Una delle sale della mostra – Foto: Giulietta Vizzotto
A Torino, presso le sale Chiablese di Palazzo Reale, è in corso la mostra Orazio Gentileschi – Un pittore in viaggio.
a cura di Giulietta Vizzotto
Orazio: un elegante pittore da riscoprire
L’idea della mostra, inaugurata il 22 novembre scorso ed aperta fino al 3 maggio 2026, è di restituire a Orazio Gentileschi il ruolo che gli spetta nella scena artistica europea del Seicento; troppo a lungo la sua figura è stata offuscata dalla fama della figlia Artemisia. In realtà, egli è stato tra i più importanti pittori del Seicento italiano e la sua opera è stata premiata, nel corso della propria vita, al pari di altri celebri pittori a lui contemporanei come Caravaggio, Rubens e Van Dyck. L’esposizione di Torino intende raccontare la storia di un artista cosmopolita, colto e inquieto, capace di reinventarsi più volte nel corso della sua esistenza e di trasformare il viaggio in un’occasione di crescita ed evoluzione.
Il percorso espositivo si articola in 10 sezioni nelle quali si possono ammirare oltre 40 opere, che accompagnano il visitatore a ripercorrere le tappe fondamentali del suo itinerario umano e artistico. Attraverso i suoi dipinti, caratterizzati da luce, grazia e colore, si può avere la dimostrazione di quanto Orazio Gentileschi sia un pittore di straordinaria raffinatezza: una dote che lo ha portato a viaggiare da Roma a Fabriano, da Genova a Torino, Parigi e Londra.

L’ingresso della mostra – Foto: Giulietta Vizzotto
La mostra riunisce prestiti che provengono da edifici ecclesiastici, collezioni pubbliche e private italiane e internazionali, tra cui il Louvre di Parigi, il Prado di Madrid, la Pinacoteca Vaticana, il Museo Civico d’Arte Antica – Palazzo Madama di Torino, Palazzo Spinola e i Musei di Strada Nuova di Genova, il Museo Civico di Novara, le Collezioni comunali d’arte di Bologna, la Galleria Spada e Palazzo Barberini di Roma, le Gallerie degli Uffizi, la Galleria Nazionale delle Marche di Urbino e la Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia. I dipinti in esposizione permettono di ripercorrere l’evoluzione stilistica di Gentileschi nel corso del suo tempo.
Il tema del viaggio caratterizza l’intera mostra, permettendo di osservare i contesti nei quali l’artista si è trovato ad operare, attraverso gli altri artisti da lui stesso incontrati: da Giovanni Baglione a Guido Reni, Simon Vouet, Antoon Van Dyck, il fratello Aurelio, fino alla figlia Artemisia, ai committenti e alle esigenze di mercato dell’epoca.

Artemisia Gentileschi – Santa Maddalena (1630-35) – Beirut (Libano), Sursock Palace Collection – Foto: Giulietta Vizzotto
Orazio Gentileschi dipinge in un periodo straordinariamente fertile, muovendosi tra i più rilevanti centri artistici italiani e le maggiori corti europee: da Carlo Emanuele I di Savoia alla regina di Francia Maria de’ Medici; da Carlo I d’Inghilterra a Filippo IV di Spagna, ricercando protezione e prestigio. Proprio per conquistare i favori del duca di Savoia, giunge da Genova a Torino nel 1623, realizzando la grande pala dell’Annunciazione, capolavoro conservato alla Galleria Sabauda che rappresenta il vertice assoluto della sua arte e che costituisce il fulcro dell’intera mostra.

