Il Castello visto dal parco – Foto: Giulietta Vizzotto
Una storia di splendore, oblio e rinascita.
a cura di Giulietta Vizzotto
Situato all’imbocco della Val Chisone e della Val Pellice, nel comune di San Secondo di Pinerolo, il castello di Miradolo è un affascinante esempio di architettura neogotica costituito da una parte nobiliare e una parte rurale.
Le sue origini
Le prime notizie certe sulla sua origine sono emerse dai catasti del XVII e XVIII secolo dove, già nel Seicento, risultava esserci una cassina con ampi terreni, vigne e frutteti di proprietà della famiglia Macello che, pur non possedendo alcun feudo, risultava essere proprietaria di ampi possedimenti terrieri nella zona.

La cascina e il cortile – Foto: Giulietta Vizzotto
Nel 1759 Giovanni Battista Macello cambiò il nome della propria famiglia in Massel e acquistò il marchesato di Caresana.
Qualche anno dopo Maurizio Massel, figlio di Giovanni Battista e secondo marchese di Caresana, iniziò il restauro e l’ampliamento degli edifici rustici di Miradolo in modo da rendere il sito un’elegante dimora nobiliare, circondata da un giardino all’italiana con vigne, frutteti, una peschiera e i terreni circostanti utilizzati a scopo agricolo per ricavarne foraggio.
Sfortunatamente le guerre napoleoniche interruppero le opere di ristrutturazione volute dal marchese e, durante questo periodo, il castello fu anche saccheggiato.

L’interno della cascina – Foto: Giulietta Vizzotto
Nuovo assetto con la marchesa Babet
Nell’Ottocento il Castello e il Parco tornarono a risplendere grazie a Maria Elisabetta Ferrero della Marmora (detta Babet) che nel 1816, rimasta vedova del marchese Maurizio Massel con tre figli piccoli, decise di non risposarsi e di iniziare ad occuparsi personalmente del patrimonio di famiglia, vivendo da sola tra Miradolo, Pinerolo e Torino.
Riuscì, in questo modo, a consolidare il patrimonio di famiglia, ricostruendo quanto della proprietà era stato distrutto dalle battaglie napoleoniche e gestendo affari solitamente ad appannaggio degli uomini: si occupò dei restauri, riparò i rustici, erogò prestiti e curò appalti.

L‘ingresso del Castello – Foto: Giulietta Vizzotto
Tra il 1820 e il 1839 Maria Elisabetta si occupò principalmente del Castello e le prime opere di restauro riguardarono proprio la facciata del Palazzo, che fu rivista in stile neogotico per opera dell’architetto Talucchi, il quale realizzò anche la citroniera e la torre rotonda.
La ristrutturazione del Parco venne affidata al celebre architetto paesaggista Xavier Kurten che lo trasformò in un giardino all’inglese, ampliando i confini e conferendo al parco un nuovo assetto; la peschiera, voluta dal defunto marchese Maurizio, venne demolita per far posto ad un laghetto di gusto romantico.

Vista del parco – Foto: Giulietta Vizzotto
Il cenacolo culturale di Teresa e Sofia
Nel 1866 la marchesa Teresa Massel, nipote di Babet, andò sposa al conte Luigi Cacherano di Bricherasio che, in occasione delle nozze, fece apporre gli stemmi delle due casate e completò la ristrutturazione in stile neogotico del palazzo, aderendo così al gusto neomedioevale promosso in tutto il Piemonte dalla Corte Sabauda di Carlo Alberto. Il parco venne impreziosito con l’inserimento di nuove specie, soprattutto esotiche, seguendo il gusto che si era diffuso tra i nobili in quel periodo.
Dalle nozze nacquero due figli: Sofia ed Emanuele. Emanuele diventò tenente di cavalleria; appassionato di automobili, intuì le grandi potenzialità dell’industria meccanica, creò l’ACI – Automobile Club Italiano – e nel 1899 fu tra i soci fondatori della FIAT, della quale all’inizio fu il maggior azionista. Morì in circostanze misteriose nel 1904 all’età di 34 anni al castello di Aglie’ (TO).
La sorella Sofia, donna di grande cultura, allieva prediletta del pittore Lorenzo Delleani, viaggiò in Italia e all’estero interessandosi sia di agricoltura che di pittura.
Il castello di Miradolo, grazie a lei e alla madre Teresa, diventò un vero e proprio cenacolo culturale.

