Alba e Alice Rohrwacher – Licenza: CC BY-SA 4.0 via Wikimedia Commons

È iniziata il 13 maggio l’edizione 2025 del Festival di Cannes, uno degli appuntamenti più attesi e prestigiosi del panorama cinematografico internazionale.

Due percorsi distinti ma uniti da comuni radici

A rappresentare l’Italia, quest’anno, ci sono le sorelle Alba e Alice Rohrwacher. La prima, affermata attrice, è stata scelta come membro della giuria del Concorso ufficiale, presieduta dalla francese Juliette Binoche. La seconda, regista di grande sensibilità e originalità, farà invece parte della giuria della Caméra d’Or, il riconoscimento riservato alle migliori opere prime.

Cresciute in Toscana, da madre italiana e padre tedesco, Alba (nata nel 1979 a Firenze) e Alice Rohrwacher (nata nel 1981 a Fiesole) hanno intrapreso percorsi distinti nel mondo del cinema, ma profondamente connessi per sensibilità, radici culturali e affinità artistiche.

Alba, dopo la formazione al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, si è affermata come una delle interpreti più versatili del panorama italiano contemporaneo. La sua capacità di attraversare con naturalezza il cinema d’autore e quello più intimista l’ha portata a lavorare con alcuni dei registi più importanti del nostro tempo, tra cui Marco Bellocchio, Luca Guadagnino e Saverio Costanzo. Il suo talento è stato riconosciuto con numerosi premi, tra cui due David di Donatello e una Coppa Volpi alla Mostra del Cinema di Venezia.

Alice, di due anni più giovane, ha seguito inizialmente un percorso accademico, laureandosi in Lettere e specializzandosi in sceneggiatura e documentari. Il suo esordio alla regia con Corpo celeste (2011) ha rivelato una voce autoriale già matura, confermata e consacrata dai successivi Le meraviglie (Grand Prix della Giuria a Cannes, 2014) e Lazzaro felice (premio per la miglior sceneggiatura a Cannes, 2018). Il suo cinema, sospeso tra realismo e fiaba, racconta con delicatezza e profondità l’Italia rurale, l’infanzia, la memoria e l’identità.

Le due sorelle hanno collaborato in diverse occasioni: Alba è spesso apparsa nei film diretti da Alice, dando volto e voce a personaggi nati da un immaginario comune, condiviso fin dall’infanzia. La loro sintonia, umana e artistica, ha contribuito a costruire un linguaggio cinematografico unico, capace di coniugare intimità e universalità, tradizione e innovazione.

Alba Rohrwacher: una carriera fra intensità e coerenza artistica

Alba Rohrwacher ha saputo costruire nel tempo una carriera solida, fatta di scelte artistiche meditate e ruoli spesso legati a un cinema di ricerca, che privilegia la profondità psicologica e la complessità dei sentimenti rispetto alla spettacolarità. La sua presenza scenica è caratterizzata da un’intensità discreta, capace di trasmettere emozioni forti anche attraverso il silenzio, lo sguardo, la misura nei gesti.

Alba Rohrwacher at the 2025 Cannes Film Festival – Foto: Gabriel Hutchinson – Licenza: CC BY-SA 4.0 via Wikimedia Commons

Dopo gli esordi nei primi anni Duemila, l’attenzione della critica arriva con film come Giorni e nuvole (2007) di Silvio Soldini, in cui interpreta la figlia di una coppia borghese travolta dalla crisi economica, mostrando già una notevole maturità espressiva. Da allora, la sua filmografia si è arricchita di interpretazioni memorabili. In La solitudine dei numeri primi (2010), tratto dal romanzo di Paolo Giordano e diretto da Saverio Costanzo, incarna una donna segnata da un’infanzia traumatica, in un ruolo che le consente di esplorare con rara intensità i temi della fragilità, dell’isolamento e della difficoltà relazionale.

Con Vergine giurata (2015) di Laura Bispuri, presentato in concorso a Berlino, si confronta con un personaggio profondamente enigmatico, ispirato a una tradizione balcanica secondo cui una donna può scegliere di vivere come uomo rinunciando alla propria femminilità. Alba Rohrwacher restituisce con forza interiore e sensibilità una riflessione sul genere, l’identità e la libertà individuale.

Ha inoltre lavorato con registi di grande rilievo come Daniele Luchetti (Anni felici, 2013), Marco Bellocchio (Sorelle Mai, 2010) e Luca Guadagnino, con cui ha collaborato in Io sono l’amore (2009), e più di recente è stata la voce narrante in Io Capitano (2023) di Matteo Garrone, a testimonianza della fiducia che molti autori ripongono nella sua capacità di dare corpo e anima anche ai personaggi più sfumati.

Il sodalizio artistico con la sorella Alice ha rappresentato un filo rosso nella sua carriera. Alba è apparsa in tutti i lungometraggi diretti da Alice, interpretando spesso ruoli che si inseriscono con naturalezza nell’universo poetico e simbolico costruito dalla regista: dalla madre silenziosa e inquieta de Le meraviglie (2014) alla voce narrante in Lazzaro felice (2018), fino alla figura eterea e misteriosa in La chimera (2023), il suo contributo ha sempre saputo arricchire l’immaginario del cinema della sorella con una presenza magnetica e intensa.

