Cerveteri, necropoli etrusca della Banditaccia, una delle tombe – Foto: Simona Colletta

Nella seconda e ultima puntata del nostro focus storico-archeologico illustriamo l’evoluzione di tale ‘osmosi culturale’, che raggiunse il suo apice nella prima metà del V secolo a.C.

I rapporti tra Greci ed Etruschi in Campania: dalle battaglie tardo-arcaiche alla tirannide di Aristodemo

La koinè greco-etrusca in Campania raggiunge la sua fase di maggiore intensità tra gli ultimi decenni del VI secolo a.C. ed i primi del V secolo a.C., allorquando si verificano diversi eventi militari e politici. Uno dei più importanti è costituito senz’altro dalla battaglia di Alalia, così detta dal nome di una cittadina della Corsica nelle cui acque si affrontarono, secondo Erodoto (Storie, I, 163, 167 e sgg.), i Greci di Focea, qui rifugiatisi dall’Asia Minore in seguito all’invasione dei Persiani, ed una coalizione etrusco-cartaginese. Dal racconto dello scrittore antico, tendenzioso nell’attribuire la vittoria alle forze elleniche, emerge un particolare interessante. Un gruppo di Focei, fatto prigioniero dagli Etruschi, fu portato a Caere e lì ucciso con una pubblica lapidazione. I corpi delle vittime furono sepolti in un’area esterna alla città, sulla quale però cadde una sorta di maledizione. Tutti coloro che da qui passavano per rendere omaggio a questi defunti finivano per subire eventi negativi, come la storpiatura o addirittura la perdita di un arto. Per porre fine all’incresciosa situazione, gli abitanti di Caere decisero di consultare la Pizia, sacerdotessa del santuario greco di Delfi, la quale prescrisse loro lo svolgimento di riti di purificazione, come gare ginniche e sacrifici di animali.

Ritratto di Erodoto di Alicarnasso – Copia romana del II sec. d.C. da originale greco del IV sec. a.C. – Berlino, Neu Museum – Foto: Giorgio Manusakis

Un ulteriore scontro tra Etruschi e Greci avvenne, poi, intorno al 524 a.C. proprio in Campania, nella zona dei Campi Flegrei. I Tirreni, appoggiati da altri popoli italici, come Umbri e Dauni, tentarono invano di conquistare Cuma. A distinguersi, nelle fila dell’esercito greco, fu il giovane Aristodemo, il quale, circa una ventina d’anni dopo, in seguito ad un’ulteriore battaglia vinta nel territorio di Ariccia, secondo quanto riportato da Dionigi di Alicarnasso (5;36 – 7, 3 – 7, 6), avrebbe instaurato nella città flegrea una tirannide. Nell’ambito di tale esperienza di governo si sarebbero verificati due particolari eventi, che non solo avrebbero placato ma addirittura rafforzato i rapporti tra i due popoli: da un lato, la fuga nell’etrusca Capua di diversi aristocratici cumani i quali avrebbero qui preparato un’azione militare decisiva per la cacciata di Aristodemo e la conseguente restaurazione in patria di un regime oligarchico; .dall’altro, l’accoglienza offerta dal tiranno cumano all’ultimo re di Roma, l’etrusco Tarquinio il Superbo, fuggito dall’Urbe in seguito ad una congiura, il quale, alla luce del racconto di Livio (Storia di Roma, II, 21), sarebbe morto poi proprio nella polis flegrea.

Infine, un ultimo importante evento è rappresentato dalla battaglia di Cuma del 474 a.C. La pesante sconfitta riportata dagli Etruschi per mano di una coalizione greca, che vide tra i protagonisti un contingente navale inviato da Siracusa (Diodoro Siculo, XI, 51; Pindaro, Pitica I, 140), diede inizio al tramonto della loro potenza militare ed in particolar modo marittima. Nel corso dei decenni seguenti, infatti, sarebbero emerse nuove compagini rappresentate dai Campani – ovvero i Sanniti che conquistarono sia Capua che Cuma (Dionigi di Alicarnasso, 15, 3, 7; Livio, 4, 37, 1-2; Strabone V, 4, 4; Diodoro Siculo, 12, 76, 4) – ed i Lucani, i quali occuparono Poseidonia (poi ribattezzata Paestum dai Romani) e le limitrofe zone della foce del Sele e della piana picentina (Strabone, Geografia, VI, 1, 1, 3).

Scudo di tipo villanoviano – Bronzo – Tomba 104 del Fondo Artiaco di Cuma – Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN) – Foto: Giorgio Manusakis

La koinè nella pittura vascolare ed in ambito religioso

È interessante rilevare, grazie alla documentazione archeologica, come, nonostante gli scontri susseguitisi nel giro di pochi decenni, la koinè tra Greci ed Etruschi non si fosse dissolta ma anzi persino rinsaldata. Ad esempio, una indiretta rappresentazione delle battaglie combattute nei Campi Flegrei durante l’età tardo-arcaica può essere individuata nelle Gigantomachie dipinte su alcuni vasi a figure nere appartenenti al cosiddetto acquisto Falconnet di proprietà del Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

Inoltre, il sincretismo religioso che emerge dalla citata vicenda dei Focei di Caere sembra trovare riscontro in un prezioso documento epigrafico come la Tegola o Tabula Capuana. Scoperto sul finire dell’Ottocento da una delle necropoli della cosiddetta altera Roma, il reperto fu rifiutato dalla direzione del Museo Archeologico di Napoli di quell’epoca in quanto ritenuto un falso. La Tabula, dunque, fu prima venduta ad uno studioso, Ludwig Pollak, e poi da quest’ultimo ceduta ai Musei Statali di Berlino. In effetti, secondo quanto riporta Mauro Cristofani in una sua monografia, l’epigrafe scoperta a Capua sarebbe già copia di un originale perduto, ma questo aspetto, di certo, non la rende, meno degna di importanza. Dalle varie decifrazioni condotte sinora sui circa 200 vocaboli etruschi riportati, sembra emergere un vero e proprio calendario di cerimonie funebri in onore di determinate divinità, quali Lethe-Ade, Urano-Cielo, Uni – ovvero la versione etrusca di Hera – ed Apollo, il cui antro potrebbe essere identificato con quello della Sibilla.

