Paestum, il cosiddetto tempio di Nettuno – Foto: Stefania Rega
Almeno fino agli anni Ottanta, per molti Paestum è stata probabilmente solo una appartata località balneare. Ha una lunga spiaggia bianca preceduta da una altrettanto lunga e folta pineta che offre una gradevolissima frescura nelle roventi estati mediterranee. Ma Paestum è una città antichissima, che affonda le sue radici nella Magna Grecia, come ampiamente testimoniato dal Parco Archeologico di Paestum e Velia, patrimonio Unesco dal 1998.
Il Parco sorge a pochissimi chilometri dalla pineta che protegge la spiaggia e racchiude i resti archeologici della città greca di Poseidonia. Segnatamente, i templi dorici meglio conservati al mondo e la città che intorno ad essi prosperò.
Poseidonia fu fondata tra la fine del VII e gli inizi del VI sec.a.C., quando l’Italia meridionale era percorsa da coloni greci in cerca dei siti migliori in cui stabilirsi. Questa zona nella piana del Sele, a pochi chilometri dal mare, fu scelta dai coloni provenienti da un’altra città greca, Sibari, in Calabria, che avevano bisogno di una base nel Tirreno per i loro commerci marittimi. E qui, a circa 100 KM a sud di Napoli, fondarono la nuova colonia, Poseidonia appunto, in onore ovviamente del dio del mare Poseidone.
Paestum, le due file di colonne sovrapposte all’interno del cosiddetto tempio di Nettuno – Foto: Stefania Rega
Come quasi tutte le città greche, anche Poseidonia dovette fare i conti prima con i Lucani e poi con i Romani. Non essendo una città militarmente attrezzata, fatta eccezione per l’imponente cinta muraria ancora oggi perfettamente conservata, Poseidonia cedette prima agli uni poi agli altri. Ma se i Lucani, una popolazione italica di lingua osca, lasciarono la città greca quasi intatta, i più strutturati Romani vi introdussero molti elementi tipici delle loro città, come il Foro, il macellum e l’Anfiteatro. Poseidonia diventò così Paestum ma continuò a vivere e prosperare.
I problemi per la romanizzata Paestum iniziarono quando fu costruita la Via Appia che collegava Roma all’Adriatico, e la Popilia che attraversava la Magna Grecia in un percorso lontano dalla costa. La città si trovò così esclusa dalle principali direttrici commerciali e la sua economica iniziò a declinare. A ciò si aggiunse l’impaludamento dovuto al fiume Salso, che corrisponde all’attuale Capodifiume. Le acque non riuscivano più a defluire normalmente a causa del progressivo insabbiamento della foce.
E così, nell’VIII secolo d.C., 1200 anni dopo la fondazione di Poseidonia, Paestum fu abbandonata dalla sua popolazione.
Tuttavia, come l’eruzione del Vesuvio ha conservato Pompei, la palude ha conservato Paestum. L’isolamento a cui la natura ha obbligato tutta l’area dell’antico insediamento ha fatto sì che il sito arrivasse a noi nelle splendide condizioni in cui possiamo ammirarlo oggi.
Oggi, infatti, possiamo visitare il cuore sacro dell’antica Poseidonia, vale a dire i tre templi e le loro caratteristiche colonne doriche, ma anche gli edifici, le strade e le case di una parte della città e il moderno Museo.
I templi, come si diceva, sono ottimamente conservati. Il tempio di Hera è il più antico, la sua costruzione è iniziata intorno al 560 a.C. Mancano i frontoni e la sala interna è divisa da una fila di colonne centrali. Il tempio di Atena, invece, è quello più appartato, e il meno noto, costruito sul punto più alto della città intorno al 500 a.C. Ma il tempio in assoluto più grande e maestoso è il cosiddetto tempio di Nettuno, realizzato verso la metà del V secolo a.C. e probabilmente dedicato ad Apollo o Zeus. All’interno del colonnato sono visibili ancora oggi, caso rarissimo, altri due colonnati su due ordini sovrapposti che, coperti da un tetto di legno, formavano la cella interna, il naòs, in cui era custodita la statua del dio. Poiché è possibile accedere a questo tempio, superare la fila di colonne del peristilio e sostare davanti alle mura che chiudevano il naòs, basta restare in ascolto per qualche secondo e immaginare il buio e il silenzio della cella per avvertire la sacralità del luogo.
Completata la visita ai templi, è possibile camminare lungo le strade della città e riconoscere le case e i luoghi pubblici, anche se ne rimangono in realtà solo i perimetri. E non può mancare una visita al Museo. Dista poche decine di metri dal Parco, e contiene reperti di grande valore storico-artistico. In particolare, consente di ammirare i resti delle tante tombe trovate oltre le mura di recinzione della città. Tra questi, il famosissimo e bellissimo tuffatore. Si tratta della lastra di copertura dell’omonima tomba rinvenuta nel 1968 in una piccola necropoli fuori Paestum e datata intorno al 480 a.C.
Il sito di Paestum è una fonte di storia ed arte incredibilmente ricca e preziosa. È arrivato fino a noi anche grazie a una circostanza imprevedibile e tragica nel momento in cui si materializzò. Tuttavia, a noi moderni consente di approfondire la conoscenza di uno dei momenti più belli e significativi della storia dell’uomo. E naturalmente ci chiede di essere abbastanza accorti nel conservarlo. Oggi, il Parco contiene solo una parte dell’antica città. Un’altra, probabilmente altrettanto grande e ricca, è ancora coperta dalla vegetazione, e in certi casi da strade e costruzioni moderne. La tendenza dell’archeologia contemporanea è spesso quella di lasciare interrati i resti. È il modo migliore per conservarli. L’esposizione agli eventi atmosferici, il turismo di massa, la cupidigia umana sono pericoli molto seri e sempre in agguato.
Paestum, il tempio di Hera e quello di Nettuno – Foto: Stefania Rega
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