La locandina dell’evento – Foto: Giulietta Vizzotto
È aperta al pubblico ad Asti, presso Palazzo Mazzetti, l’inedita ed affascinante mostra PAOLO CONTE. Original.
a cura di Giulietta Vizzotto
Un grande cantautore, dall’anima pittorica poco nota
Il titolo della mostra, Original, è la dichiarazione poetica di un artista che da sempre è al di fuori delle mode, in grado di ricreare un paesaggio sonoro e visivo unico, nel quale personaggi, luoghi e colori sfuggono a rigide classificazioni. Si tratta della più ampia mostra mai dedicata in Italia e all’estero al grande musicista e cantautore italiano, conosciuto e amato in tutto il mondo, che ci svela, attraverso un ricchissimo gruppo di opere, l’anima pittorica di un artista che ha fatto della libertà espressiva il suo segno distintivo.
Con i suoi 143 lavori su carta, realizzati con tecniche diverse nel corso di quasi settant’anni, questo è l’allestimento più ampio mai realizzato. Possiamo trovare opere mai esposte come Higginbotham, del 1957, a tempera e inchiostro, dedicata a uno dei primi grandi trombonisti jazz. Un nucleo importante è costituito da una selezione di tavole tratte dalle oltre 1800 di Razmataz. L’opera, ambientata nella Parigi vitale e autunnale degli anni Venti, celebra, dietro la scomparsa di una misteriosa ballerina, l’attesa e l’arrivo in Europa della bellezza della giovane musica americana: il jazz.

Alla finestra di Parigi (da Razmataz 1996) – Foto: Giulietta Vizzotto
La specificità della mostra è il suo percorso espositivo. Le opere si susseguono secondo una scelta scrupolosa e sorprendente, avvenuta sotto la guida dello stesso maestro Paolo Conte e del suo sguardo autentico, inimitabile, original, che lascia una sola avvertenza: “Lasciare al pubblico la possibilità di immaginare con libertà massima.”
Il disegno
Sotto la velocità del segno sulla carta, si nasconde l’ampio e molteplice orizzonte visivo di Paolo Conte. La superfice del foglio è il luogo che delinea il confine tra quello che l’artista ci mostra e quello che il visitatore osserva. Tra le oltre 140 opere esposte, molte delle quali per la prima volta, vi è una selezione di alcuni disegni a grafite e a inchiostro, che dimostrano la straordinaria forza evocativa di Conte. Si va dal tratto rapido e febbrile del Cugino del cavallo di Lady Godiva al segno caricaturale delle tre rappresentazioni dedicate a Jitterburg (termine usato tra la metà degli anni Venti e gli anni Quaranta per identificare gli assidui frequentatori delle sale da ballo, che a ritmo di swing si scatenavano fino a perdere il controllo) o ancora alle linee morbide e voluttuose di mannequins che si possono ammirare in Ancheggiano mannequins fanatiche…e Ancheggiano, si sporgono e poi sbandano – quest’ultime creazioni riprendono i versi della canzone Non sense, tratta dall’album Aguaplano del 1987.

Ancheggiano si sporgono e poi sbandano (1989) – Foto: Giulietta Vizzotto
Il colore
Un aspetto che colpisce, osservando le opere esposte, è il colore, che porta immediatamente all’universo dell’autore: elegante, poetico, jazzato. Lo stesso Paolo Conte, nello spiegare il procedimento compositivo alla base delle sue canzoni, ha utilizzato l’espressione “immaginario cromatico” per indicare come ad ogni tonalità musicale corrisponda un determinato pigmento. Il colore appare anche in molti suoi testi. Si alternano, infatti, tinte inusuali (il “tinello marròn” dell’uomo del Mocambo o la Topolino amaranto) e cromie di uso quotidiano, dove è l’accostamento ad essere imprevedibile (“l’accappatoio azzurro” di Via con me, “l’arancione” della giornata trionfale di Bartali o l’altrettanto celebre verso di Genova per noi: “il sole è un lampo giallo al parabrise”). Il colore è il protagonista soprattutto nelle sue opere pittoriche degli anni Settanta: nel caleidoscopico uomo-scoiattolo di Squirrel, uomo circo o in Foulard aquilone e Aquilone foulard. Tuttavia, Paolo Conte è un artista sempre in movimento e negli anni Ottanta ritorna al tratto sottile dell’inchiostro nero.

Aquilone foulard (1974) – Foto: Giulietta Vizzotto
L’umorismo sottile
Nell’opera a stampa Conversazioni americane(in mostra vi sono anche i due disegni originali), due donne discorrono amabilmente. La prima discute di filosofia, di scuola paritetica, di “olive”, richiamo, quest’ultimo, che riporta all’antica Grecia e all’ulivo (pianta sacra alla dea Atena) ma allo stesso tempo ad un’altra immagine, opposta e apparentemente illogica: quella dell’oliva che accompagna un celebre cocktail. “E i Martini? Così risponde la seconda donna di Conversazioni americane non appena sente pronunciare la parola “oliva”. Ci troviamo di fronte ad un paradosso che rivela tutto l’umorismo sottile di Paolo Conte. In questo modo i titoli delle sue opere giocano spesso con le parole e con i doppi sensi, offrendo un’immediata interpretazione anche al visitatore meno preparato a coglierne i significati.

