG
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