Orazio Gentileschi – Annunciazione (1623) – Torino, Musei Reali, Galleria Sabauda – Foto: Giulietta Vizzotto
Gli esordi di Orazio: dal tardo-manierismo al naturalismo caravaggesco
Nella prima sezione si possono ammirare gli esordi dell’artista tra Pisa e Roma. L’artista nasce nella città toscana nel 1563 ed il suo nome originario è Orazio Lomi. In seguito si trasferisce presso uno zio capitano delle guardie di Castel Sant’Angelo, dal quale assumerà il cognome Gentileschi. Nella capitale pontificia l’artista verrà coinvolto come frescante nei grandi cantieri papali della Controriforma.
Si colloca alla fine del Cinquecento la Madonna con il Bambino e i Santi, una delle sue prime tele note, conservata oggi alla Fondazione Palazzo Blu di Pisa.
Passando alla seconda sezione, troviamo la grande pala con la Madonna in gloria e la Santissima Trinità, realizzata per la chiesa di Santa Maria al Monte dei Cappuccini a Torino, il Battesimo di Cristo per la chiesa di Santa Maria della Pace a Roma e la tela con il Cristo Benedicente di collezione privata, qui presentata per la prima volta. Queste opere dei primi anni del Seicento segnano una svolta decisiva nel percorso artistico di Orazio Gentileschi, che dalla compostezza tardo-manierista dei suoi esordi passa a un linguaggio più diretto e naturalistico, maturato nel confronto con Caravaggio e l’ambiente dei suoi seguaci.

Orazio Gentileschi – Cristo benedicente (1600-05) – Collezione privata – Foto: Giulietta Vizzotto
Nella terza sezione la mostra non si limita a seguire lo sviluppo figurativo del pittore ma si sofferma anche ad analizzare l’ambiente artistico in cui si muove, dove collaborazioni, rivalità e scambi stilistici si intrecciano alle vicende di autori di diversa formazione. Qui possiamo ammirare tre versioni di san Francesco d’Assisi, realizzate nei primi anni del Seicento e provenienti rispettivamente dal Museo del Prado, da Palazzo Barberini e da collezione privata, dove si può vedere l’avvicinamento di Orazio al naturalismo caravaggesco. Procedendo alla quarta sezione, si possono ammirare San Michele e il diavolo, tela conservata nella chiesa parrocchiale del Santissimo Salvatore a Farnese (VT), e il Martirio di santa Caterina d’Alessandria di Guido Reni, opera custodita presso il Museo Diocesano di Albenga.

Guido Reni – Martirio di Santa Caterina d’Alessandria (1604-06 ca.) – Albenga, Museo diocesano – Foto: Giulietta Vizzotto
Il legame controverso con Tassi ed il periodo marchigiano
Nella quinta sezione arriviamo al 1612: un anno cruciale per Orazio Gentileschi e per tutta la comunità romana, che viene scossa dal processo intentato dal maestro pisano nei confronti del collega Agostino Tassi, accusato di aver violentato la giovane figlia Artemisia. Fu anche un periodo di grande intensità creativa del pittore toscano, che tra il 1611 e il 1612, in collaborazione proprio con Tassi, fu impegnato al Palazzo del Quirinale, nel Casino Borghese e nella realizzazione di uno dei suoi quadri più noti, ossia il David con la testa di Golia della Galleria Spada di Roma.

Orazio Gentileschi – David con la testa di Golia (1610-12 ca.) – Roma, Galleria Spada – Foto: Giulietta Vizzotto
Entrando nella sesta sezione la mostra rende omaggio alla figlia Artemisia, un’artista raffinata qui presente con tre opere: la Conversione di Santa Maria Maddalena di Palazzo Pitti, nella quale si pensa di riconoscere un suo autoritratto; il Ritratto di condottiero dalle raccolte comunali d’arte di Palazzo d’Accursio a Bologna e la Santa Maddalena di collezione privata. Le opere testimoniano il suo percorso artistico, parallelo a quello del padre negli anni Venti e Trenta del Seicento, quando si sposta tra Roma, Venezia e Napoli prima di raggiungerlo a Londra.
I dipinti eseguiti da Orazio nel periodo marchigiano tra il 1615 e il 1625 sono collocati nella settima sezione. Troviamo esposta la Visione di santa Francesca Romana della Galleria Nazionale delle Marche di Urbino e la Santa Cecilia che suona la spinetta e un angelo della Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia, opere eseguite poco prima del suo trasferimento a Genova nel 1621. Qui la sua pittura assumerà caratteri di eleganza aristocratica, che si possono notare nell’Annunciazione della Galleria Sabauda, inviata a Torino nel 1623 come dono al duca Carlo Emanuele I – nella mostra troviamo a confronto anche un dipinto di analogo soggetto della chiesa di San Siro a Genova – e il Davide con la testa di Golia della Galleria Nazionale delle Marche, tema sul quale Orazio si cimenterà più volte durante la sua carriera.

