L’edizione speciale del vinile per i 30 anni dell’album “Neck and Neck” di Mark Knopfler e Chet Atkins – Foto: Giorgio Manusakis
Il Long playing microgroove record, noto più comunemente con la sigla LP, ha segnato una svolta nell’ascolto della musica.
Per decenni il Long Playing – detto anche 33 giri – ha rappresentato l’unica modalità con cui i musicofili di ogni tipo hanno potuto dare sfogo alla propria passione, ed è stato il mezzo che più ha contribuito alla diffusione del genere popolare in tutto il mondo. L’amore per il vinile non si è spento neanche con l’avvento di nuove tecnologie – compreso il digitale – che permette a tutti di ascoltare musica gratis o a prezzi irrisori rispetto al passato; anzi, nell’ultimo decennio ha trovato nuovi appassionati anche nelle generazioni più giovani.
La storia delle registrazioni musicali e del disco fino al 1948
Certamente il disco fonografico ha rappresentato una delle innovazioni più significative della storia della registrazione e riproduzione sonora. Nacque alla fine del XIX secolo e dalle prime incisioni meccaniche si è evoluto attraverso continue innovazioni tecniche, contribuendo a ridefinire l’esperienza dell’ascolto, i consumi e l’industria discografica.
Se escludiamo la realizzazione del fonoautografo, brevettato nel 1857 da Léon Scott – uno strumento che registrava le onde sonore, ma il cui scopo era la semplice analisi grafica del suono – la storia della registrazione finalizzata al riascolto nasce nel 1877 con l’invenzione del fonografo da parte di Thomas Edison (più noto per essere stato l’inventore della lampadina). Si trattava di una grossa macchina imperniata su un rullo di ottone. Sul suo cilindro era tracciato un solco a spirale mentre sulla carta stagnola che ricopriva il rullo stesso veniva tracciata una linea dalla puntina collegata a una membrana vibrante, la quale così imprimeva un tracciato delle onde sonore; successivamente è stata aggiunta una membrana elastica che ne avrebbe consentito la riproduzione. Il suo utilizzo principale era la registrazione di informazioni, ma ben presto divenne il mezzo per ascoltare in privato grandi brani d’orchestra.
Il primo vero disco nasce, però, solo 10 anni dopo, quando Emile Berliner introdusse il grammofono e il disco piatto. Quest’ultimo fu una prima grande innovazione perché rendeva più facile la produzione seriale e, quindi, la diffusione commerciale. Sino alla fine degli anni Quaranta del secolo scorso i dischi erano prodotti in gommalacca (un rivestimento di durevolezza e durezza superiori che, a titolo di curiosità, è anche il nome di un album di Franco Battiato del 1998). Caratterizzati da grandi solchi incisi, essi avevano la velocità di 78 giri al minuto, ragion per cui potevano garantire una registrazione di pochi minuti per lato.

Uno dei grammofoni in esposizione alla Casa Museo Caruso di Napoli – Foto: Giorgio Manusakis
Come detto, per utilizzare i dischi venivano usati i grammofoni meccanici o con carica a molla. La qualità sonora non era ottimale, ma fu un formato che ebbe subito successo perché introdusse la logica della ripetibilità e dell’archiviazione. Inoltre, grazie alla standardizzazione dei processi produttivi, furono poste le basi per una fruizione domestica e seriale della musica.
L’introduzione del disco a 33 giri in vinile: dalla crisi alla rinascita
Una forte accelerata nella produzione di dischi si registra il 21 giugno 1948, quando la Columbia Records presenta al Waldorf-Astoria Hotel di New York il Long playing microgroove record, disco in vinile (materiale gommoso di cloruro di polivinile, detto PVC, plastico, rigido ma versatile, flessibile e modellabile) a 33⅓ giri/min (LP, Long Play). Il presidente della casa discografica Ted Wallerstein dimostrò la straordinaria durata di questo supporto che per la prima volta permetteva di ascoltare un’intera sinfonia. Il primo 33 giri commercializzato dalla Columbia, che puntò su questo nuovo formato per aprire il mercato delle registrazioni di musica classica, fu il Concerto per violino in Mi minore di Mendelssohn.
Fu una vera rivoluzione in quanto il vinile, di dimensioni più piccole (circa 30 cm e mezzo), offriva una qualità sonora superiore e una maggiore resistenza rispetto alla gommalacca, oltre che una durata fino a 25 minuti per lato grazie all’innovazione dei microsolchi. Meno di un anno dopo, il 31 marzo 1949, fu la concorrente RCA Victor a pubblicizzare il primo 45 giri – disco sempre in vinile – pubblicando il brano singolo Texarkana Baby di Eddy Arnold.

