Pedro Almodovar – Autore foto: T Wei – Licenza: CC BY 2.0 by Flickr

Un ritratto del regista spagnolo che ha ridefinito il linguaggio cinematografico europeo attraverso colori audaci, personaggi femminili intensi e storie di identità, desiderio e libertà.

Le origini e la formazione tra provincia e capitale

Pedro Almodóvar Caballero, nato a Calzada de Calatrava nel 1949, è oggi universalmente riconosciuto come uno dei più autorevoli cineasti europei. Regista, sceneggiatore, produttore, scrittore e persino musicista, ha saputo imporsi con uno stile unico e personale, guadagnandosi il plauso della critica internazionale e numerosi premi, tra cui due Oscar, cinque BAFTA, due Golden Globe, due Emmy Awards e due Leoni d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia. La sua cifra espressiva, immediatamente riconoscibile, ha attraversato decenni, adattandosi ai mutamenti della società ma conservando sempre una profonda coerenza tematica ed estetica.

Trasferitosi in Estremadura all’età di otto anni, Almodóvar trascorre l’infanzia tra gli ambienti educativi dei frati francescani e salesiani. Ma è a Madrid, a sedici anni, che la sua vocazione artistica si consolida. Benché non riesca ad accedere alla Scuola Nazionale di Cinema – chiusa dal regime franchista – inizia a lavorare alla compagnia nazionale Telefónica. Parallelamente si avvicina al teatro d’avanguardia, entrando nel collettivo Los Goliardos, e pubblica racconti e fumetti su riviste underground. È in questo contesto che inizia a girare i primi cortometraggi in Super 8.

Dall’underground al successo internazionale

Nel 1980 firma il suo primo lungometraggio ufficiale, Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio, dando il via a una stagione cinematografica provocatoria e irriverente, in cui mescola ironia e tragedia, grottesco e surreale. Titoli come Labirinto di passioni, Che ho fatto io per meritare questo? e Matador esplorano l’ambiguità sessuale, la critica religiosa e le dinamiche familiari, tracciando i contorni del suo universo narrativo. Il 1988 segna la svolta: con Donne sull’orlo di una crisi di nervi, Almodóvar ottiene la consacrazione internazionale, accedendo per la prima volta agli Oscar e imponendosi come autore di culto. Da allora, ogni decennio vede nuove opere che affinano la sua poetica e ampliano la sua fama globale.

La maturità artistica: amore, identità, introspezione

Negli anni Novanta e Duemila, Almodóvar approfondisce i suoi temi ricorrenti – l’identità sessuale, la maternità, la solitudine – in film come Tutto su mia madre, La mala educación e Parla con lei, vincitore del premio Oscar per la migliore sceneggiatura originale. Con La pelle che abito del 2011, ispirato da un romanzo francese, esplora il corpo come luogo di trasformazione e violenza, segnando l’ingresso in una fase più oscura e introspettiva del suo cinema. Il suo stile si fa sempre più raffinato, ma non perde il tocco kitsch e la volontà provocatoria delle origini, in una continua tensione tra forma e contenuto.

Locandina del film ‘Tutto su mia madre’ – Autore foto: Susanlenox – Licenza: Opera di pubblico dominio by Flickr

Donne, desiderio e travestimenti: l’anima del suo cinema

Elemento cardine del suo universo narrativo è la figura femminile, indagata in tutte le sue sfumature: madri, sorelle, amiche, prostitute. L’ascolto delle donne durante gli anni alla Telefónica e il rapporto con la madre Francisca, spesso presente in piccoli ruoli, diventano fonte d’ispirazione costante. Il corpo, spesso oggetto di trasformazione fisica e simbolica, è un altro centro tematico, così come lo sono gli spazi di transizione: aeroporti, camerini, discoteche; luoghi in cui le identità si moltiplicano e si ridefiniscono. Almodóvar celebra la libertà, anche nella sua forma più scandalosa e scomoda, incarnando pienamente lo spirito liberatorio della movida, di cui fu uno dei principali interpreti.

Uno stile inconfondibile tra melodramma e ironia

Il regista spagnolo ha attraversato diverse fasi stilistiche: da quella sperimentale dei primi film alla perfezione formale degli anni Ottanta, fino ai melodrammi sociali e alle riflessioni intime più recenti. Il suo cinema è un insieme di eccesso visivo, audacia narrativa e raffinato gusto estetico. I colori – il rosso su tutti – diventano segni emotivi, mentre la scelta di coinvolgere in modo ricorrente attori come Penélope Cruz, Antonio Banderas e Carmen Maura costruisce una sorta di ‘famiglia’ cinematografica. Tra le sue influenze dichiarate figurano maestri come Buñuel, Fassbinder, Fellini e Sirk, che convivono in una sintesi originale e profondamente personale.

Almodovar con Penelope Cruz e Antonio Banderas al Premio Goya 2020 – Autore foto: Pedro J Pacheco –
Licenza: CC BY-SA 4.0 via Wikimedia Commons

Almodóvar, un classico del nostro tempo

A più di quarant’anni dal suo debutto, Pedro Almodóvar continua a sorprendere, emozionare e dividere. Con il suo ventunesimo film, Dolor y gloria (2019), considerato da molti il più personale, conferma il suo ruolo di autore imprescindibile del cinema contemporaneo. Ha saputo evolversi, passando da simbolo della rottura post-franchista a cantore delle fragilità umane, sempre fedele alla propria visione. In un panorama cinematografico sempre più globalizzato e uniforme, Almodóvar rappresenta una voce unica, capace di unire provocazione e poesia, politica e sentimento, estetica e introspezione. Nessuno, in effetti, è come lui.

Specifiche foto dal web

Titolo: Pedro Almodovar
Autore: T Wei
Licenza: CC BY 2.0 by Flickr
Link: https://www.flickr.com/photos/96570017@N07/9736005117
Foto modificata

Titolo: All about my mother (1999)
Autore: Susanlenox
Licenza: Opera di pubblico dominio by Flickr
Link: https://www.flickr.com/photos/jumborois/6870891494
Foto modificata

Titolo: Premios Goya 2020 – Equipo Dolor y gloria (Cruz, Almodóvar, Banderas)
Autore: Pedro J Pacheco
Licenza: CC BY-SA 4.0 via Wikimedia Commons
Link: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Premios_Goya_2020_-_Equipo_Dolor_y_gloria_%28Cruz,_Almod%C3%B3var,_Banderas%29.jpg
Foto modificata

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