Interno della chiesa – Foto: Matilde Di Muro

Dal 6 al 27 aprile 2025, presso la chiesa di Santa Maria la Nova a Napoli, è possibile ammirare otto opere del pittore friulano Claudio Mario Feruglio, da noi intervistato in video, come anche il direttore del museo, Giuseppe Reale.

È una gran bella occasione per conoscere la produzione di uno straordinario artista figurativo che riesce, attraverso l’arte, a parlare di ‘cammino’ e di ‘viaggio’: quello che non necessita di alcuno spostamento fisico ma che è in realtà un incedere interiore, lento, intimo e profondamente personale. Guardando le sue opere, si è immediatamente colpiti dalla bellezza dei suoi paesaggi e dall’uso straordinariamente ricco ed espressionistico dei colori. Di fatto, Feruglio mette a frutto una grande abilità pittorica che, a partire dalle sue origini accademiche, ha avuto modo, in cinquant’anni di attività, di perfezionare, raffinare e personalizzare.

Parusia – Foto: Matilde Di Muro

Feruglio e i suoi paesaggi dell’ànemos

L’artista, che nasce e vive tuttora ad Udine, si forma all’Accademia di Belle Arti Venezia e, sin da subito, mostra una particolare propensione all’arte come strumento di introspezione. Partecipa attivamente alla vita artistica friulana e nazionale, vantando il conseguimento di numerosi premi, così come a mostre personali e collettive, in Italia e all’estero, presso gallerie private ed istituzioni pubbliche come l’Esposizione internazionale d’Arte Biennale di Venezia del 1995 e del 2007. Alcune delle sue opere attualmente figurano in diverse collezioni pubbliche e private, in Italia e in Europa, e in luoghi di culto.

Al di là degli innumerevoli riconoscimenti da parte delle istituzioni, della critica e del pubblico, pennelli e colori, utilizzati con tanta maestria, sono per Feruglio un mezzo per ‘andare oltre’ un fare artistico a esclusivo servizio della bellezza. Egli intende rappresentare una personale ricerca di vita e ‘per la Vita’. Tutto questo, ad una visione attenta, si scorge dal fatto che i suoi paesaggi non sembrano rimandare ad un particolare luogo riconoscibile. Certo, la forte appartenenza ai posti del suo vissuto – le terre friulane – è per l’artista continua fonte di ispirazione ma le sue sono ‘altre’ e ‘alte’ visioni di luoghi interiori che possono essere abitati da tutti.  

Croce del mondo – Foto: Matilde Di Muro

Le sue viste sono, come si dice in gergo fotografico, ‘a volo d’uccello’ e lo spettatore sembra davvero invitato a sorvolare mondi immensi e solitari, abitando cieli straordinariamente vivi e dinamici che occupano la maggior parte della tela. In un’atmosfera in cui sembra dominare il silenzio, una luce sonora si fa presente: talvolta irrompe in maniera tuonante oppure sembra farsi spazio tra nuvole o cieli notturni, come a voler diffondere una gentile melodia che disvela una terra perlopiù piatta e vagamente inospitale.

Non ci sono strutture né architetture né tantomeno presenze, se non quella di un piccolo uomo solitario, un viandante definito da un tratto scuro, che sembra essere sorpreso nel suo errante cammino. Chi è quell’uomo? È l’artista, certo, ma può essere ognuno di noi che vaga alla ricerca del proprio ànemos, di quel soffio vitale che ci appartiene, che ci è stato donato e che tante volte si stenta a ritrovare. Per tale obiettivo vale la pena intraprendere quel viaggio, necessariamente solitario, che ci porta lungo strade spesso tortuose e difficili da percorrere, tanto da farci sentire come navi senza approdo.

O mia dolce luce riposo in te – Foto: Matilde Di Muro

Tutto questo l’artista ce lo racconta attraverso le sue immagini che non ci lasciano indifferenti, soprattutto perché aperte alla vita e cariche di speranza: quelle strade sono spesso tormentate, difficili ma non impossibili perché rischiarate da quella luce-guida. Lo spettatore, nei silenzi delle opere di Feruglio, fa esperienza della ‘tras-parenza’ perché, in prima persona, ci si può riconoscere abitanti di quelle terre buie e inospitali, in compagnia di inutili ostilità, dubbi, paure, false certezze, e allo stesso tempo essere incoraggiati da quella luce di verità, instradante e confortante, che si fa spazio tra le tenebre.

È evidente come queste opere siano spazio evocativo di un bisogno interiore dell’artista che si nutre di una profonda fede cristiana alla ricerca continua e, talvolta, alla felice scoperta dell’‘oltre’ ma, al di là di ogni confessione religiosa o possibile ‘credenza’, i suoi percorsi possono incontrare le necessità di chiunque si senta smarrito. Sì, perché giorno e notte, luce e tenebra, vita e morte ci appartengono, si appartengono e si fronteggiano da sempre ed oggi più che mai, in un mondo che sembra preferire il buio di inauditi e dilaganti conflitti.