Conversazioni americane (1989) – Foto: Giulietta Vizzotto
Il progetto Razmataz
Opera meno conosciuta dal grande pubblico, la cui genesi inizia nel 1989, quando Paolo Conte pubblica per l’editore torinese Umberto Allemandi, Razmataz è un volume corredato da disegni, spartiti e note autografe, che è la proiezione di un progetto molto più ampio a cui sta pensando l’artista. Nel 2000 esce per la CGD East West un nuovo disco. Esso porta, appunto, il titolo di Razmataz e contiene brani strumentali e canzoni in inglese e francese, che sono un’anticipazione del grande lavoro che Paolo Conte sta portando a termine. Solo nel 2001 l’opera evocativa e temeraria, dove musica, pittura e narrazione si integrano e si compenetrano, arriva a compimento. Il risultato è una produzione di due ore e venti minuti, composta da 28 composizioni musicali e 1800 tavole, che non illustrano ma fissano il racconto, e sono poste, al contrario del cinema che è arte di immagini in movimento, come “quadri d’esposizione”.

Tre donne (da Razmataz 1998) – Foto: Giulietta Vizzotto
L’opera, ambientata nella Parigi autunnale e vitale degli anni Venti, inizia con Marius Le Rideau, proprietario del teatro Le Soir che, risvegliatosi da un sonno pomeridiano, si reca alla stazione per ricevere la compagnia di artisti afroamericani ingaggiati l’anno precedente e che scendono dal treno. Ci sono tutti: il capo orchestra Supercharleston, le ballerine, i musicisti, i fantasisti, la costumista Scat; tutti tranne lei, Razmataz, una strana ragazza di St. Louis che balla il charleston e che è misteriosamente sparita.
L’artista
Paolo Conte nasce ad Asti il 6 gennaio 1937 da una famiglia di tradizione notarile. Nel dopoguerra, negli anni del liceo e poi dell’università, forma piccoli gruppi e orchestrine, suonando come trombonista, vibrafonista e pianista. Sono gli anni in cui la sua generazione inizia ad amare il jazz, i cui suoni e suggestioni rappresentano nuove armonie e ritmi. Dopo la laurea in giurisprudenza esercita la professione di avvocato, frequentando anche le scene discografiche romana e milanese, scrivendo alcuni brani per altri artisti che in breve tempo raggiungono le vette delle classifiche: tra questi, nel 1968, la celebre Azzurro interpretata da Adriano Celentano; Insieme a te non ci sto più, cantata da Caterina Caselli, e nel 1969 Tripoli, eseguita da Patty Pravo. Tra il 1974 e il 1975 incide i primi due album come autore e interprete intitolati entrambi Paolo Conte e da lì si succedono negli anni a venire molti altri album di straordinaria intensità. Acclamato e desiderato dai più grandi palcoscenici internazionali, dall’Olympia di Parigi al Blue Note di New York e alla Philarmonie Berlin, nel 2018 pubblica il doppio album registrato alle Terme di Caracalla e nel 2021 il live registrato alla Reggia di Venaria. Nel 2023 Paolo Conte suona al Teatro alla Scala di Milano: primo e unico cantautore a calcare il palco del “tempio della lirica”, in un concerto evento che in poche ore registra il sold out.
Nello stesso anno viene invitato ad esporre i propri disegni alla Galleria degli Uffizi di Firenze. La passione per la pittura nasce prima ancora della passione per la musica e viene coltivata per tutta la vita, culminando con l’opera multimediale Razmataz, interamente scritta, musicata e disegnata dallo stesso Paolo Conte.

Alcune delle opere in mostra – Foto: Giulietta Vizzotto
Tra il 2000 e il 2007 una selezione di suoi disegni viene esposta alla Barbican Hall di Londra, al Museo Correr di Venezia e in altri prestigiosi luoghi d’arte italiani. Oggi, con questa mostra, si presenta al pubblico in maniera assolutamente inedita: un’opportunità rara per scoprire il lato visivo e nascosto di un artista immenso. L’esposizione è curata da Manuela Furnari in collaborazione con Arthemisia, Fondazione Egle e Paolo Conte, REA Edizioni Musicali. Realizzata da Fondazione Asti Musei, Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, Regione Piemonte, Comune di Asti, essa sarà aperta fino al 1° marzo 2026 presso la sede di Palazzo Mazzetti (C.so Vittorio Alfieri 357) ad Asti.
