L’affresco di Elena e Paride nel Salone nero della Regio IX – Foto (modificata) da comunicato stampa

Nell’antica città vesuviana emergono nuovi dati dalla messa in sicurezza di uno dei suoi quartieri e dagli scavi in corso presso l’insula 10 della Regio IX

Insula Meridionalis: un inquadramento storico-topografico

L’Insula Meridionalis costituisce uno dei primi nuclei di popolamento dell’antica città di Pompei. Collocato presso l’angolo sud-occidentale di un pianoro vulcanico affacciato verso il mare e la valle del fiume Sarno, il quartiere si presenta come un vero e proprio palinsesto geo-archeologico. La fitta stratificazione qui riconosciuta alterna, infatti, tracce di remote attività naturali – da quelle del moto ondoso marino che modellò in età preistorica la locale paleo-falesia a varie eruzioni del Vesuvio – e di importanti eventi antropici. In quest’ultima categoria rientrano gli insediamenti della prima età del Ferro (inizi del I millennio a.C.), i complessi monumentali del Foro Triangolare (a partire dal VI secolo a.C.) e del Santuario di Venere (dal II secolo a.C.) e diverse residenze private, tra cui la cosiddetta Villa Imperiale, che inglobano al loro interno, dall’età tardo-repubblicana, pezzi di fortificazioni oramai privi di ogni funzione militare.

La realizzazione di un cantiere di messa in sicurezza, presso un polo urbanistico di tale importanza, si pone come straordinaria opportunità non solo per preservare al meglio le testimonianze in esso custodite ma anche per conoscere ed approfondire aspetti della storia pompeiana successiva alla catastrofe del 79 d.C. Sulla base di quanto sinora emerso, è possibile asserire che già alcuni anni dopo quel terribile evento vi fu una minima frequentazione di quest’area urbana: tale dato è comprovato, infatti, dalla scoperta di diversi accumuli di schegge marmoree (segno della spoliazione degli edifici, avvenuta in occasione degli aiuti forniti alla popolazione locale e predisposti da speciali magistrati, chiamati Curatores restituendae Campaniae) e di semi di specie vegetali legate all’agricoltura. Un’ulteriore ed indiscutibile evidenza è rappresentata dallo stravolgimento del bacino stratigrafico venutosi a creare nell’Insula Meridionalis nel corso dei secoli. Tale rimescolamento sarebbe stato causato in primo luogo dagli scavi borbonici del ‘700 e successivamente dagli sterri della seconda metà dell’800, presso il santuario di Venere, e dalle esplorazioni condotte nei decenni centrali del ‘900. Ciononostante, archeologi e restauratori, nell’arco dei prossimi quattro anni (tale dovrebbe essere la durata del cantiere, reso possibile da un finanziamento di oltre 20 milioni di euro), confidano non solo di soddisfare le normali esigenze di tutela di un patrimonio unico al mondo ma anche di arricchire i contenuti del quadro storico sulla vita di Pompei prima e dopo l’eruzione del 79 d.C.

Scavi nella Regio IX – Foto (modificata) da comunicato stampa

Un primo bilancio delle attività di cantiere nell’Insula

In una conferenza stampa, tenutasi a Pompei lo scorso 5 aprile, sono stati illustrati i primi risultati delle attività in corso nell’Insula Meridionalis:”La messa in sicurezza di quest’area è caratterizzata dal perseguimento di diversi obiettivi – ha così esordito nel suo intervento il Responsabile Unico del Procedimento, Vincenzo CalvaneseIn primis vi è quello di evitare possibili crolli ma allo stesso tempo è necessario garantire una migliore accessibilità dal Tempio di Venere e dal giardino della Casa di Championnet per poi arrivare al Foro. Nonostante il progetto di fattibilità del cantiere risalga all’ottobre 2015, soltanto nel settembre 2021 è stata effettuata la gara per i lavori, riuscendo infine a stipulare i contratti con le ditte solo due anni dopo. L’importanza di questo intervento – ha poi aggiunto Calvanese – consiste nella sua complessità e multidisciplinarietà, in quanto vede l’impegno concomitante di archeologi, botanici, vulcanologi e restauratori”.

