Torino, Lungo Po – Foto: Giorgio Manusakis
Il 6 maggio 2025 l’Italia ha raggiunto il proprio Earth Overshoot Day, ovvero il giorno in cui il Paese ha esaurito tutte le risorse naturali rigenerabili dalla Terra per un intero anno.
Dal 6 maggio 2025, gli italiani iniziano a vivere ‘a debito’ rispetto al pianeta, consumando più di quanto la natura riesca a ricostituire: una situazione che, se considerata su scala globale, pone seri interrogativi sul futuro sostenibile della nostra civiltà.
L’Overshoot Day, o Giorno del Sovrasfruttamento, è una data simbolica che segna il momento dell’anno in cui l’umanità ha esaurito tutte le risorse naturali che la Terra è in grado di rigenerare in 12 mesi. Il calcolo, effettuato su base annua dalla Global Footprint Network – organizzazione internazionale che si occupa di studiare l’impatto antropico sull’ambiente e promuovere la sostenibilità globale – è elaborato comparando la biocapacità del pianeta, ovvero quante risorse possono essere rigenerate in un anno, e l’impronta ecologica umana. Quest’ultima dipende innanzitutto dal consumo di risorse idriche, alimentari e prodotti agricoli; inoltre, dal tasso di sfruttamento del suolo; dalle emissioni di anidride carbonica; dalla produzione di rifiuti e dalle emissioni di gas serra.

The Land and the Trees – Foto: Menandros Manousakis
L’Overshoot globale e la situazione degli altri paesi
Relativamente all’anno 2025 l’Overshoot Day complessivo del pianeta è previsto per il 24 luglio, ed è dunque anticipato di 7 giorni rispetto all’anno precedente, quando era fissato all’1 agosto, confermando quindi la tendenza ad un aumento generale dei consumi energetici. Si tratta dunque di un importante campanello d’allarme, che invita società, governi e cittadini a riflettere sull’urgenza di vivere in modo più sostenibile per proteggere il futuro del pianeta.
Oltre all’indicatore globale vengono inoltre calcolati gli indicatori nazionali, basati sullo studio e sulla comparazione dei diversi modelli di consumo e di politiche ambientali. Bisogna tuttavia sottolineare come l’anticipazione dell’Overshoot Day rispetto agli anni precedenti possa dipendere altresì da aggiornamenti delle metodologie tecniche utilizzate. Ad esempio Singapore lo ha stabilito 37 giorni prima rispetto al 2024 esclusivamente a causa di modifiche nel calcolo dei parametri, mentre paesi come la Georgia hanno visto un peggioramento dovuto a un aumento reale del consumo delle risorse.
Comparando questi dati a livello globale emerge in maniera netta come gli stati con stili di vita più opulenti e industrie a più alto dispendio energetico – ad esempio il Qatar e il Lussemburgo – abbiano raggiunto i rispettivi Overshoot Days già a febbraio 2025. La media dei paesi europei lo ha invece raggiunto tra i mesi di aprile e maggio, segno di uno sfruttamento delle risorse elevato ma comunque inferiore rispetto a paesi come Stati Uniti ed Emirati Arabi, particolarmente restii a politiche volte a limitare l’impatto ambientale, nei quali le rispettive date di sovrasfruttamento sono fissate nel mese di marzo. Occorre evidenziare, tuttavia, come il 28 maggio il commissario europeo al clima e alla crescita pulita Wopke Hoekstra abbia affermato che le emissioni nocive europee nel 2023 siano diminuite del 37% rispetto a quelle presenti nel 1990, avvicinandosi all’obiettivo di riduzione del 55% entro il 2030 previsto dal Green Deal europeo.

La sopravvivenza – Foto: Marco Gabess
La situazione italiana
L’Overshoot Day italiano è stato fissato per il 6 maggio 2025, con un anticipo di tredici giorni rispetto al 2024, anno in cui tale avvenimento accadde il 19 maggio. Si tratta di uno spostamento che desta ingenti preoccupazioni relativamente al livello dei consumi nel nostro Paese e al mancato adeguamento delle politiche industriali e ambientali a strategie ecologicamente più sostenibili.
Va specificato, da una parte, come di questi tredici giorni di anticipo, undici sono dovuti a revisioni nei metodi di calcolo dell’impronta ecologica legata in particolare all’utilizzo e allo sfruttamento del suolo e alle emissioni di anidride carbonica; dall’altra, come una parte del cambiamento sia anche dovuta ad un aumento reale dei consumi. Tutto ciò dimostra, pertanto, che le politiche ambientali attuate fino ad ora non sono sufficienti a invertire la tendenza di un modello di sviluppo che continua a basarsi su un uso insostenibile delle risorse naturali.
In questo senso risulta particolarmente allarmante la statistica secondo la quale il consumo dell’Italia è superiore di circa due volte e mezzo la capacità della Terra di generare risorse; pertanto, qualora tutto il mondo vivesse secondo i ritmi del Belpaese, al fine di sostenere il fabbisogno energetico sarebbero necessari circa 3 pianeti. Questo scenario pone l’Italia in una posizione di grande responsabilità, rendendo necessario un cambio di paradigma. Gli elevati consumi relativi all’impronta ecologica nel nostro Paese sono strettamente legati all’elevato sfruttamento del suolo e alle emissioni di gas serra. L’agricoltura intensiva, che impiega metodi convenzionali con uso massiccio di fertilizzanti chimici e pesticidi, non solo degrada i terreni ma ne riduce anche la capacità di assorbire carbonio. La crescente urbanizzazione, estesasi nel periodo 1950-2020 per milioni di ettari, ha ulteriormente ridotto gli spazi naturali che potrebbero bilanciare nell’atmosfera la quantità di CO₂. A questi fattori si aggiungono le emissioni derivanti dalla produzione energetica, ancora fortemente basata sul gas naturale, e dal settore dei trasporti, che dipende ancora dai combustibili fossili, nonostante le iniziative verso la mobilità elettrica.