Coppa – Etruria (collezione Santangelo) – 510-500 a.C. – Terracotta – Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN) – Foto: Giorgio Manusakis

La Brygos Tomb e la chiusura di un “cerchio”

Sempre dalle necropoli capuane proviene un altro importante documento, costituito dal corredo di una sepoltura a cista, la tomba n. 2, meglio nota col nome di Brygos Tomb. Essa fu scoperta ed esplorata nell’Ottocento da Simmaco Doria nelle campagne dell’attuale Santa Maria Capua Vetere. Dei vasi del suo corredo 4 sono oggi al British Museum di Londra in quanto furono venduti all’istituzione inglese dal mercante Alessandro Castellani nel 1873. Gli altri due, invece, si trovano rispettivamente a New York e a Karlsruhe. Il nome attribuito alla tomba è legato ad uno dei suoi oggetti di corredo, ossia una coppa firmata da un tale Brygos. Al di là del tema da pendant posto sul fondo, raffigurante un guerriero – un certo Crisippo, assistito da una ancella, chiamata Zeuco, nello svolgimento di una libagione – a destare particolare attenzione sono le immagini dipinte sulle pareti esterne del vaso. In un primo gruppo di personaggi emerge Dioniso, dinanzi al quale due satiri conducono una messaggera di nome Iris. In un secondo, invece, un arciere, identificabile con Hermes o con Eracle, difende la dea Hera dall’attacco di altri due soggetti dionisiaci. Le scene in questione, secondo il parere di Dyfri Williams, sarebbero tratte da un dramma satiresco (guarda caso intitolato Iris). In altri vasi della Brygos Tomb, come uno skyphos firmato da Hieron e dipinto da Makron, decorato con personaggi dei misteri di Eleusi, ed un rhyton a forma di sfinge, in cui sono rappresentati Cecrope, re di Atene, e le sue figlie Herse e Aglauro, si coglie un riferimento ancora più specifico al contesto dell’Attica. Le immagini dei due stamnoi, invece, custoditi a New York e Karlsruhe, andrebbero ricollegate alla vicenda di Eos e Kephalos, la quale si ritroverebbe altresì in un presunto settimo vaso appartenente al corredo capuano, corrispondente ad un rhyton anch’esso a forma di sfinge. Secondo una tesi già formulata da John Beazley e ripresa negli anni Novanta del secolo scorso da Dyfri Williams, i primi due vasi del corredo della Brygos Tomb, cioè la coppa eponima e lo skyphos di Hieron, si daterebbero intorno al 490-480 a.C., mentre i restanti tra il 470 ed il 460 a.C. Tale teoria indurrebbe, dunque, ad ipotizzare che la coppia di ceramiche più antica sarebbe stata utilizzata dal defunto in vita e che dunque lo stesso avrebbe avuto piena consapevolezza anche dei temi mitologico-religiosi rappresentati.

Zeuco versa il vino a Crisippo –  Interno da una kylix attica a figure rosse (490-480 a.C. ca.) – Dalla cosiddetta Tomba dei Brygos a Capua – Licenza: Pubblico dominio, via Wikimedia Commons.

In merito all’origine etnica del ricco personaggio sepolto nella Brygos Tomb, il peculiare repertorio figurativo dei vasi del corredo funerario costituirebbe un ottimo elemento in favore di una sua possibile grecità. Pertanto, si potrebbe pensare ad un uomo proveniente da una polis della madrepatria (secondo Williams addirittura da Atene in virtù dei richiami a Dioniso, Cecrope e le sue figlie) oppure da un centro della più vicina Magna Grecia. Ritenendo valida quest’ultima tesi, come luogo di origine sarebbe molto facile e anche logico supporre la vicina Cuma, città dove senz’altro circolavano da decenni, tramite flussi commerciali, i prodotti ceramici dell’Attica, a figure, prima, nere e, poi, rosse. Nell’ambito di questo ipotetico discorso, andrebbe dunque a chiudersi, in maniera suggestiva, una sorta di “cerchio” apertosi quasi tre secoli prima con il presunto immigrato etrusco della Tomba 104 di fondo Artiaco (citato nella nostra precedente puntata).

Un’ultima considerazione, infine, può essere fatta in merito ai nuovi dominatori della Campania di fine V secolo a.C., ossia i Sanniti ed i Lucani. Queste popolazioni italiche, secondo quanto emerge sia dalla tradizione storiografica che dall’archeologia, avrebbero mostrato rispetto e interesse verso la cultura di matrice greca e/o greco-etrusca caratterizzante le città da essi conquistate, come Neapolis, Cuma e Poseidonia. Da tale processo di integrazione sarebbe così scaturita una nuova koinè, che si sarebbe evoluta in un successivo e definitivo ‘stadio’ con l’arrivo dei Romani, a partire dalle guerre sannitiche combattute a cavallo tra IV e III secolo a.C.

Specifiche foto dal web

Titolo: Zeuxo Chrysippos
Autore: Public domain
Licenza: Public domain, via Wikimedia Commons
Link: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Zeuxo_Chrysippos_BM_E65.jpg
Foto modificata

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