Uno dei grammofoni in esposizione – Foto: Giorgio Manusakis
Abbiamo intervistato chi ha reso possibile l’apertura di questo luogo di cultura.
Napoli, via Santi Giovanni e Paolo n.7, in quello che i napoletani conoscono come rione Sangiovanniello, è un indirizzo come tanti per la stragrande maggioranza dei cittadini; eppure non dovrebbe essere così perché al primo piano di quel palazzetto ha visto la luce, il 27 febbraio 1873, il più grande tenore della storia: Enrico Caruso.
Lo scopo di chi scrive, però, non è quello di raccontare la storia del tenorissimo, come amano chiamarlo i suoi più appassionati seguaci, anche perché non sarebbe impresa semplice racchiuderla nelle poche pagine di un articolo. Trovo invece utile e di grande interesse per chi legge mettere in evidenza l’ennesimo, quasi sconosciuto, luogo simbolo di una città dalle mille sfaccettature e dalle molteplici ricchezze, dal valore che va ben oltre i suoi confini geografici.
Chi passa in quella via, perché abita in zona o vi transita per caso, ha notato, magari distrattamente, la lapide apposta sulla facciata del fabbricato accanto al balcone della casa in cui visse il celeberrimo tenore, risalente probabilmente agli anni ’50 del secolo scorso, che recita “A Enrico Caruso che alle preziose virtù antiche del bel canto italiano unì la vemenza nuova del suo temperamento mediterraneo e il cui nome risuona nel mondo simbolo favoloso di mitica figura la città di Napoli che gli dette i natali”, ma probabilmente non sa che dal 2 agosto 2021 è attivo un piccolo e prezioso museo: ‘Casa Museo Enrico Caruso’.
Uno dei poster dell’epoca in esposizione – Foto: Giorgio Manusakis
Per approfondire la genesi, il contenuto e le attività del museo, ho incontrato Gaetano Bonelli e Lello Reale, rispettivamente direttore e proprietario della Casa Museo, che hanno meglio spiegato come è stato possibile riuscire a mettere in piedi, secondo me in colpevole ritardo, se pensiamo al lustro che ha portato alla città di Napoli il suo nome, la prima struttura espositiva permanente in città dedicata a Enrico Caruso.
D: Dottor Bonelli, quando e come è nata l’idea di realizzare il museo?
R: L’idea di realizzare il museo è partita dall’iniziativa di un gruppo di appassionati melomani, ma anche, più in generale, di amanti della città e del bello, che nel novembre 2020 in un caffè di piazza Ottocalli si sono incontrati e hanno deciso di agire per dare il rilievo che merita ad una figura che ha dato lustro a Napoli. Personalmente venni contattato dal maestro Armando Iossa, che in prima battuta assunse l’incarico di direttore artistico, il quale, sapendo dell’attività che io svolgevo per Napoli come cultore di storia patria e come ideatore e artefice del Museo di Napoli, mi chiese di collaborare con lui e Lello Reale per dare un imprinting di livello scientifico e tecnico all’idea. Invero con Lello ci fu subito un’intesa in quanto pur essendo un imprenditore diede prova di lungimiranza e sensibilità non comune, soprattutto in una città dove operano molti ‘prenditori’ che hanno come fine essenziale la speculazione nel senso più becero del termine. A questa comunione di intenti seguirono nove mesi di lavoro, per ripristinare e allestire questi ambienti iconici, grazie all’aiuto dei ‘carusiani’ di tutto il mondo, ma soprattutto di Guido D’Onofrio. Fu proprio attraverso l’intermediazione di quest’ultimo, storico di Caruso, che si riuscì ad entrare in contatto con il compianto Aldo Mancusi, artefice e direttore del museo di Brooklyn a New York dedicato a Caruso, il quale diede in comodato d’uso una ricca serie di testimonianze legate al tenore, che oggi rappresentano il corpus principale del museo. Non posso però dimenticare le donazioni dello stesso D’Onofrio e quelle altrettanto importanti di Luciano Pituello, entrambi grandi studiosi e storici ‘carusiani’ che hanno contribuito negli anni a promuovere ulteriormente l’immagine del tenorissimo. Altro materiale da esposizione è poi giunto al museo da altri sostenitori, compreso il sottoscritto con reperti provenienti dal Museo di Napoli, concessi in comodato d’uso. Alla fine di questi intensi mesi di impegno il progetto museo ha tagliato il primo traguardo con la sua inaugurazione, avvenuta il 2 agosto 2021, in coincidenza con il centenario della morte di Caruso.
