Foto: Stefania Rega
Il commesso, di Bernard Malamud, affronta la complessa tematica dell’immigrazione attraverso una vicenda ambientata nella New York degli anni Cinquanta.
Malamud: dalla Russia agli States, in cerca di fortuna
Bernard Malamud è nato a Brooklyn nel 1914 da una coppia di emigranti russi di religione ebraica. Nonostante le non facili condizioni economiche della famiglia, si laureò in letteratura inglese e proseguì gli studi con un master. In ragione delle necessità familiari iniziò subito a lavorare come impiegato nella motorizzazione civile. Ma intanto scriveva e pubblicava racconti. Erano gli anni Quaranta, l’America era in piena fase di espansione economica. Il sogno americano era alla portata di molti, se non di tutti.
Al figlio dell’emigrato ebreo che si metteva in luce con le sue opere letterarie venne presto offerto un lavoro di insegnante nelle scuole serali, poi nelle università. Malamud diventò professore di letteratura e scrittura creativa prima presso l’Università dell’Oregon, poi del Vermont. Scrisse un numero esorbitante di racconti pubblicati in una serie di raccolte che rappresentano una delle vette più elevate della narrativa breve in lingua inglese. Inoltre, pubblicò una serie di romanzi di grande impatto, tra cui L’uomo di Kiev e Le vite di Dubin, quest’ultimo considerato la sua opera migliore.
La sua notevole produzione letteraria è stata riconosciuta con una discreta sequenza di premi: un National Jewish Book Award, due National Book Award, il Premio Pulitzer, il Premio O. Henry Award e il PEN/Faulkner Award for Fiction.
Un ‘sogno’ che per i ‘buoni’ (come Morris Bober) diventa incubo
Il commesso, romanzo pubblicato negli Stati Uniti nel 1957, è uno dei suoi primi lavori. Il protagonista è Morris Bober, un immigrato russo di religione ebraica che vive a New York con la sua famiglia e si consuma giorno dopo giorno nel suo negozietto di alimentari. Intorno a lui, un quartiere di immigrati che con alterne fortune cerca di farsi strada nell’arrembante economia americana di quei decenni.
Il romanzo ha uno stile asciutto, una lingua ‘levigata’ e il ‘passo’ tranquillo di un autore che sa esattamente come gestire la sua materia narrativa. Malamud racconta il sogno americano che non si realizza, anzi si fa incubo e distrugge i suoi protagonisti. Il mondo degli immigrati nella New York degli anni Cinquanta che lui descrive è povero, ghettizzato e crudele. Solo chi usa la forza riesce ad emergere, chi imbroglia persino il proprio socio, chi ruba. Per gli onesti non c’è scampo, loro sono destinati al fallimento e alla solitudine.
La storia di Morris è emblematica. La sua più aderente connotazione è la bontà. È un uomo incapace di rancore, di odio o vendetta. È un Giobbe moderno, che da uomo retto subisce e sopporta le angherie di un dio che lo mette alla prova. La sua pietà lo spinge fino al punto da assumere un commesso di cui non ha alcun bisogno. I pochi guadagni infatti non gli permetterebbero nemmeno di sopravvivere insieme alla moglie e alla giovane figlia Helen, se non fosse proprio quest’ultima ad avere un impiego e portare lo stipendio a casa.
Morris Bober e Frank Alpine: due protagonisti antitetici
Il negozio non decolla, i clienti sono pochi e comprano poco. In più, una sera, Morris viene rapinato, colpito alla testa e costretto a letto. In quel momento di estremo bisogno compare sulla scena Frank Alpine, un immigrato italiano senza arte né parte che si offre di sostituire Morris in negozio in cambio solo di vitto e alloggio. L’evento divide la famiglia. Morris lo accetta perché non ha il cuore, davanti all’estremo bisogno di Frank, di cacciarlo. Sua moglie Ida, invece, è totalmente contraria, anzi è spaventata da quel ragazzo sconosciuto, un goy oltretutto, un non ebreo. Ma la necessità di sopravvivere pretende il suo obolo. Alpine si installa sempre più saldamente nel negozio, tanto che ad un certo punto la coppia di ebrei deve ammettere che da quando c’è lui gli affari vanno nettamente meglio. Mandarlo via, come vorrebbe Ida, diventa sempre più difficile. Soprattutto dopo che Frank riesce ad entrare nel cuore di Helen, la giovane e triste figlia dei Bober, iniziando una drammatica storia d’amore.
Il romanzo si concentra intorno alla violenta collisione tra gli aspetti umani, economici, religiosi e sociali delle due personalità di spicco della storia, Frank e Morris, l’uno il controcanto dell’altro. Se il primo è un ragazzo senza famiglia, con un passato misterioso, scansafatiche e sradicato, l’altro, invece, è un uomo adulto legato alla sua famiglia e alle sue radici russe, appassionato del suo mestiere e avido di lavoro. Ma soprattutto Frank è irresistibilmente attratto dal male, proprio come Morris è irresistibilmente attratto dal bene. Sono due figure tragiche, che combattono contro i loro stessi istinti, sempre alla rincorsa della felicità ma inevitabilmente destinati a scansarla perché segnati dal destino.
Nel romanzo di Malamud il fedele ritratto di un quartiere difficile
Intorno a questa coppia drammatica, Malamud costruisce una mirabile scenografia urbana e umana. La capacità dello scrittore statunitense di rappresentare e far rivivere sotto gli occhi dei lettori un quartiere newyorkese brulicante di vita è davvero stupefacente. Sulle pagine del Il commesso scorrono le strade percorse affannosamente di giorno da personaggi di mille nazionalità, occupati in mille diverse attività, e vuote di sera, lasciate sotto la luce greve di lampioni che illuminano l’asfalto scuro, lasciando immaginare il riposo serale di chi è finalmente giunto alla fine della giornata di lavoro. Le vetrine dei negozi in fila lungo i marciapiedi si susseguono in una rincorsa incessante e con alternanze continue. C’è il grosso e luminoso spaccio di liquori, affollato e colorato, e subito dopo il negozietto di alimentari semivuoto e grigio; la paura di un negoziante che ha saputo dell’apertura imminente di un altro locale che potrebbe portargli via i clienti; le passeggiate fintamente distratte davanti alle vetrine del concorrente per sapere come se la passa; i ladri che spiano gli orari di chiusura per scegliere il momento in cui agire; il figlio del commerciante arricchito che va in giro con il macchinone lucido.
E poi la dimensione domestica, sottolineata dal fatto che tutti conoscono tutti e che spesso le persone vengono indicate con la nazionalità più che con il nome: Frank Alpine è l’italiano; poi ci sono la polacca; i due norvegesi che aprono un nuovo negozio; il fornitore tedesco e, naturalmente, gli ebrei. Perché è l’ebraismo il cruccio nascosto di Malamud. La fede costata pochi anni prima un olocausto per mezza Europa e i pogrom per i russi come Malamud e Morris. Il finale piuttosto spiazzante del romanzo è una celebrazione dell’ebraismo migliore: quello fatto di onestà e solidarietà, di lavoro e famiglia, raccontato da Malamud e impersonato da Morris Bober.