Orazio Gentileschi – Santa Cecilia che suona la spinetta e un angelo (1618-21 ca.) – Perugia, Galleria nazionale dell’Umbria – Foto: Giulietta Vizzotto
Da Genova alla corte inglese, ultima tappa del suo viaggio
Nell’ottava sezione troviamo le opere del periodo genovese, in cui l’artista lavora per varie famiglie patrizie, ottenendo un successo immediato. Qui si può ammirare Giuditta e Abra con la testa di Oloferne dei Musei Vaticani. Le opere esposte in questa sezione testimoniano il clima vivace di scambio artistico che caratterizza Genova negli anni di permanenza del maestro toscano. In città è presente Simon Vouet, che condivide con Gentileschi un’interpretazione del naturalismo caravaggesco di sensibile e raffinata eleganza cromatica e sentimentale.

Simon Vouet – David con la testa di Golia (1621 ca.) – Genova, Musei di strada nuova, Palazzo Bianco – Foto: Giulietta Vizzotto
Nella primavera del 1625 Gentileschi si dirige verso la Francia, chiamato dalla regina madre Maria de’ Medici. Dell’anno trascorso a Parigi rimane un’unica opera certa, la tela con La Felicità Pubblica che trionfa sui pericoli, oggi conservata al Louvre e visibile nella nona sezione della mostra.
Durante la permanenza parigina, nel mese di maggio del 1625 arriva il duca di Buckingham, George Villiers, potente favorito di Carlo I d’Inghilterra. Costui invita Orazio a Londra, dove arriva nel 1626 quasi sessantatreenne. Alla corte inglese Gentileschi incontra Antoon Van Dyck, pittore di corte del quale troviamo esposto nella decima sezione il magnifico ritratto de I tre figli maggiori di Carlo I d’Inghilterra della Galleria Sabauda. Lo stile del maestro fiammingo influenzerà molto l’ambiente inglese e lo stesso Gentileschi, che intrattiene con lui rapporti di amicizia, comprovati dal celebre ritratto disegnato dallo stesso Van Dyck, ora al British Museum.

Antoon Van Dyck – I tre figli maggiori di Carlo I d’Inghilterra (1635) – Torino, Musei Reali, Galleria Sabauda – Foto: Giulietta Vizzotto
Alla corte britannica la pittura di Orazio si fa chiara e preziosa, attenta ai valori dell’eleganza e della grazia compositiva, come si può vedere dal Mosè salvato dalle acque, tela del Museo del Prado, esposta per la prima volta in Italia e inviata nel 1633 come dono al re cattolico Filippo IV di Spagna, nel tentativo di ottenere il suo favore e poter così facilitare il suo ritorno in patria, presso il Granduca di Toscana. Tuttavia, il pittore rimarrà a Londra fino alla sua morte avvenuta il 7 febbraio del 1639.

Orazio Gentileschi – Mosè salvato dalle acque (1633) – Madrid, Museo Nacional del Prado – Foto: Giulietta Vizzotto
La mostra è stata prodotta e organizzata dai Musei Reali di Torino e Arthemisia, così come dalle curatrici Annamaria Bava e Gelsomina Spione, promossa dal Ministero della Cultura – Dipartimento per la valorizzazione del patrimonio culturale e dall’Università di Torino – Dipartimento Studi Storici. Nell’ambito dell’iniziativa Olimpiade Culturale di Milano Cortina 2026, il Mobility Partner Frecciarossa Treno Ufficiale permette a chi è in possesso di un biglietto ferroviario Frecciarossa, Frecciargento e Frecciabianca, con destinazione Torino, di accedere alla mostra con un biglietto a tariffa ridotta.
