Mosaico raffigurante la battaglia tra Alessandro Magno e Dario III di Persia, 125-120 a.C. – MANN, Napoli – Foto: Giorgio Manusakis

Al Mann è allestita un’imperdibile mostra dedicata ad uno dei personaggi più interessanti ed emulati della storia: Alessandro Magno, condottiero che con le sue conquiste riuscì a diffondere la cultura greca fino in Asia.

L’esposizione, che si intitola “Alessandro Magno e l’Oriente”, mira proprio a documentare questo processo di ellenizzazione dei popoli e delle civiltà soggiogate dal Macedone, le cui tracce si possono evidenziare, anche nei secoli successivi alla sua morte, in svariati ambiti quali l’arte, la religiosità, gli usi ed i costumi.

Alcuni cenni biografici sul Macedone

Alessandro Magno nasce nel luglio del 356 a.C. a Pella da Filippo II, principe reggente di Macedonia, ed Olimpiade, principessa dell’Epiro, appartenente alla dinastia dei Molossi. Istruito dal filosofo Aristotele, il futuro condottiero svolge il suo apprendistato militare insieme all’amico Efestione, che lo segue sino alla conquista dell’India. Nel 336, in seguito all’uccisione del padre Filippo nel teatro di Ege, Alessandro diventa monarca della Macedonia. Due anni dopo, giunge in Asia, ottenendo un primo importante successo sui Persiani di Dario III presso il fiume Granico. Nel 333 ottiene un’ulteriore vittoria nella battaglia di Isso, mentre nel 331, oltre a vincere a Gaugamela, riesce ad insediarsi anche sul trono d’Egitto. Nel 327 sposa Roxane, figlia di un nobile della Sogdiana, regione corrispondente ad un’area estesa tra gli attuali Tagikistan ed Uzbekistan. L’anno successivo, dopo aver superato il fiume Indo, in seguito alle richieste delle sue truppe, decide di fermarsi nei pressi di Sagala, centro su cui si è sovrapposta la moderna città pakistana di Sialkot. Da lì ha inizio per il condottiero una serie di disavventure: dal ferimento a causa di una freccia nel 325 alla perdita del caro amico Efestione nel 324. Nel giugno 323, mentre si trova a Babilonia ad organizzare i preparativi per una spedizione in Arabia, il Macedone muore in seguito ad una violenta febbre all’età di poco più di 32 anni.

Le opere più famose della mostra: dai ritratti alla scena di corte da Boscoreale   

La mostra napoletana, curata da Filippo Coarelli ed Eugenio Lo Sardo, inaugurata lo scorso aprile e visitabile sino al 28 agosto, attraverso i suoi circa 170 reperti, intende illustrare l’impatto straordinario che ebbero le conquiste di Alessandro, unificando, culturalmente, popolazioni e territori distanti tra loro. Entrando nel museo partenopeo, presso il suo atrio monumentale si viene accolti da tre ritratti scultorei del Macedone, uno dei quali è un busto-erma, conservato al Louvre e ritenuto probabile copia di un originale dello scultore Lisippo. Un’ulteriore pregevole testimonianza è qui rappresentata dal pannello della cosiddetta ‘corte macedone’, proveniente dal ciclo di affreschi della villa romana di Fannio Sinistore a Boscoreale, già presente nell’allestimento permanente del Mann e databile nella prima metà del I secolo a.C. Circondato dalla figura di un uomo anziano, identificabile forse con il filosofo Aristotele, e da una donna, considerata dai curatori Coarelli e Lo Sardo come personificazione dell’Asia, si erge al centro, vicino ad un pilastro, un giovinetto i cui tratti somatici ed il cui abbigliamento andrebbero ricondotti a quelli tipici di Alessandro. Il contenuto di fondo di tale pannello da Boscoreale, dunque, sarebbe una sorta di profezia delle vittoriose spedizioni del condottiero macedone in Oriente. 

Sempre restando nell’ambito della mostra, presso il piano ammezzato del Mann è possibile visualizzare il cantiere di restauro in situ del Mosaico di Alessandro. La stupenda opera, proveniente dalla Casa del Fauno di Pompei e composta da circa un milione e mezzo di finissime tessere, raffigura una delle battaglie combattute dal Macedone nella sua avanzata verso l’Oriente ed è ritenuta copia di un quadro originale greco.

All’ingresso del Salone della Meridiana, invece, i visitatori hanno subito modo di apprezzare il cosiddetto Vaso dei Persiani. Tra i vari personaggi rappresentati sulla superficie di questo cratere, scoperto a Canosa nel 1851 e realizzato e dipinto intorno agli anni Trenta del IV secolo a.C., il gruppo di Bellerofonte che, in groppa al suo Pegaso, uccide la Chimera sembra alludere alle imprese condotte in Asia da Alessandro in sella al suo Bucefalo.  Alcuni frammenti scultorei recuperati dal santuario di Giunone Sospita a Lanuvio, invece, vengono proposti al pubblico come presunte repliche di talune statue facenti parte di un donario di Lisippo in cui furono rappresentati venticinque compagni di Alessandro periti nella battaglia del Granico. Una stele in geroglifico, invece, rinvenuta nel Tempio di Iside a Pompei, fornisce una sorta di resoconto di eventi legati al condottiero, tra cui la sua incoronazione e divinizzazione come faraone d’Egitto.

Gemma raffigurante Alessandro Magno, MANN Napoli – Foto: Giorgio Manusakis

Il significato particolare di alcuni reperti

Diverse opere in mostra contribuiscono, inoltre, a documentare un duplice fenomeno avvenuto già a partire dai primi decenni seguenti alla morte di Alessandro: in primis, l’influenza dei canoni estetici greci sulle produzioni artistiche dei popoli conquistati; in secondo luogo, l’interesse della civiltà greco-romana verso divinità, eroi, miti o talvolta semplici oggetti folkloristici appartenenti a queste realtà esotiche. Il primo dei due fenomeni menzionati può essere riconosciuto, ad esempio, in un’opera come la Tazza Farnese la quale, realizzata in agata sardonica tra il II ed il I secolo a.C. in Egitto, presenta al suo interno personaggi e figure mitologiche ‘locali’ raffigurati, però, secondo uno stile greco-ellenistico. Il secondo dei due fenomeni citati, invece, è ben documentato da reperti come la statuina della dea Lakshmi, importata dall’India a Pompei intorno al I secolo d.C. e qui scoperta durante alcuni scavi nel 1938, ed un mosaico del III secolo d.C. da Tuscolo il cui tema è la lotta di Dioniso contro gli Indiani.

Inoltre, secondo i curatori della mostra del Mann, nel gigantismo di talune opere realizzate proprio a partire dal periodo ellenistico, come il Colosso di Rodi (una copia di esso potrebbe essere riconosciuta in una statua di Apollo Helios dalla villa di Ulpiano di Santa Marinella, in provincia di Roma) ed il Faro di Alessandria, si può intravedere un richiamo alla fama ed alla mania di grandezza di Alessandro. In sostanza, ciò che si può evincere, dalla visita di quest’allestimento, è lo straordinario fascino che la figura del Macedone ha saputo esercitare su imperatori, condottieri e gente comune, sia in vita che forse soprattutto post mortem, travalicando i confini della civiltà greco-romana e giungendo sino all’età moderna anche attraverso la produzione di opere musicali a lui ispirate e rappresentate tra Settecento e Ottocento nei teatri napoletani di S. Bartolomeo e di S. Carlo.

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