La foiba di Pisino, in Istria – Autore foto: Michael J. Zirbes (Mijozi) Licenza: Wikimedia Commons

Sabato 10 febbraio ricorre in Italia il Giorno del Ricordo. In questa data, nella quale nel 1947 fu siglato il Trattato di Parigi, in virtù della legge n. 92 del 2004 vengono commemorate le vittime del Massacro delle Foibe, avvenuto in Istria, Venezia Giulia, Dalmazia, Quarnaro e a Fiume tra il 1943 ed il 1947.

Una descrizione del contesto storico in cui avvenne il massacro

Con il termine foibe sono indicate le cavità naturali presenti in talune regioni facenti parte dell’ex Jugoslavia e delle attuali Slovenia e Croazia, come la Venezia Giulia, la Dalmazia ed il Quarnaro con le sue isole e la città di Fiume. Tali suggestivi anfratti carsici furono purtroppo teatro di uno dei più cruenti eccidi del Novecento, che solo tra la fine degli anni ’90 e gli inizi del nuovo secolo è stato riconsiderato dall’opinione pubblica italiana. Passate tra il 1919 ed il 1920, all’indomani della prima guerra mondiale, dall’Impero Austro-Ungarico al Regno d’Italia le suddette regioni affacciate sul Mare Adriatico furono occupate dai tedeschi subito dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943.

Quello delle truppe naziste fu un prevedibile atto di ritorsione. Con la firma dell’accordo di Cassibile da parte del generale Giuseppe Castellano, in rappresentanza del maresciallo Pietro Badoglio, posto a capo del governo dal re Vittorio Emanuele III in seguito alla deposizione di Benito Mussolini, l’Italia aveva tradito Hitler ed il suo Reich schierandosi con gli Alleati, coalizione formata da Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Unione Sovietica. Proprio a quest’ultima potenza facevano riferimento, sul piano politico, i partigiani jugoslavi guidati da Josip Broz, meglio noto storicamente con lo pseudonimo di Tito, e le unità dell’OZNA, il Dipartimento per la Protezione del Popolo, che svolgevano servizi di spionaggio. Già nel corso degli ultimi mesi del 1943, tali forze politico-militari iniziarono a rioccupare alcune aree dell’Istria e della Dalmazia, trucidando sia gli abitanti italiani dichiaratamente fascisti e legati alla Repubblica Sociale Italiana di Salò (qui si era arroccato Mussolini dopo esser stato liberato dalla prigionia del Gran Sasso) sia quelli che, al di là di ogni appartenenza, si rifiutavano di sottostare al dominio dei comunisti slavi.

La modalità con cui furono uccise le vittime di questo massacro fu chiara e crudele sin da subito: gruppi di decine di condannati venivano incatenati e disposti lungo il limite delle foibe; ad essere direttamente sparati dai loro carnefici erano solo i primi membri di ciascuna fila, i quali però, precipitando nel vuoto, finivano involontariamente per coinvolgere anche gli altri compagni che spesso, prima di morire, trascorrevano diverse ore sui loro cadaveri. Nell’arco di questa prima fase dell’eccidio le vittime sarebbero ammontate a circa un migliaio o comunque poco meno.

La folla festante dopo il ritorno di Trieste all’Italia, 4 novembre 1954 – Licenza: Wikimedia Commons

Con la caduta di Hitler e del suo regime nell’aprile 1945, gli uomini di Tito, non trovando più alcuna opposizione dei tedeschi, poterono completare la riconquista delle regioni del confine orientale italiano. Se da un lato riuscirono ad occupare l’Istria, la Dalmazia, il Quarnaro e la Venezia Giulia, dall’altro, però, non fecero in tempo a raggiungere l’ambitissima città di Trieste. Infatti, l’ultima guarnigione nazista qui asserragliata presso la Fortezza di San Giusto era stata già sconfitta ed espulsa dalla Divisione Neozelandese guidata dal generale Freyberg. A partire dal maggio del 1945 il numero degli italiani “infoibati” crebbe ulteriormente: alcune stime parlano di circa 10 mila vittime mentre altre persino di oltre 20 mila. In realtà, secondo alcuni importanti studiosi che si sono occupati dell’argomento, come Raoul Pupo e Roberto Spazzali, in questi conteggi sono stati spesso inclusi anche coloro che furono deportati dai soldati di Tito nei campi di concentramento o nelle prigioni.

Lo sterminio degli italiani abitanti nelle regioni del confine orientale terminò con il Trattato di Parigi, stipulato il 10 febbraio del 1947. L’accordo non solo assegnò alla Jugoslavia quei territori che erano passati all’Italia in seguito alla vittoria nella Grande Guerra ma costrinse migliaia di connazionali ad abbandonare le proprie terre d’origine (si parla, infatti, a tal proposito di “esodo giuliano”) e a subire la confisca di beni e ricchezze accumulati nel corso di una vita.