Desiderio di ascolto – Foto: Matilde Di Muro

L’armonioso dialogo tra le opere di Feruglio e il Museo ARCA  

In questa mostra dal titolo Luce di speranza, Feruglio propone ben otto opere di grande formato (90×150 cm), realizzate, con pittura acrilica su tela, tra il 2005 e il 2020. Esse sono state posizionate da Giuseppe Reale, curatore dell’allestimento nonché direttore del Complesso monumentale di Santa Maria la Nova, lungo la grande navata della chiesa, sulla balaustra di ingresso alle cappelle laterali. Le opere così disposte, come in un ideale percorso spirituale di meditazione, sono in perfetto dialogo tra loro, con il visitatore e con gli storici luoghi in cui sono inserite.

Il Complesso monumentale di Santa Maria la Nova, sito nel cuore del centro storico di Napoli, fu un convento francescano costruito sul finire del XIII secolo quando Carlo I d’Angiò volle destinare, per la sua edificazione, un’ampia area, detta regio Albinensis, appena fuori le mura occidentali della città. Fu chiamata Santa Maria “la Nova” per distinguerla dalla precedente dedicata all’Assunta che fu abbattuta per far posto alla costruzione del Castel Nuovo.

E mentre i dolori del giorno si acquietano la terra si dona alla luce – Foto: Matilde Di Muro

Con lo scorrere del tempo, il complesso, che nel XVII secolo divenne un centro di studi e di cultura di rilevante importanza, ha subito notevoli trasformazioni. Le forme e la consistenza attuali risalgono principalmente agli interventi di epoca barocca, pur conservandosi le diverse sensibilità e gli stili artistici che si sono susseguiti nei secoli. Infatti, mentre la facciata esterna è di stampo rinascimentale, all’interno della chiesa è possibile ammirare uno splendido soffitto ligneo a cassettoni e l’altare maggiore realizzato da Cosimo Fanzago, oltre ad importanti opere scultoree e a numerosi dipinti eseguiti da importanti artisti di varie scuole.

Oggi il monumentale complesso, che oltre alla chiesa comprende il chiostro di San Giacomo della Marca, il chiostro Maggiore detto di San Francesco, l’Antico Refettorio, l’Antica Sagrestia, le sale degli Argenti e Margherita Lama Caputo, ospita dal 2006 il Museo ARCA di Arte Religiosa Contemporanea. Questa importante realtà museale raccoglie al suo interno testimonianze religiose dell’arte contemporanea dal 1949 ai giorni nostri, realizzate da artisti di rilievo nazionale ed internazionale come Carlo Alfano, Renato Barisani, Riccardo Dalisi, Ciro de Falco, Stelio Di Bello, Alì Hassoun, Renato Laffranchi e tanti altri.

Infinitamente piccolo – Foto: Matilde Di Muro

Il valore straordinario della mostra nel contesto dell’anno giubilare   

Il titolo dell’esposizione, Luce di speranza, vuole chiaramente evocare l’attuale Giubileo della Speranza indetto da papa Francesco per la Chiesa cattolica. L’evento, che ha radici profonde risalenti all’Antico Testamento, nacque come tempo speciale di libertà e riconciliazione, in cui i debiti venivano annullati, gli schiavi liberati e le terre restituite ai loro proprietari. Il Giubileo, dunque, mira a dare speranza e sollievo alle sofferenze dell’umanità di ogni tempo e della nostra più che mai. Ed è proprio di luce e speranza che parlano le opere di Feruglio, con una particolare profondità capace di raggiungere l’animo umano perché è dall’umana sensibilità che nascono.

Inoltre, questo luogo, storicamente tanto importante per la città di Napoli, con le opere di Feruglio riafferma la sua vocazione di spazio sacro, offrendosi come oasi di ristoro e silenzio per il ‘viandante’ di ogni luogo e senza tempo. Questi, affrancandosi dai tanti ‘rumori’ assordanti, può farsi guidare dalla bellezza dell’arte che ha lo straordinario potere di comunicare con il linguaggio universale delle immagini. Con questa esposizione la città di Napoli crea un ponte ideale con la terra friulana, solo geograficamente lontana. Ci auguriamo, dunque, che gli splendidi paesaggi, che anche i nostri luoghi sanno regalare, possano essere una ulteriore fonte di ispirazione per questo straordinario artista, come è già avvenuto nella storia per tanti altri. Dunque non ci resta che visitare questi luoghi e godere della bellezza di queste opere di cui abbiamo fornito un breve racconto, che è stato gentilmente supportato dalle testimonianze offerte ai nostri microfoni dalle voci dell’artista stesso, Claudio Mario Feruglio, e del curatore della mostra Giuseppe Reale in due interessanti videointerviste.

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