Foto: Menandros Manousakis
L’inquinamento delle spiagge italiane è un fenomeno complesso che coinvolge aspetti ambientali, normativi e gestionali.
Dai dati più recenti emerge un peggioramento della situazione, nonostante le significative azioni dei volontari. Con oltre 7.400 chilometri di costa, l’Italia possiede uno dei litorali più estesi d’Europa. Le spiagge italiane, da quelle sabbiose tirreniche alle calette rocciose dell’Adriatico o del Sud, rappresentano con la loro diversità un’importante risorsa paesaggistica e ambientale, con considerevoli risvolti sia economici che culturali. Tuttavia, questa straordinaria ricchezza naturale è seriamente minacciata dall’inquinamento.
Il degrado di alcune porzioni consistenti della nostra costa è infatti una realtà tangibile: i rifiuti abbandonati lungo le spiagge, con l’invasiva prevalenza di plastiche, stanno compromettendo la salute degli ecosistemi marini e costieri, l’equilibrio della biodiversità e l’esperienza dei milioni di cittadini e turisti che ogni anno affollano il nostro litorale.

Plastica in mare – Autore foto: Tim Mossholder – Licenza: Unsplash
L’indagine Beach Litter 2025: i numeri del fenomeno
A fornire un quadro preciso dello stato delle spiagge italiane è l’annuale indagine Beach Litter di Legambiente. L’iniziativa, svolta grazie al contributo dei volontari delle sedi locali dell’associazione, ha monitorato quest’anno ben 63 spiagge in 13 Regioni.
La superficie complessivamente analizzata è stata di circa 196.890 mq, lungo cui sono stati rinvenuti 56.168 rifiuti. Si tratta di una media pari a 892 di essi ogni 100 metri lineari di costa: un dato che, da solo, testimonia la vastità del fenomeno. Inoltre, la situazione appare allarmante se raffrontata con le statistiche del 2024, rispetto alle quali, essendo all’epoca in presenza di 705 rifiuti ogni 100 metri di spiaggia lineare, si è realizzato un incremento di circa il 26,5%.
Altro dato preoccupante ci viene fornito dall’utilizzo del Clean Coast Index (CCI), un indicatore adottato a livello internazionale per classificare la pulizia dei lidi in base alla densità dei rifiuti. In base ad esso emerge infatti che il 28% delle spiagge esaminate rientra nelle categorie “sporca” o “molto sporca”, a fronte del 6,6% registrato nel 2024. Parallelamente, diminuiscono in modo netto le spiagge considerate “molto pulite” (dal 42% al 27%) e “pulite” (dal 24,2% al 14%).
Analizzando la tipologia dei rifiuti raccolti, la plastica si conferma come il materiale inquinante più diffuso con il 77,9% sul totale di essi e con una quantità pari ad oltre 43.700 oggetti. Tra questi, i più riscontrati sono i prodotti monouso, estremamente commercializzati, malgrado le serie limitazioni introdotte dall’Unione Europea con la Direttiva SUP (Single Use Plastics), recepita in Italia nel 2021.
Tra i rifiuti più diffusi vi sono: le bottiglie e contenitori per bevande (33,2%), mozziconi di sigaretta (18,6%), cotton fioc (13,8%), reti da pesca (11,9%) e stoviglie in plastica (12,1%). Altri scarti largamente presenti sono: pezzi di plastica tra i 2,5 e i 50 cm (13%), tappi e coperchi in plastica (8,2%), frammenti di polistirolo (6,9%), salviette umide, materiali da costruzione, buste di plastica e frammenti in vetro o ceramica.

Foto: Menandros Manousakis
Il quadro normativo: bene pubblico, uso collettivo
Al fine di comprendere a pieno la vastità del problema, vale la pena citare il quadro normativo italiano ed europeo dal quale emerge con evidenza come la tutela delle spiagge vada garantita con efficacia, in quanto queste sono un bene la cui fruizione e godimento appartengono alla comunità.
In Italia, le spiagge fanno parte del demanio marittimo, regolato dal Codice della Navigazione (artt. 28 e 29), e rientrano tra i beni pubblici inalienabili, imprescrittibili e non commerciabili. Secondo il nostro ordinamento, il litorale è destinato ad un uso pubblico collettivo, principalmente per la balneazione, la navigazione e la pesca.
Tale natura pubblica implica il diritto all’accesso libero da parte di ogni cittadino e il dovere delle autorità pubbliche di tutelarne l’integrità. Tuttavia, questa visione si scontra sempre più spesso con pratiche di gestione opache o derogatorie, in particolare per quanto riguarda le concessioni balneari.
Sia in termini di libero accesso alle spiagge sia in termini di rispetto dei parametri ambientali di inquinamento, l’Italia è incorsa in serie violazioni delle normative sancite dall’Unione Europea. In particolare, va menzionata la mancata applicazione della Direttiva 2006/123/CE, nota come Direttiva Bolkestein. Tale norma impone che le concessioni demaniali marittime siano assegnate attraverso procedure competitive, trasparenti e a tempo determinato. Contrariamente a quanto previsto, l’Italia ha prorogato automaticamente quelle già esistenti, più volte e fino al 2024, in modo difforme rispetto alle disposizioni comunitarie.
Nel novembre 2023, la Commissione Europea ha avviato una procedura formale di infrazione, contestando al nostro Paese il mancato rispetto delle norme sulla concorrenza e sull’accesso equo ai beni pubblici. Questo approccio non solo mina i principi del diritto comunitario, ma contribuisce a mantenere gestioni tradizionali e consolidate, che in molti casi risultano ampiamente carenti anche sul piano ambientale e della pulizia delle spiagge.
Parallelamente, l’Italia ha ricevuto osservazioni critiche anche rispetto all’attuazione della Direttiva 2008/56/CE (Strategia Marina), che impone agli Stati membri di adottare misure per raggiungere il buono stato ambientale del mare entro il 2020. Ad oggi questo obiettivo è ancora lontano e l’inquinamento da rifiuti costieri resta un indicatore negativo ricorrente nei report europei.