Un’analisi sull’eccidio ed il suo lungo oblio presso l’opinione pubblica

La vicenda delle Foibe è stata oggetto di indagini da parte di una specifica Commissione italo-slovena, composta da vari studiosi designati dai governi dei due paesi, tra cui il già menzionato Raoul Pupo, per diversi anni docente di storia contemporanea all’Università di Trieste. In una relazione pubblicata dall’equipe di studio nel 2001, si legge di come il massacro degli italiani nelle regioni del confine orientale fosse avvenuto in un “clima di resa dei conti”. Due, in particolare, sarebbero state le motivazioni che avrebbero provocato questi cruenti eccidi: da un lato, la volontà, da parte di Tito e dei suoi partigiani, di eliminare “soggetti e strutture ricollegabili al fascismo, alla dominazione nazista, al collaborazionismo e allo stato italiano”; dall’altro, l’intento di abbattere, anche preventivamente, ogni forma di opposizione all’instaurazione di un regime jugoslavo comunista e filo-sovietico esteso lungo l’Adriatico orientale.                                         

La scoperta dell’ingresso di una fossa comune in Friuli nel secondo dopoguerra – Foto: ANSA Archive – Licenza: Wikimedia Commons

Ma perché il Massacro delle Foibe è finito per lungo tempo in una sorta di dimenticatoio presso l’opinione pubblica italiana? Una risposta al quesito può essere fornita attraverso un’analisi dello storico Luciano Garibaldi. Egli parla di una sorta di “coltre di silenzio” imposta dalle classi dirigenti nazionali soprattutto nei primi decenni successivi al secondo conflitto mondiale. Per quanto dominata, infatti, da un partito moderato come la DC (la Democrazia Cristiana), la scena politica italiana ha visto spesso la presenza di ministri esponenti del PSI (il Partito Socialista Italiano) e del PCI (il Partito Comunista Italiano) all’interno di governi cosiddetti di “centro-sinistra”. Inoltre, un dato che avvalora questa tesi è l’atteggiamento mostrato da alcuni di questi influenti personaggi pubblici. Garibaldi, a tal proposito, menziona il caso di Emilio Sereni, Ministro dell’Assistenza post-bellica del governo De Gasperi, il quale non solo ridusse presso stampa e opinione pubblica la portata della drammaticità dell’”esodo giuliano” (secondo lo storico sarebbero stati quasi 250 mila gli italiani costretti a fuggire dal regime di Tito) ma avrebbe ostacolato l’accesso di molti connazionali ai campi profughi di Trieste, primo e fondamentale hub dal quale poi avvenivano ulteriori spostamenti verso la penisola oppure altri paesi. Una circostanza che ha contribuito, sempre secondo Garibaldi, a riportare giustamente alla luce il Massacro delle Foibe è stata la fine della guerra fredda, simboleggiata dalla Caduta del Muro di Berlino il 9 novembre 1989. In virtù di tale avvenimento, infatti, al quale avrebbe fatto poi seguito la dissoluzione dell’Unione Sovietica, il 26 dicembre 1991, sarebbe venuto meno il “freno” posto dalle forze di estrema sinistra sull’opinione pubblica nazionale. A tal proposito appare emblematica la visita del 3 novembre 1991 dell’allora Presidente della Repubblica Enrico Cossiga al Monumento collocato presso la foiba di Basovizza. In tale occasione il Capo dello Stato, così come avrebbe poi fatto nel 2000 Papa Giovanni Paolo II, in qualità di massimo rappresentante della Chiesa Cattolica, nel commemorare le vittime della Shoah, pronunciò pubblicamente un mea culpa a nome delle classi dirigenti del passato per il loro complice silenzio su una terribile pagina di storia del ‘900 che è importante far conoscere soprattutto alle nuove generazioni.

Specifiche foto:
titolo: La foiba di Pisino, in Istria, che fece parte dell’Italia dal 1920 al 1947
autore: Michael J. Zirbes (Mijozi) – Opera propria, CC BY 3.0
licenza: Wikimedia Commons
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Titolo: La folla festante dopo il ritorno di Trieste all’Italia, 4 novembre 1954
Autore: Sconosciuto licenza: Wikimedia Commons
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Titolo: La scoperta dell’ingresso di una fossa comune in Friuli nel secondo dopoguerra
Autore: ANSA Archive – Perché ogni anno si litiga sulle foibe (in Italian). ilpost.it (February 16, 2021)., Pubblico dominio
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La foiba di Basovizza – Autore foto: Dans – Licenza: Wikimedia Commons

Titolo: La foiba di Basovizza
Autore: Dans – Opera propria, CC BY-SA 4.0,
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