Veduta esterna del Castello – Foto: Giulietta Vizzotto
Gli anni dell’oblio
Nel 1950 muore la contessa Sofia, ultima erede della casata, lasciando in eredità il castello di Miradolo, con altre proprietà, ad una congregazione religiosa che cambiò la destinazione d’uso del maniero, facendolo diventare una casa per esercizi spirituali e una residenza estiva per anziani.
Purtroppo vennero effettuati pesanti interventi, in molti casi irreversibili e non rispettosi della storicità del luogo, trasformandone la struttura, le finizioni e le decorazioni degli ambienti. Gli arredi originari vennero venduti o furono rubati.
Anche il parco pagò un prezzo altissimo: molti alberi vennero abbattuti per venderne la legna e furono sostituiti con varietà botaniche del tutto inadeguate e comunque lontane da quelle pensate nel disegno originario.
A metà degli anni Novanta la struttura venne abbandonata e cadde in un totale stato di abbandono, degrado e incuria.

Vista del parco – Foto: Giulietta Vizzotto
La rinascita
Nel 2007 un gruppo di privati acquista il Castello e il suo Parco che, dall’anno successivo, diventa sede della Fondazione Cosso, nata per volontà di Maria Luisa Cosso Eynard e della figlia Paola Eynard, con l’obiettivo di avvicinare le persone all’arte, alla musica, alla natura e ad ogni forma di bellezza, così da promuovere la cultura come uno strumento indispensabile per comprendere la complessità del mondo e di se stessi.
Tra i progetti strategici della Fondazione Cosso vi è proprio il restauro e il recupero del Castello di Miradolo e del suo Parco, per restituirlo alla comunità non solo come luogo di interesse storico ma anche come un centro di produzione culturale e polo di educazione alla creatività, ispirandosi e rievocando quel cenacolo che la contessa Sofia di Bricherasio aveva saputo creare intorno a se tra Ottocento e Novecento.

Vista esterna della serra – Foto: Giulietta Vizzotto
L’imponente opera di restauro è ora visibile al visitatore, che può ammirare il recupero delle sale del primo piano con i loro affreschi e la Cappella; il ripristino della Serra, della Torre rotonda, della corte interna, con l’atelier di pittura della contessa Sofia, e di tutti gli edifici rustici nei quali si possono contemplare ambienti che ripropongono rappresentazioni di vita contadina con gli utensili domestici e quelli del lavoro nei campi.
Nel 2024, dopo due anni di lavori, si completa anche la fase di recupero paesaggistico del Parco, ora visitabile attraverso un percorso con audioguide che illustrano tutte le specie botaniche presenti nel giardino: alberi maestosi e centenari, tra cui 5 esemplari monumentali, una collezione di camelie storiche e ortensie, oltre a numerose specie esotiche; tra tutte il bosco di bambù giganti incanta per il suo fascino.

Il bosco di bambù – Foto: Giulietta Vizzotto
Numerose le attività che la Fondazione Cosso organizza, fra le quali importanti mostre d’arte, curando ogni aspetto del progetto espositivo dall’ideazione all’allestimento. Il Castello e il Parco sono accessibili in sicurezza a chiunque. Visite e percorsi guidati per scuole e gruppi sono possibili tutto l’anno su prenotazione. Oggi, grazie alla Fondazione Cosso, la dimensione storica del complesso viaggia di pari passo con la contemporaneità operando in ambiti diversi: arte, musica, natura, didattica e sociale, per poter offrire un’offerta culturale ampia e di alto livello, basata sulla ricerca e sulla sperimentazione, indirizzata a famiglie, scuole, soggetti fragili e visitatori di tutte le età.