Peter Paul Rubens, ‘Romolo e Remo’ (1620 ca.) – Olio su tela – Musei Capitolini, Roma – Foto: Giorgio Manusakis

L’antico codice, emanato nel V secolo a.C., è il perno fondamentale sia della giurisprudenza latina che di quella moderna.

Il nostro sistema giuridico civilistico è basato sulla complessa esperienza storica che ci proviene dal diritto romano, che ancora oggi è ampiamente studiato nelle aule universitarie. Il primo corpo legislativo analizzato è quello delle XII Tavole del V secolo a.C. che, diversamente da altre raccolte normative antiche, come il Codice di Hammurabi, non è una mera elencazione di prescrizioni, ma rappresenta il seme da cui germoglierà un sistema giuridico, sostanziale e processuale, organizzato su base razionale. 

Le radici giuridiche romane: dal mos maiorum alle leges regiae

Il diritto romano affonda le sue radici in un periodo avvolto nella leggenda, che inizia con le sue fonti più antiche: i mores maiorum (le consuetudini degli antenati) e le leges regiae (leggi regie). Esse erano interpretate e custodite dal collegio sacerdotale dei pontifices, di composizione esclusivamente patrizia.

Durante l’età monarchica (tradizionalmente dal 753 a.C. in poi), l’organizzazione sociale si fondava sulla famiglia patriarcale, il cui progenitore vivente (pater familias) deteneva un potere assoluto (ius vitae ac necis) su cose e persone (liberi e schiavi). L’organizzazione politica iniziale di tipo egualitario si evolse successivamente in un sistema gentilizio-clientelare, in cui le gentes assumevano una posizione dominante rispetto ai clientes. Il re (rex) assommava poteri civili, militari e religiosi (potestas regia), agendo come giudice supremo e garante della pax deorum. I pontefici erano i custodi supremi dei sacra e interpretavano i mores maiorum, compreso lo ius Quiritium (l’insieme dei diritti comuni alle gentes fondatrici). La loro interpretazione (interpretatio iuris), che era autorevole, gratuita e fornita in segreto (in penetralibus), consentì di mantenere, di fatto, il monopolio della conoscenza giuridica nelle mani del patriziato.

Le XII Tavole: una prima raccolta scritta, a tutela della plebe

Il vero punto di svolta nelle origini del diritto romano è rappresentato dalla stesura delle Leggi delle XII Tavole (Duodecim Tabulae) tra il 451 e il 450 a.C.

“Le Dodici Tavole. Il primo codice giuridico di Roma viene redatto da una commissione” – Autore disegno: Silvestre David Mirys (1742-1810) – Licenza: Pubblico dominio via Wikimedia Commons

La creazione di un codice legislativo scritto avvenne in risposta alle pressioni della plebe, che intendeva limitare l’arbitrio dei patrizi nell’amministrazione della giustizia e sottrarre ai sacerdoti il monopolio della giurisdizione.

La tradizione vuole che, per preparare il codice, una delegazione romana sia stata inviata in Grecia, forse ad Atene, per studiare le leggi di Solone. Tuttavia, l’influenza greca potrebbe essere giunta a Roma anche attraverso i nomoteti (legislatori) della Magna Grecia e della Sicilia, come Zaleuco di Locri (ne abbiamo parlato in un articolo del 28/11/2023, riportato nel magazine n. 23) e Caronda di Catania.

Il compito di redigere queste leggi scritte fu affidato a un comitato di decemviri, composto inizialmente da soli patrizi, che sostituì temporaneamente le magistrature ordinarie. Le prime dieci tavole furono approvate nel 451 a.C.; l’anno successivo, una seconda commissione completò l’opera con altre due definite da Cicerone tabulae iniquae, poiché includevano il divieto di matrimonio tra patrizi e plebei.

Il contenuto delle Tavole

Sebbene le tavole originali, scritte su lastre di bronzo (aes) e affisse nel Foro, siano andate perdute nel saccheggio di Roma da parte dei Galli nel 390 a.C., il loro contenuto è noto grazie a frammenti e citazioni in opere successive come i Tripertita di Sesto Elio Peto Cato (III-II sec. a.C.).

Pur non costituendo una codificazione completa, come oggi la si intende, le Leggi delle XII Tavole contenevano una serie di disposizioni che coprivano ampie aree del diritto privato, pubblico e sacro:

Procedura civile ed esecutiva: le tavole I, II e III regolavano la citazione in giudizio (in ius vocatio) e l’esecuzione forzata sulla persona del debitore (manus iniectio), prevedendo limiti alla prigionia. Si stabiliva che al terzo giorno di mercato i creditori potessero dividere in parti il corpo del debitore, sebbene questa norma fosse arcaica.