Paolo Mighetto, in qualità di responsabile scientifico del cantiere, ha mostrato al pubblico alcuni elementi insoliti e di particolare interesse emersi durante questi primi mesi di lavoro:”Nell’ambito delle ricerche presso gli horrea del Tempio di Venere abbiamo riscontrato l’impronta di una fune e le orme di sandalo. L’origine di queste tracce deriva dal fatto che in quel contesto si stava stendendo un massetto fresco e che ad un certo punto un evento, come un terremoto o la stessa eruzione del 79, ha fatto fuggire gli operai. Inoltre, è stata scoperta una lastra marmorea con doppia iscrizione la cui decifrazione è in corso da parte degli esperti. Anche un altro settore, come il complesso del Sarno, formato dalle Terme e dalla Palestra Iuvenes, ci sta dando importanti informazioni attraverso i materiali di risulta qui accumulatisi ed il consolidamento dell’emplecton, ovvero il riempimento delle murature a doppio paramento”. Nella sua relazione, Mighetto ha sottolineato come la direzione del Parco Archeologico di Pompei si stia adoperando per rendere quanto prima fruibile dai visitatori questo settore della città:” Stiamo considerando di ripiantare una vegetazione presso massetti, sottofondazioni e altre strutture a vista, facendo sì che queste vestigia possano essere protette naturalmente e dunque meglio valorizzate. Inoltre, stiamo curando un programma comunicativo, denominato il Tempo delle Noci, con cui possiamo divulgare i restauri e le attività in corso ai più piccoli e alle famiglie. I suoi protagonisti saranno una ragazza, intenta a raffigurare la Pompei dell’antichità, e un ragazzo, che vuole porle a confronto e dipingere la Pompei di oggi, che è anche quella del nostro cantiere dell’Insula Meridionalis”.

Mappa area di scavo da drone della Regio IX insula 10 al 21.02.2023 – Foto (modificata) da comunicato stampa

Da una domus della Regio IX un oecus con “vignette mitologiche”

In un’altra area dell’antica Pompei come la Regio IX, anch’essa oggetto di approfondite indagini da alcuni mesi, stanno continuando ad emergere straordinarie scoperte. All’interno di una domus situata nella parte meridionale dell’insula 10 è stata rinvenuta una sala da pranzo caratterizzata da un’interessante decorazione parietale a fondo nero, riconducibile alla mano di un unico pittore o quantomeno ad un medesimo atelier. Al centro delle pareti nord e sud di questo oecus sono emerse due coppie di personaggi legati all’epica greca e al cosiddetto ciclo troiano.

Su quella settentrionale, grazie anche alle iscrizioni dei loro nomi in greco, è stato possibile identificare Elena, moglie del re di Sparta, Menelao, e Paride, secondogenito del re di Ilio, Priamo. La loro relazione adulterina, secondo il mito, avrebbe scatenato la lunghissima e sanguinosa guerra narrata nei poemi omerici. La regina spartana, accompagnata da un’ancella, indossa un chitone celeste trasparente, che lascia intravedere la sua pelle candida, e il classico mantello, l’himation, aperto sul busto e colorato di tonalità grigie e verdi. Elena, mostrando il suo sfarzo attraverso un anello d’oro all’anulare sinistro, un’armilla sull’avambraccio destro, un collier ed una coppia di orecchini, sembra incedere verso il suo amante. Paride, che tende il braccio destro verso di lei in segno di accoglienza, alla luce del suo coinvolgimento emotivo appare leggermente arrossato in volto. Anche il suo abbigliamento denota grande eleganza: alla tunica celeste, ornata da riquadri giallo-rossi su fondo crema, si associano pantaloni giallo-verdi con fasce orizzontali rosso-azzurre ed un berretto frigio. La presenza del cane molosso ai suoi piedi sarebbe finalizzata, invece, a richiamare le sue origini pastorali.

Sulla parete opposta del salone, cioè quella meridionale, è rappresentata un’altra celebre coppia del ciclo troiano, formata da Apollo e Cassandra. Sulla sinistra il dio, nudo, con solo indosso sulle spalle un mantello azzurro e sul capo una corona di alloro, si appoggia su una lira. Il suo sguardo languido è rivolto verso una fanciulla seduta al di sopra di un omphalos verde poggiato su un basamento a due gradini. La ragazza è stata identificata con la figlia di Priamo non solo per l’eleganza del suo abbigliamento (dai tradizionali chitone e mantello alle armille ai polsi) ma anche per il suo atteggiamento di disperazione, rivelato dalla mano destra portata alla fronte e dalla sua espressione in volto. Cassandra, infatti, era nota per le sue doti di profetessa, grazie alle quali aveva potuto conoscere in anticipo la triste sorte prevista per sé stessa e per Troia. Tuttavia, a causa di una maledizione inviatale da Apollo, il quale non fu amorosamente ricambiato da lei, le sue premonizioni non furono credute dai suoi compatrioti: Ilio fu messa a saccheggio e distrutta dagli Achei mentre la fanciulla stessa fu prima stuprata da Aiace e poi deportata come schiava a Micene da Agamennone.

Ad accomunare, pertanto, le due “vignette mitologiche” di questo oecus è non solo il riferimento all’epos greco ma anche l’intento di far riflettere gli ospiti del proprietario della domus sul rapporto tra uomo e fato. In merito all’inquadramento stilistico e cronologico dell’intero programma decorativo del salone, che ha restituito, tra l’altro, frammenti dipinti del soffitto a lacunari e dei mosaici pavimentali, non sembrano esserci particolari dubbi. Sulla base, infatti, dei confronti con altre residenze pompeiane, come le case di Obellius Firmus e Paquius Proculus, e con il celeberrimo modello della Villa Farnesina di Roma, si può affermare che le sue pareti sarebbero state affrescate sul finire del I secolo a.C. nell’ambito dello sviluppo, ormai maturo, del III stile pompeiano.

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