Plastica in mare – Foto: Lucia Montanaro
Le Aree Marine Protette: laboratori di tutela
Ai fini della tutela delle aree costiere un modello alternativo e virtuoso è rappresentato dalle Aree Marine Protette (AMP), zone soggette a vincoli ambientali speciali e a piani di gestione integrata. Attualmente in Italia ne sono presenti 31, distribuite tra Adriatico, Tirreno, Ionio e Mediterraneo. Le AMP non solo tutelano la biodiversità marina, ma hanno ricadute positive anche sulle spiagge adiacenti, garantendo l’integrità dell’ambiente e dei fondali e una migliore qualità nella fruizione di spiagge e della balneazione.
Esemplare è il caso di Torre Guaceto (Puglia), dove il coinvolgimento di enti locali, turisti e pescatori ha creato un modello sostenibile e replicabile. Nello specifico, tra le iniziative più efficaci c’è la campagna “Plastic x Coffee”, che premia chi raccoglie rifiuti spiaggiati con un caffè gratuito. Inoltre, numerose giornate di pulizia, fondamentali per preservare l’ecosistema, hanno coinvolto centinaia di volontari, contribuendo a rimuovere tonnellate di plastica e altri rifiuti.
Altri esempi virtuosi sono in Sardegna, dove l’AMP di Portofino e quella di Capo Carbonara offrono una prova concreta di come una regolazione attenta possa migliorare la qualità ambientale e ridurre sensibilmente la presenza di rifiuti. Potenziare questa rete, in termini di estensione, investimenti e progettazione, può rappresentare uno degli strumenti più efficaci per agire sulle cause dell’inquinamento e sul degrado costiero.

Sunrise of the South – Foto: Menandros Manousakis
Un modello partecipativo: educazione, volontariato e responsabilità
Accanto alle norme e ai vincoli, la partecipazione civica gioca un ruolo fondamentale nella tutela delle spiagge. Campagne come “Spiagge e Fondali Puliti” di Legambiente, che ogni anno coinvolgono cittadini, studenti, associazioni e imprese, sono basilari sia per sensibilizzare l’opinione pubblica sia per garantire la pulizia di aree costiere, che, in assenza degli adeguati investimenti pubblici, senza lo sforzo di volontari e associazioni rimarrebbero altamente inquinate.
Tuttavia, le iniziative sporadiche, per quanto importanti, non sono sufficienti se non vengono affiancate da politiche che puntino su un modello cooperativo tra istituzioni, operatori economici e società civile e siano fondate su un principio di corresponsabilità nella tutela di quello che è un bene comune. In questo senso garantire l’effettivo e libero accesso costiero, adeguandosi ai parametri imposti dall’Unione Europea, potrebbe essere un passo fondamentale nella percezione del litorale come patrimonio collettivo da difendere, tutelare e proteggere.
Il mare e le coste hanno un ruolo strategico fondamentale per uno Stato prevalentemente litoraneo come l’Italia, e occorrerebbe dunque riconoscerne l’importanza e costruire una visione di lungo periodo, fondata sulla trasparenza, la sostenibilità e la giustizia ambientale. In gioco non c’è solo la bellezza del paesaggio, bensì anche la nostra capacità di rispettare e preservare l’ambiente, di goderne senza distruggerlo e di implementare un approccio ecologico in grado di permettere, non solo a noi ma soprattutto alle generazioni future, di godere di un mondo salubre, diversificato ed equilibrato.
Specifiche foto dal web:
Titolo: uccello bianco e grigio sull’acqua durante il giorno
Autore: Tim Mossholder
Licenza: Unsplash
Link: https://unsplash.com/it/foto/qq-8dpdlBsY
Foto modificata