Alice Rohrwacher: il realismo magico del cinema italiano contemporaneo

Il percorso registico di Alice Rohrwacher si distingue fin dall’inizio per un’impronta personale, riconoscibile e profondamente radicata in una visione del mondo che coniuga realismo, memoria e incanto. Il suo sguardo si posa spesso sulle periferie geografiche ed esistenziali, raccontando la provincia italiana non con nostalgia, ma con uno stupore autentico, come uno spazio dove la realtà e la favola possono convivere.

Alice Rohrwacher – Foto: Simona pampallona – Licenza: CC BY-SA 4.0 via Wikimedia Commons

Il debutto con Corpo celeste (2011), ambientato in una Reggio Calabria segnata da contrasti sociali e spirituali, rivela subito una sensibilità fuori dal comune. Il film racconta il percorso di formazione di una ragazzina che, appena rientrata dall’estero, si confronta con una religiosità rituale e svuotata. Rohrwacher mette in scena la tensione tra fede e istituzione con uno stile asciutto ma evocativo, facendo emergere con grande delicatezza i turbamenti e i desideri dell’adolescenza.

Con Le meraviglie (2014), selezionato in concorso a Cannes e vincitore del Grand Prix Speciale della Giuria, Alice attinge alla sua esperienza personale, ambientando il racconto nella campagna umbra in cui è cresciuta. Il film segue una famiglia dedita all’apicoltura e in particolare la giovane Gelsomina, figura sospesa tra infanzia e maturità, tra obbedienza e desiderio di emancipazione. La presenza di un surreale concorso televisivo – condotto da una Monica Bellucci in chiave onirica – rompe il naturalismo del racconto, introducendo un elemento favolistico che diventerà cifra distintiva della regista.

Nel 2018, Lazzaro felice consacra Alice come una delle voci più originali del cinema europeo. Il film, ambientato in una campagna senza tempo, racconta la storia di Lazzaro, un giovane contadino ingenuo e puro, che attraversa epoche e mondi senza perdere la sua innocenza. La regista mescola riferimenti al Vangelo, al neorealismo italiano e alla struttura della fiaba, dando vita a un’opera potente e visionaria che riflette sullo sfruttamento, sulla diseguaglianza e sulla perdita del legame con la natura.

Nel suo film più recente, La chimera (2023), presentato al Festival di Cannes e accolto con grande favore, Alice esplora i temi del lutto, della memoria e del sacro. Ambientato nel mondo dei tombaroli – saccheggiatori di tombe etrusche – il film è un viaggio tra rovine antiche e ferite interiori, dove il protagonista, interpretato da Josh O’Connor, cerca un contatto impossibile con l’aldilà. Ancora una volta, la regista intreccia presente e passato, realtà e mito, costruendo un’opera stratificata e densa di significati simbolici.

Lo stile di Alice Rohrwacher si riconosce in un uso sapiente della luce naturale, in una narrazione che sfugge alla linearità e in un costante equilibrio tra il documentario e la visione. Il suo è un cinema che interroga il tempo, che dà voce a chi resta ai margini, che restituisce dignità a spazi e volti spesso dimenticati. Una voce profondamente etica, capace di parlare all’universale partendo dal locale.

La chimera – Foto: Digital-News (com.stampa) – Licenza: CC BY-NC-SA 4.0

Il valore di una presenza che parla al mondo

La presenza congiunta di Alba e Alice Rohrwacher al Festival di Cannes 2025 – rispettivamente nelle giurie del Concorso ufficiale e della Caméra d’Or – non è soltanto un riconoscimento individuale del loro talento, ma rappresenta anche un segnale forte del rilievo che il cinema italiano continua ad avere sulla scena internazionale. Le sorelle Rohrwacher, con le loro carriere parallele e complementari, incarnano due modi diversi ma profondamente connessi di intendere l’arte cinematografica: da un lato, la forza dell’interpretazione, capace di dare voce ai sentimenti più intimi e universali; dall’altro, la visione registica, che trasforma la realtà in racconto poetico e riflessione collettiva. Il loro sguardo, sempre attento ai margini, alle fragilità, all’umano nella sua essenza più autentica, è oggi più che mai necessario in un panorama culturale che rischia spesso di smarrire profondità e verità. A Cannes, tra le luci dei riflettori e le aspettative del grande cinema, le sorelle Rohrwacher portano con sé non solo la qualità della loro opera, ma anche un’idea di cinema come strumento di conoscenza, resistenza e bellezza. Un cinema che guarda lontano, ma non dimentica mai da dove viene.

Specifiche foto dal web

Titolo: Alba Rohrwacher al Festival di Cannes 2025
Autore: Gabriel Hutchinson Fotografia
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Titolo: Alice Rohrwacher-5050
Autore: Harald Krichel
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Titolo: Alba Rohrwacher at the 2025 Cannes Film Festival
Autore: Gabriel Hutchinson Fotografia
Licenza: Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.
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Titolo: Alice Rohrwacher
Autore: Simona pampallona
Licenza: CC BY-SA 4.0 via Wikimedia Commons
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Titolo: La Chimera
Autore: Digital-News (com.stampa)
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