D: Ci descriva la struttura e il contenuto del Museo.
R: Il Museo è racchiuso nelle due stanze dove Caruso nacque e visse i primi anni della sua infanzia. La porta di ingresso è originale del tempo ed anche i pavimenti pur non coevi al tenorissimo sono di epoca ‘carusiana’. Inoltre la struttura museale può contare sugli spazi dell’attigua chiesa di Santi Giovanni e Paolo, data in concessione, che viene utilizzata soprattutto per gli eventi.
Nell’allestimento di uno spazio limitato è stata seguita un’impostazione che va comunque a sviscerare, in maniera davvero compiuta per certi aspetti, la poliedricità dell’artista Caruso. Ci sono sue testimonianze che provengono dal museo di Brooklyn come il bastone da passeggio e biancheria con le sue iniziali. Ci sono testimonianze del Caruso promoter, come una lattina da lui sponsorizzata. Posso dire che Caruso fosse un influencer ante litteram. È stato un pioniere anche in questo poiché pubblicizzava centinaia di prodotti con il suo volto, che era considerato una garanzia di qualità. C’è anche il Caruso numismatico. Il tenore era un importante collezionista di medaglie e monete d’oro del suo tempo e non disdegnava la collezione di cartoline che si spediva da tutto il mondo durante le tournèe o i viaggi di piacere.
Alcune delle cartoline della collezione di Caruso – Foto: Giorgio Manusakis
Caruso realizzava anche bronzi in quanto fu iniziato dal padre a tale manualità. Tra i reperti c’è un bustino di un Buddha e altri busti che rappresentano autocaricature. L’ecletticità di Caruso la si nota tutta anche nelle molteplici caricature presenti riguardanti noti personaggi della musica e persone incontrate per caso. Caruso fu anche pioniere della produzione discografica e fu il primo grande interprete al mondo a incidere dischi. In un’industria discografica che muoveva i primi passi il suo nome fece da volano, da testimonial di questa nuova tendenza. Caruso era un progressista, era avanti a tutti nel leggere le tendenze. Il suo primo disco fu inciso nel 1902 con la Gramophone & Typewriter Company e successivamente fu contrattualizzato dalla Victor. Inizialmente chiese un grande compenso che gli fu rifiutato, poi l’emissario della casa discografica capì che poteva essere la fortuna di tutti e così fu perché dei grandi introiti beneficiarono entrambe le parti. Basta pensare che nel 1904 Caruso vendette più di un milione di dischi con l’incisione di un’aria intitolata “Vesti la giubba” tratta da “I Pagliacci” di Leoncavallo, quindi fu il primo disco d’oro della storia della musica. Il singolo nella versione di Caruso, peraltro, nel 1975, a distanza di oltre 70 anni, venne premiato anche con il Grammy Hall of Fame Award. Il museo espone anche dei dischi bianchi, dischi provino, che erano valutati da Caruso prima di permetterne l’incisione definitiva. Ripeto, in poco spazio c’è tutto il pianeta Caruso raccontato dalle sue testimonianze che parlano di musica, ma sono anche lo specchio dell’eclettismo artistico che lo contraddistingueva.
Uno dei vinili originali di Caruso – Foto: Giorgio Manusakis
D: Come ha reagito il “Rione Sangiovanniello” a questa novità?
R: Inizialmente gli abitanti della zona l’hanno accolta con un po’ di diffidenza, anche perché è stata creata una zona pedonalizzata che ha modificato in parte le loro abitudini e talvolta si sono creati disagi in occasione di iniziative partecipate. Col passare del tempo, però, quando hanno capito che era stato fatto qualcosa di bello per il quartiere e che si era creata un’attenzione sulla zona, che prima non c’era, la gente ha manifestato apprezzamento e solidarietà e si è anche prestata quando c’è stato bisogno di collaborazione.
D: Come si sostiene la Casa Museo?
