Il Colosso di Rodi raffigurato nella decorazione a china di un cassone dell’Italia settentrionale databile tra il 1550 ed il 1600 – Autore Sailko – Licenza Wikimedia Commons

Il Colosso di Rodi fu una famosa scultura del dio Helios, contraddistinta da proporzioni gigantesche e situata all’imbocco del porto dell’isola del Mare Egeo

Come e perché fu realizzato il Colosso: dall’antefatto storico alla descrizione di Plinio il Vecchio

Questa straordinaria opera, annoverata dalla tradizione letteraria tra le sette meraviglie del mondo antico, fu realizzata intorno alla fine del IV secolo a.C. in seguito ad una specifica vicenda storica. In quel periodo, infatti, l’isola di Rodi venne attaccata e assediata dalla flotta di Demetrio Poliorcete, uno dei generali di Alessandro Magno. Alla morte di quest’ultimo, ciascuno di questi suoi fidati collaboratori tentò di allargare sempre più la propria porzione di impero ricevuta in eredità. In particolar modo, Demetrio Poliorcete si distinse per la sua ambizione a voler diventare unico re di tutto il Mediterraneo. Tale desiderio, dunque, lo indusse ad attaccare Rodi intorno al 305 a.C. e a far allestire al contempo macchine da guerra tanto innovative per quell’epoca da fargli meritare l’appellativo di “poliorcete”, ossia assalitore per eccellenza.

 La strategia di Demetrio prevedeva, dunque, inizialmente l’abbattimento della cinta difensiva dell’isola per poi procedere gradualmente alla sua totale conquista. Tuttavia, i vari tentativi di assedio effettuati nel giro di un anno si risolsero in un nulla di fatto. Da qui, la decisione finale di arrendersi e di abbandonare l’isola, avvenimento che gli abitanti di Rodi pensarono di celebrare con l’innalzamento di una enorme statua del dio Helios, da essi ritenuto il nume che li aveva protetti. L’opera sarebbe stata collocata molto probabilmente all’ingresso del porto della polis greca, anche se oggi alcuni archeologi non escludono del tutto l’idea di un posizionamento di sopra di una collinetta a ridosso dello stesso bacino portuale.

Alcune informazioni in merito al Colosso vengono fornite dalla Naturalis Historia di Plinio il Vecchio: “Il più ammirato di tutti i colossi era quello del Sole che si trovava a Rodi opera di Carete di Lindo, discepolo di Lisippo. Esso era alto 70 cubiti [circa 32 metri]. Questa statua, caduta a terra dopo sessantasei anni a causa di un terremoto, anche se a terra, costituisce tuttavia ugualmente uno spettacolo meraviglioso. Pochi possono abbracciare il suo pollice, e le dita sono più grandi che molte altre statue tutte intere. Vaste cavità si aprono nelle membra spezzate; all’interno si possono osservare pietre di grandi dimensioni, del cui peso l’artista si era servito per consolidare il colosso durante la costruzione”. Sempre secondo quanto scrive Plinio nel suo testo, il Colosso sarebbe costato circa 300 talenti, somma derivante dalla vendita dei beni lasciati da Demetrio Poliorcete al momento della sua fuga. In merito all’aspetto estetico del soggetto raffigurato, è abbastanza verosimile ipotizzare che fosse nudo e avesse i capelli ricci, proprio come veniva effigiato sulle monete rodie il dio Sole.

Il Colosso di Rodi in un’incisione su rame del 1745- Autore sconosciuto – Fonte Picryl

Il mito del Colosso nel mondo di oggi, tra ricostruzioni 3D, videogiochi e fumetti

Nel 653 d.C., con la conquista di Rodi da parte degli Arabi, i blocchi superstiti della statua furono rivenduti, secondo lo scrittore Cesare Baronio, ad un mercante ebreo originario della città di Emesa, in Siria. Proprio in virtù di questo spiacevole avvenimento, nel corso della storia successiva si è cercato più volte di ricostruire le originarie fattezze di questa mirabile opera. Un particolare ed utile supporto proviene oggi indubbiamente dalla tecnologia 3D. A questo proposito, infatti, si può ricordare una ricostruzione, realizzata alcuni anni fa dall’azienda Budget Direct, in base alla quale il Colosso avrebbe avuto le gambe divaricate ed i piedi poggiati su due piedistalli, ancora oggi conservati nel sito di Mandraki e sui quali sono state poi collocate, in epoca moderna, due sculture di daini.

Sempre rimanendo nell’orizzonte dell’età moderna, il Colosso di Rodi ha rappresentato una fonte di ispirazione anche per il mondo dei videogames: basti pensare a God of War II, dove il dio Helios è il primo dei “boss” della serie. Anche nel romanzo fantasy Cronache del ghiaccio e del fuoco, di George Martin, si coglie un riferimento a questa “meraviglia del mondo antico” in una statua raffigurante uno dei protagonisti, il Titano di Braavos, posta, guarda caso, al largo di una laguna. Infine, nel campo dei fumetti si può ricordare la pubblicazione, nel 2005, del volume Topolino ed il Colosso di Rodi, che introduce il ciclo di Atlantide, una serie di avventure in cui il simpatico personaggio Disney, insieme a Pippo ed Eurasia, si cala nei panni di archeologo per svelare i misteri che circondano quest’antica civiltà.

Specifiche della foto in alto:
Titolo: Italia settentrionale, cassone con decorazioni a china, 1550-1600 ca. colosso di rodi
Autore: Sailko
Licenza: Wikimedia Commons
Link: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Italia_settentrionale,_cassone_con_decorazioni_a_china,_1550-1600_ca._colosso_di_rodi.JPG
Foto modificata

Specifiche della foto al centro
Titolo: Colossus of Rhodes 1745
Autore: sconosciuto
Licenza: Wikimedia Commons
Fonte: Picryl
Link: https://picryl.com/media/colossus-of-rhodes-1745-0f557a
Foto modificata

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