Muddy Waters (Greece) – Foto: Menandros Manousakis
Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale su scala globale richiede un elevato dispendio non solo di energia elettrica ma anche e soprattutto di acqua.
È ormai risaputo che i sistemi di intelligenza artificiale hanno un elevato costo in termini energetici. Ciò che non molti sanno è che il consumo di risorse non si limita all’elettricità. L’intelligenza artificiale ha infatti bisogno anche di un ingente quantitativo di acqua per funzionare e, sorprendentemente, l’impatto ambientale è molto più elevato di quanto si potrebbe immaginare. Secondo le stime di L&G Asset Management, tra il 2017 e il 2022 l’espansione progressiva dell’intelligenza artificiale ha causato un incremento annuale del 6% nel consumo di risorse idriche. Si stima che, entro il 2027, la crescita del settore richiederà tra i 4,2 e i 6,6 miliardi di metri cubi d’acqua: una quantità che corrisponde alla metà del fabbisogno annuo del Regno Unito, o cinque volte quello complessivo della Danimarca.
I data center statunitensi e i costi della filiera
Ma a cosa è dovuta questa enorme domanda d’acqua? Come spiega Shichen Zhao, analista di ricerca tematica presso L&G Asset Management, i programmi come ChatGPT devono eseguire un numero elevatissimo di calcoli per elaborare il risultato richiesto. Questo sovraccarico provoca un forte surriscaldamento dei server. L’elaborazione di testi, immagini e altri output da parte dell’intelligenza artificiale generativa crea una notevole quantità di calore e il metodo più efficace per raffreddare i server è utilizzare l’acqua. I principali responsabili di questo consumo così elevato sono i data center degli Stati Uniti che da soli assorbono il 40% delle risorse idriche utilizzate.

Electric Laptop – Foto: Menandros Manousakis
Con l’aumento delle capacità di calcolo e la crescente domanda degli utenti, anche il consumo d’acqua cresce. Solo nel 2022, Google ha utilizzato 20 miliardi di litri di acqua: un quantitativo che corrisponde al consumo annuale di 2,5 milioni di europei o 1,2 milioni di americani. “A seconda delle condizioni ambientali, un server può far evaporare tra 1 e 9 litri d’acqua per ogni kWh consumato” aggiunge Zhao. Le aziende come Alphabet e Microsoft, che nel biennio 2020-2022 hanno sviluppato i loro modelli di intelligenza artificiale, hanno visto aumentare il loro consumo d’acqua rispettivamente del 20% e del 34%.
Tuttavia, le risorse idriche non vengono utilizzate unicamente per raffreddare i server ma sono anche necessarie per la produzione di energia idroelettrica necessaria ad alimentare i data center. Nel 2023, sono stati 800 miliardi i litri d’acqua usati per produrre energia idroelettrica destinata a supportare le infrastrutture negli Stati Uniti.
A questo bilancio già di per sé particolarmente problematico vanno aggiunti i costi indiretti, ma rilevanti, che contribuiscono ad aumentare l’impatto complessivo dell’intelligenza artificiale. I principali giganti dell’industria tech utilizzano enormi quantità di semiconduttori e microchip, la produzione dei quali comporta un significativo dispendio di acqua. Per esempio, un singolo wafer layer da 12 pollici prodotto dalla TSMC richiede un quantitativo d’acqua pari al 60% del consumo giornaliero di una persona media a Taiwan.

The Drop (Greece) – Foto: Menandros Manousakis
Tecnologie a minore impatto ambientale per la salvezza del pianeta
Secondo il World Economic Forum, una singola fabbrica di chip consuma ogni giorno 10 milioni di galloni d’acqua ultra-pura, una quantità che soddisferebbe il fabbisogno di circa 33.000 famiglie americane. Non tutti questi dispositivi sono destinati ai data center ma, considerando che il mercato di questi prodotti crescerà tra il 13% e il 15% all’anno fino al 2030, è evidente che il consumo d’acqua sarà destinato ad aumentare ulteriormente. Questa tendenza preoccupa in quanto va in direzione opposta a quanto auspicato nell’ultimo rapporto delle Nazioni Unite dedicato all’ambiente. Attualmente, circa due terzi della popolazione mondiale soffre di carenze idriche per almeno un mese all’anno e si stima che nel 2030 tale crisi potrebbe colpire il 50% della popolazione globale. L’Onu ha evidenziato l’esigenza di adottare politiche tecnologiche di minor impatto ambientale senza però sacrificare la crescita economica mondiale. Tuttavia, se il futuro della produttività sarà sempre più legato all’intelligenza artificiale, questa sfida potrebbe diventare insormontabile.