Light – Foto: Menandros Manousakis
Una possibile inversione di tendenza: il modello della Costa Rica
Al fine di invertire la tendenza nel consumo energetico, è fondamentale osservare come al di fuori dell’Europa e delle aree del pianeta considerate economicamente più sviluppate vi siano paesi, come il Vietnam e la Costa Rica, che negli ultimi anni hanno basato le rispettive strategie di sviluppo economico su un profondo investimento nelle energie rinnovabili e in politiche di riforestazione. Tali scelte hanno ottenuto i loro frutti in termini di calcolo dell’Overshoot Day, che risulta rispettivamente fissato al 20 luglio per il Vietnam e al 21 luglio per la Costa Rica. Proprio quest’ultima è spesso citata come uno dei paesi più avanzati al mondo in materia di politiche ambientali.
Nonostante le sue dimensioni ridotte e un’economia in via di sviluppo, la Costa Rica ha adottato una visione ecologica di lungo periodo, riuscendo a produrre oltre il 98% della propria energia elettrica da fonti rinnovabili, principalmente idroelettrica, geotermica, eolica e solare. Parallelamente, ha attuato un’ampia politica di tutela ambientale, che ha portato a un recupero ingente delle aree verdi: dal minimo storico degli anni ’80, quando il 75% delle foreste era stato disboscato, oggi oltre il 52% del territorio è nuovamente coperto da vegetazione, mentre più del 25% del paese è formalmente protetto come parco nazionale o riserva naturale.
A rendere possibile questa trasformazione è stato anche un modello sociale e politico unico: dal 1948 la Costa Rica ha abolito l’esercito, reinvestendo le risorse nella sanità, nell’educazione e nella tutela dell’ambiente. Tra le strategie più efficaci spiccano i pagamenti per servizi ecosistemici (PES), un sistema con cui lo Stato incentiva economicamente i proprietari terrieri che proteggono o ripiantano le foreste. Il paese punta inoltre alla neutralità carbonica entro il 2050 grazie al suo Piano Nazionale di Decarbonizzazione, che prevede l’elettrificazione del trasporto pubblico, lo sviluppo di infrastrutture sostenibili e la diffusione della ‘mobilità dolce’.

Pale eoliche – Foto: Menandros Manousakis
Un cambiamento culturale prima che tecnico
L’Overshoot Day non rappresenta soltanto un indicatore scientifico dell’impatto antropico sull’ambiente, bensì anche il riflesso di un modello culturale e socio-economico strutturalmente insostenibile, reso ancor più evidente dall’aggravarsi della crisi climatica globale. Sebbene si siano registrati significativi progressi in materia di transizione ecologica e di incremento della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili, la continua anticipazione della data di sovrasfruttamento delle risorse dimostra come l’innovazione tecnologica e gli strumenti normativi, se non accompagnati da un profondo mutamento dei paradigmi culturali, risultino insufficienti a invertire la tendenza in atto. È, dunque, imprescindibile orientare i sistemi socio-economici verso un modello che assuma come prioritari i principi dell’ecologia ambientale, umana ed economica, superando la logica della crescita illimitata e ridefinendo i concetti stessi di progresso e benessere.
In tale prospettiva, per posticipare l’Overshoot Day è fondamentale l’attivazione di interventi su più livelli. In primo luogo, si rende necessario contenere la domanda di risorse materiali, promuovendo stili di vita improntati alla riduzione di tutto ciò che è superfluo ed ecologicamente dannoso. Occorre inoltre ripensare il sistema agroalimentare, favorendo l’approvvigionamento locale e stagionale, contrastando gli sprechi alimentari, che a livello globale interessano circa un terzo del sistema produttivo. In ambito energetico, risulta prioritario accelerare la transizione verso fonti rinnovabili, investire in efficienza energetica e favorire la produzione diffusa attraverso impianti fotovoltaici e comunità energetiche. Analogamente, la promozione e il potenziamento dei mezzi di trasporto sostenibili, così come della mobilità ciclabile e condivisa, costituisce un elemento strategico per la riduzione dell’impronta ecologica nei contesti urbani. Fondamentale appare inoltre il ruolo dell’educazione alla sostenibilità – improntata verso una cultura del limite e del riutilizzo – alla valorizzazione del patrimonio naturale globale e alla responsabilità intergenerazionale. Solo attraverso un cambiamento sistemico, multilivello e partecipato sarà possibile invertire la tendenza attuale e contribuire concretamente allo spostamento progressivo dell’Overshoot Day, con l’obiettivo ultimo di azzerare il debito ecologico nei confronti del pianeta.

Una delicata sfera (New York) – Foto: Lucia Montanaro