R: Il museo non gode di sostegni economici pubblici e va avanti con contributi volontari, liberi dei privati, di coloro che vogliono sostenere l’iniziativa, fra cui, prima fra tutti, l’omonima associazione, che fa capo all’imprenditore Raffaele Reale. Da quest’anno abbiamo avuto modo, però, di apprezzare anche l’interesse della Regione Campania la quale ha sostenuto i progetti dell’associazione, nell’ambito di una iniziativa alla quale abbiamo aderito. Quindi anche per il futuro, visto il carattere internazionale delle iniziative intraprese dall’associazione, ci si auspica una crescente partecipazione delle istituzioni, in modo da coprire, sia pure in parte, le spese da affrontare.
Alcuni degli oggetti in esposizione – Foto: Giorgio Manusakis
D: Progetti per il futuro?
R: L’iniziativa della Casa Museo è come se avesse scosso la coscienza culturale di Napoli, certamente in debito con Enrico Caruso e, forse non a caso, solo più recentemente, nel luglio 2023, a Palazzo Reale, in piazza del Plebiscito è stato inaugurato il primo museo nazionale Caruso. Il progetto va avanti e tra le diverse idee per il futuro c’è quella di attivare nel cortile del palazzo un caffè artistico musicale, con souvenir, ricordi e altro. Tanto è stato fatto sino ad ora, ma l’inaugurazione della Casa Museo per il centenario della morte di Caruso e le iniziative ad essa collegate sono solo l’inizio. Arrivano turisti da tutto il mondo, forse più sensibili dei napoletani alla tematica, per ammirare uno spazio di bellezza e cultura e per omaggiare Caruso, per cui bisogna continuare a lavorare per crescere.
D: Ha accennato alle iniziative intraprese dalla Casa Museo parallelamente alle classiche visite museali. Di che si tratta.
R: La cosa interessante del progetto “Casa Museo Enrico Caruso” è che l’omonima associazione che la sostiene non si è limitata a inaugurare la struttura museale, ma ha avviato ulteriori iniziative di grande livello sotto l’attuale direzione artistica del maestro Ivano Caiazza. È stato istituito il premio internazionale Casa Museo Enrico Caruso, assegnato, nella sua prima edizione del 2022, al tenore tedesco Jonas Kauffman e nel 2023 al tenore statunitense Gregory Kunde, entrambi nomi di primo piano nel mondo della lirica. Inoltre, nel 2023, in occasione del 150° della nascita di Caruso, è stato bandito il primo Concorso Internazionale di canto lirico “Casa Muso Enrico Caruso” i cui giovani vincitori sono stati premiati da una giuria di eccezione, in occasione dell’assegnazione del riconoscimento al tenore Kunde. Inoltre è stata istituita la gran medaglia alla carriera, già conferita al dr. Francesco Canessa, sovrintendente del teatro San Carlo, decano dei ‘carusiani’ e successivamente al Maestro Armando Iossa, primo direttore artistico della Casa Museo, peraltro espressione di questo territorio. Sempre lo scorso anno, una targa alla memoria di Caruso è stata conferita al celebre tenore Mario Del Monaco. Chiaramente sono iniziative destinate a perpetuarsi nel tempo in modo da far sì che il nome di Caruso sia sempre più legato a personalità di livello internazionale.
D: Lello Reale presidente della casa museo: cosa rappresenta per lei questo museo?
R: Ho comprato la casa 20 anni fa con l’intento di fare qualcosa per Caruso, ma ho lasciato che le due anziane signore che l’abitavano potessero continuare a viverci, il resto lo ha ben raccontato il direttore Bonelli. Oggi siamo una realtà riconosciuta in tutto il mondo, forse più a livello internazionale che locale, a dire il vero. Si tratta di un progetto ancora agli albori ma continuerà a crescere. Lo spazio è piccolo ma denso di significato e l’aver fatto conoscere il luogo dove è nato Caruso è stato importante, ma siamo solo all’inizio. Posso dire che qualsiasi iniziativa futura partirà sempre da questo iconico luogo, con l’orgoglio, la consapevolezza e la voglia di continuare a fare qualcosa che valorizzi il grande tenore Enrico Caruso e la città che gli ha dato i natali. La Casa Museo ha un suo sito web ed è presente su Facebook, dove sono disponibili i contatti attraverso i quali è possibile prenotare una visita, che potrà essere effettuata con l’ausilio di una guida multilingua accessibile scansionando il codice presente presso la struttura.
Gaetano Bonelli e Lello Reale con, alle spalle, alcune caricature disegnate da Caruso – Foto: Giorgio Manusakis
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