Panorama di Caprarola – Foto: Simona Monti
Sulle pendici dei Monti Cimini, nel cuore della Tuscia viterbese, Caprarola è un paese che custodisce intatto il legame tra terra, storia e identità.
a cura di Simona Monti
Un antico paesaggio urbano, dominato dal Palazzo Farnese
I tetti rossi delle case di Caprarola si affacciano su colline coltivate a noccioleti – coltura simbolo del territorio – che disegnano il paesaggio con geometrie regolari. È un borgo che si sveglia presto, dove il rombo dei trattori rompe il silenzio del mattino e scandisce giornate ancora guidate dal ritmo delle stagioni.
Il centro storico si sviluppa lungo una sola arteria, via Filippo Nicolai – Lo Deritto, come la chiamano gli abitanti – che attraversa il paese come una spina dorsale, regalando scorci scenografici sul Monte Soratte. Questa struttura urbanistica, voluta nel XVI secolo dalla famiglia Farnese, fu progettata per valorizzare uno dei massimi capolavori del Rinascimento italiano: Palazzo Farnese, ancora oggi cuore visivo e culturale di Caprarola. Più che un monumento, l’edificio è una presenza viva nella memoria collettiva. Le sue sale raccontano vicende di corte, incontri tra nobili e popolani, intrecciando la grande storia con la vita quotidiana. Intorno a questo luogo si è consolidato un forte senso di appartenenza che la comunità rinnova ogni anno attraverso iniziative culturali, feste popolari e momenti condivisi.

‘Lo Deritto’ – Foto: Simona Monti
La Sagra della nocciola: dai carri folkloristici al tozzetto
Tra queste, la più sentita è senza dubbio la Sagra della nocciola, che si svolge tra la fine di agosto e l’inizio di settembre. Nata nel 1956, in un’Italia ancora segnata dal dopoguerra, la manifestazione è stata pensata per celebrare e valorizzare la tonda gentile romana, eccellenza agricola della zona. Oggi è uno degli appuntamenti estivi più attesi della provincia di Viterbo, capace di attrarre ogni anno migliaia di visitatori. Non a caso, la sagra coincide con la celebrazione di Sant’Egidio Abate, il 1° settembre, patrono delle attività agricole. La concomitanza fonde la dimensione religiosa con quella contadina e folkloristica, rafforzando il legame profondo tra Caprarola, la terra e i suoi riti secolari.

Nocciola – Foto: Simona Monti
Dal 2017, l’organizzazione della festa è affidata alle cosiddette ‘classi quarantenni’, gruppi di cittadini che compiono quarant’anni nell’anno in corso. Ogni edizione è curata da un nuovo gruppo, che porta idee fresche e nuove energie, in un passaggio generazionale che mantiene vive le radici e, al tempo stesso, apre a nuove forme di partecipazione.
Uno dei momenti più attesi è la Sfilata dei carri folkloristici e agresti. Realizzati a mano dagli abitanti, essi sfilano lungo la via principale tra musiche, coreografie e figuranti in costume. Ogni anno il tema cambia: si spazia dal mondo rurale alla fiaba, dalla memoria storica alla fantasia e ai fatti quotidiani. Il carro conclusivo, noto come Carro agreste, celebra il raccolto e la condivisione.
Da quest’ultimo vengono lanciati tozzetti alla folla, in confezioni igieniche, in uno spirito giocoso divenuto ormai tradizione.

Un momento dei festeggiamenti – Foto: Simona Monti
Questo biscotto secco alle nocciole è il dolce simbolo della festa, ma anche un emblema della quotidianità caprolatta. Fino agli anni ’90 i forni del borgo erano veri centri sociali: le donne vi portavano le proprie teglie, spesso sulla testa, condividendo ricette, racconti e frammenti di vita, specie nel periodo che precedeva la festa. Il tozzetto, infatti, era – ed è ancora – il dolce delle grandi occasioni: battesimi, matrimoni, festività religiose. Prepararlo è diventato, nel tempo, un gesto che unisce memoria e appartenenza. Durante la sagra questo ricco patrimonio prende forma in un percorso enogastronomico: decine di stand e ristoranti propongono piatti dolci e salati a base del prezioso frutto locale, dal gelato alle creme spalmabili, fino alle più raffinate creazioni della pasticceria artigianale.

Il ‘tozzetto’ – Foto: Simona Monti
L’edizione 2025 ha proposto un tema fiabesco: Lo schiaccianocchie, originale rivisitazione in chiave rurale della fiaba de Lo schiaccianoci, giocando sul termine dialettale nocchie (nocciole). I carri hanno reinterpretato la storia mescolando danza, teatro e tradizione contadina, trasformando Caprarola in un palcoscenico diffuso, con Palazzo Farnese come scenografia naturale.

‘Lo schiaccianocchie’ – Foto: Simona Monti
Leggende e significati del nocciolo tra passato e presente
Ma in questo angolo di Tuscia, il frutto del nocciolo è molto più di una coltura. Attorno alla pianta si è stratificato un ricco patrimonio simbolico e culturale, fatto di fiabe, leggende e credenze popolari. Nelle tradizioni contadine, al nocciolo si attribuivano proprietà protettive contro animali velenosi e spiriti maligni. Ancora oggi, i pastori abruzzesi utilizzano bastoni in legno di nocciolo, come raccontava Gabriele D’Annunzio, che ne esaltava il legame con la terra e la spiritualità rurale.
Nel mondo celtico era considerato albero sacro, associato alla conoscenza e alla saggezza. I suoi frutti erano visti come scrigni di verità nascosta e il calendario lunare gli dedicava un intero mese, proprio in coincidenza con il periodo della raccolta. Nelle fiabe — come quella di Cenerentola — un albero di nocciolo assume un ruolo magico e salvifico, diventando mezzo di trasformazione e rinascita.

Uno dei carri – Foto: Simona Monti
Anche nel Medioevo fu protagonista di racconti più oscuri. Secondo la leggenda, le streghe di Otranto ne utilizzavano i rami per individuare tesori nascosti. Lo studioso Henri Leclerc, nei primi del Novecento, ne documentò l’impiego nella rabdomanzia, per scoprire sorgenti d’acqua o oggetti sepolti. Tutte queste narrazioni – dalle radici mitiche ai riti magici – arricchiscono e rafforzano il valore simbolico di questa pianta nella cultura caprolatta, mescolando il quotidiano con un patrimonio di memorie, riti e credenze antiche.
Ed è proprio in questo intreccio di storia, lavoro e immaginario che Caprarola si racconta. Lo fa ogni anno, trasformando la festa dedicata al suo frutto più prezioso in un atto collettivo di memoria e futuro, con Palazzo Farnese come proscenio ideale, dove si incontrano il sapere contadino, la creatività artistica e il desiderio profondo di restare comunità. E in un’Italia che cambia, questo piccolo borgo continua a spargere nell’aria il profumo delle sue nocciole e della sua identità.

Palazzo Farnese – Foto: Simona Monti