La stampa in picture disc del 45 giri dei Dire Straits “Brothers in Arms” – Foto: Giorgio Manusakis
Inizia così l’era dell’album, con il boom degli anni Sessanta e Settanta: tutte le più grandi band del mondo e i più grandi artisti devono molto a questo supporto, che ha consentito al grande pubblico di acquistare la loro musica e ascoltarla ovunque con un giradischi. Per comprendere la dimensione del fenomeno basta citare un dato: nel 1978 viene venduto in tutto il mondo circa un miliardo di dischi 33 giri; è l’anno che segna l’apice del successo di questo supporto.
Il cambiamento epocale portato dall’avvento del 33 giri è ben riassunto dal grande trombettista Miles Davis, che nella sua biografia ha sottolineato come la creazione del Long Playing abbia permesso di esprimere anche le lunghe improvvisazioni jazzistiche, proprie degli assoli dei singoli musicisti e precluse, in precedenza, dai limiti di durata del disco.
Mentre l’introduzione di nastri e musicassette non fermò il commercio dei 33 e 45 giri, con l’avvento, nel 1982, del Compact Disc – o CD (supporto digitale sviluppato da Philips e Sony) – il vinile iniziò una ripida parabola discendente. I nuovi dischi garantivano, infatti, durata e portabilità, nonché una fedeltà sonora teoricamente superiore. La digitalizzazione degli anni Novanta portò a un crollo del mercato del vinile, che pur sopravvivendo venne relegato in una nicchia frequentata da collezionisti e appassionati.

L’edizione limitata del CD “Sultans of Swing” dei Dire Straits – Foto: Giorgio Manusakis
Gli anni 2000 segneranno un’inversione di tendenza. Si assiste, infatti, ad un’inaspettata ripresa del commercio dei vinili, non solo per un riverbero di rinata passione dei nostalgici, ma anche, e soprattutto, per il neonato interesse dei giovani verso un oggetto che ha rappresentato qualcosa di importante per la società di quei tempi in piena rivoluzione economica e culturale.
Il disco per appassionati di ieri e di oggi
Il disco nella sua evoluzione storica è stato chiamato a soddisfare le esigenze dei cultori della musica in tutti i suoi ambiti. Inizialmente il genere ascoltato su supporti a 78 giri era prevalentemente quello classico. L’acquisto di tali prodotti permetteva a chiunque avesse questa passione (e la disponibilità economica) di ascoltare opere o arie celebri interpretate da noti cantanti (uno per tutti Enrico Caruso). Il mercato piano piano si allargò ricomprendendo operette, musica napoletana, romanze e le prime canzoni di musica leggera.

Uno dei vinili originali di Enrico Caruso in esposizione alla Casa Museo Caruso di Napoli – Foto: Giorgio Manusakis
Tuttavia, furono lo sviluppo di altri generi musicali – soprattutto il jazz, il pop e il rock – e l’avvento del 33 giri a dare grande impulso alla vendita di dischi. Nel periodo di maggior seguito, tra il 1960 e il 1980, il nuovo formato non fu solo il mezzo standardizzato di diffusione della musica, ma divenne anche un oggetto culturale. L’introduzione del vinile, infatti, portò con sé un altro fenomeno: la creazione di copertine artistiche degli album, soprattutto di singoli interpreti e di band pop e rock. Le illustrazioni sulle custodie degli LP divennero parte integrante dell’esperienza musicale; un incontro tra arti visive, fotografia e design grafico, che ha portato alla realizzazione di opere entrate nell’immaginario collettivo.
Questo formato di distribuzione ha dato vita, a cavallo di quegli anni, a capolavori iconici: Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles, progettato da Peter Blake e Jann Haworth, ha una copertina rivoluzionaria che raffigura il gruppo circondato da una folla di personaggi storici, culturali e artistici.
O ancoraThe Velvet Underground & Nico (1967) dei Velvet Underground, la cui copertina, disegnata da Andy Warhol (che fu anche produttore del disco), presenta una banana gialla su sfondo bianco, originariamente adesiva e rimovibile. Un’immagine divenuta simbolo dell’avanguardia newyorkese.
Bella e iconica è anche la custodia di Abraxas di Santana (1970) in cui è riprodotto il dipinto Annunciation (1961) del pittore tedesco Mati Klarwein.
Per finire, The Dark Side of the Moon (1973), dei Pink Floyd. Nella copertina minimalista, realizzata da Hipgnosis e George Hardie, un prisma rifrange la luce su uno sfondo nero, richiamando pertanto i temi del disco: alienazione, tempo, follia.

Il vinile di “The Dark Side of the Moon” dei Pink Floyd – Foto: Aldo Cavini Benedetti -Licenza: CC BY-NC-SA 2.0 by Flickr
Il long playing diventa quindi il formato in cui gli artisti rock e pop cominciano a immaginare la propria musica e finisce per rappresentare un simbolo di appartenenza generazionale e culturale. Proprio quest’ultimo carattere e il valore estetico assunto dal vinile nel passato sono state le prime molle che hanno spinto anche le nuove generazioni a riavvicinarsi al ‘vecchio’ supporto analogico.
Dalla seconda metà del primo decennio degli anni Duemila, l’LP ha visto una nuova giovinezza, con un aumento delle sue vendite come prodotto di nicchia e successivamente, dal 2010, con una vera e propria crescita esponenziale del mercato.
In Italia (come nel resto del mondo) i dati parlano da soli: secondo uno studio di Deloitte per FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana), dopo 30 anni il vinile è tornato a superare il CD per vendite, con un incremento, nel primo trimestre del 2021, del 121% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, generando maggiori ricavi rispetto al suo ‘competitor’, che ha invece segnato un sensibile calo. In un mercato ormai dominato dallo streaming, il classico LP si difende e con il suo 11% rappresenta nel nostro Paese il supporto fisico musicale più venduto.
I fattori che hanno contribuito alla rinascita del vinile
Il significativo ritorno del vinile, passato da prodotto di nicchia a supporto fisico musicale più venduto, è stato guidato dalla combinazione di diversi fattori (tecnologici, di strategia commerciale, di comunicazione), ma ciò è stato reso possibile solo grazie alla mai sopita attenzione degli appassionati e dei collezionisti del disco, che hanno mantenuto vivo l’interesse per questo supporto – magari trasmettendolo ai figli – giocando un ruolo essenziale per non farlo cadere nell’oblio.
Oggi la diffusione dei dischi in vinile passa per i collezionisti, gli audiofili, ma anche per i DJ, che li detengono come beni che hanno un valore sì commerciale ma anche storico e culturale. Ciò ha spinto le etichette discografiche a incoraggiarne la promozione e la vendita, anche mediante l’organizzazione di eventi e le produzioni di album in edizione limitata o de luxe.

L’edizione limitata del vinile di Luciano Ligabue “7” – Foto: Giorgio Manusakis
In quest’ottica, non solo le ristampe ma anche molti nuovi lavori, proposti da diversi artisti contemporanei, sono immessi sul mercato su supporti in PVC, spesso con una particolare attenzione al design e alla qualità sonora.
Il vinile moderno, rispetto a quello passato, è spesso realizzato con materiale di alta qualità e ha un maggior peso (generalmente 180 grammi) che ne garantisce ulteriormente stabilità e durata. Sul moderno processo di mastering in digitale oggi usato (attività che ha lo scopo di risolvere eventuali problemi, migliorare e rendere omogeneo l’album), alcuni puristi storcono, però, il naso, continuando a preferire il suono analogico dei vecchi LP.
Se si chiede ad un amante del vinile il perché della preferenza, ancora oggi, per questo supporto – per molti cultori del suono perfetto esso rappresenta il passato – la risposta è univoca e incentrata sulla incomparabile soddisfazione di sentire, con cuffie di alta qualità e un buon giradischi stereo, anche quei soffusi fruscii (che però non si sentono se si ha un impianto di ottima qualità e regolato perfettamente) e quelle variazioni che rendono il suono più caldo, reale, quasi da toccare, rispetto al vuoto assoluto che circonda una copia digitalizzata. Va anche detto che il vinile, se tenuto con cura, è l’unico supporto musicale praticamente indistruttibile, contrariamente ai CD e ai file audio digitali che, superati i dieci anni, spesso si deteriorano e fanno sì che le tracce saltino o addirittura siano inascoltabili.

La chiavetta USB con il concerto di Mark Knopfler a Bucarest del 25.04.2013 – Foto: Giorgio Manusakis
La discussione tra appassionati sulla differenza percepita tra il suono analogico del vinile e quello digitale è sempre viva, ma le posizioni rimangono cristallizzate, e probabilmente non si incontreranno mai perché, tutto sommato, ognuno di noi cerca dalla musica sensazioni che sono estremamente soggettive. Inoltre, per chi sceglie l’LP, al piacere di un certo tipo di ascolto va aggiunto il rituale dell’acquisto negli appositi reparti degli store musicali, dove si sfogliano le variegate e spesso simboliche copertine e si incontrano persone con gli stessi interessi. Certamente non è una questione di convenienza; il vinile ha i suoi costi e non avrebbe mai avuto la meglio, dopo essere stato superato dall’evoluzione tecnologica. Tuttavia è considerato un bell’oggetto e l’elemento nostalgico continua ad attirare persone – giovani e meno giovani – verso questo supporto. La storia del disco è una storia di innovazione, trasformazione, ma anche di caparbia resistenza all’avanzare della tecnologia; da semplice oggetto è divenuto un fenomeno culturale e ha accompagnato l’evoluzione dell’ascolto musicale, riflettendo i mutamenti della società, dell’economia e dello stesso sviluppo tecnologico. La capacità del vinile di ‘resistere’ nell’era digitale, dove si può ascoltare tutto ciò che si vuole, in qualsiasi momento e con qualsiasi supporto collegabile in rete, testimonia, però, il bisogno umano di esperienze tattili, rituali e di qualità nella fruizione della musica, a cui dedicarsi nei momenti di assoluto relax.
Specifiche foto dal web
Titolo: Un prisma… molto particolare!
Autore: Aldo Cavini Benedetti
Licenza: CC BY-NC-SA 2.0 by Flickr
Link: https://www.flickr.com/photos/aldoaldoz/4688493214
Foto modificata