Diritto di famiglia e successioni: le tavole IV e V trattavano il potere del pater familias (limitando la vendita del figlio a tre volte, dopodiché questi era liberato dalla patria potestas), le norme sui rapporti di vicinato e le servitù (come la larghezza delle strade).

Diritto penale: le tavole VIII e IX prevedevano la legge del taglione in caso di lesioni permanenti (membrum ruptum), solo se falliva un accordo (pactio); pene pecuniarie erano contemplate per lesioni meno gravi (os fractum, iniuria), mentre la pena capitale era comminata per l’incendio doloso o l’uso di magia sui raccolti (fruges excantare). Peraltro fu sancita la sacertas (consacrazione alla divinità, che implicava l’uccisione impunita) per il patrono che frodava il cliente ed era vietato emanare privilegia (leggi sfavorevoli riguardanti singoli individui).

Diritto sacro e costituzionale: le Tavole X e XII fissarono, altresì, principi fondamentali. Ad esempio, stabilivano che non era consentito emanare leggi sfavorevoli riguardanti solo singoli individui e che “qualunque cosa il popolo avesse sanzionato per ultimo, sia considerato come diritto approvato” (quodcumque postremum populus iussisset, id ius ratumque esto); un principio che ribadiva la supremazia normativa della volontà popolare. Inoltre, contenevano regole sui funerali (divieto di seppellire o cremare in città).

Lex Antonia de Termessibus (I sec. a.C.) – Bronzo – Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN) Foto: Giorgio Manusakis

L’importanza delle XII Tavole: la certezza del diritto

Sono tre gli aspetti che hanno dato corpo e sostanza al dettato normativo voluto per iscritto dai romani: la certezza del diritto, attraverso la scrittura e la pubblicità; l’inizio della laicizzazione del diritto e la funzione delle Tavole come base e modello per l’evoluzione giuridica.

Prima della loro stesura, l’interpretazione del diritto (come accennato sopra, consistente in mores maiorum e leges regiae) era monopolio esclusivo del collegio sacerdotale dei pontifices, composto da patrizi. Questo rendeva l’amministrazione della giustizia arbitraria, soprattutto nei confronti della plebe. L’emanazione delle XII Tavole, avvenuta su pressione di quest’ultima classe sociale, con norme messe per iscritto e affisse nel Foro, affinché fossero visibili a tutti i cittadini, garantì trasparenza e parità (sia pure non in senso pieno) e fu un passo fondamentale verso la tutela dei diritti di tutti i cittadini. Inoltre le leggi divennero statutarie, cioè approvate da un organo legislativo, andando a superare la dipendenza esclusiva dalle consuetudini e dalle tradizioni. Le Tavole furono considerate così essenziali che i ragazzi le imparavano a memoria ancora ai tempi di Cicerone, a testimonianza del loro valore fondamentale nella società romana.

Ritratto di ignoto, cd. Cicerone – Copia moderna (XVIII sec.) da originale del I sec. a.C. – Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN) – Foto: Giorgio Manusakis

La laicizzazione del diritto

La pubblicazione delle leggi fu anche il primo passo del processo di laicizzazione del diritto, che venne così sottratto ai sacerdoti (i pontifices), ai quali venne preclusa la possibilità di interpretare la legge a loro piacimento, favorendo la distinzione tra diritto e considerazioni religiose.

Nonostante il permanere del monopolio giuridico da parte del collegio pontificale, anche dopo la pubblicazione delle Tavole, il testo scritto divenne la base su cui si sviluppò la successiva giurisprudenza laica.

L’importanza delle XII Tavole nel contesto della conoscenza giuridica è dimostrata dai Tripertita di Sesto Elio Peto Cato (III-II sec. a.C.). L’opera conteneva le antiche leggi di V secolo a.C., la relativa interpretatio e le relative formulae delle actiones, una sorta di commentario dove per ogni provvedimento si fornisce un utile commento.

Il processo di laicizzazione, iniziato con la promulgazione delle XII Tavole, proseguì con altri atti fondamentali, come la pubblicazione dei formulari delle actiones (Ius Civile Flavianum) da parte di Gneo Flavio (IV secolo a.C.), un edile che strappò al patriziato il sapere giuridico. Costui mise nero su bianco le leggi e pubblicò i calendari riportanti le date in cui si potevano fare i dibattimenti e le procedure da seguire per poter celebrare un preciso processo, consentendo così ai cittadini di avere piena cognizione del dettato normativo, fino ad allora appartenente ad una certa élite. Successivamente, con il primo pontefice massimo plebeo, Tiberio Coruncanio, che iniziò a dare responsa in pubblico (publice profiteri) nel 254 a.C., fu favorita l’accessibilità e la libera consultazione della giurisprudenza romana.

Un modello ‘pratico’ e utile, soprattutto per i magistrati

Sebbene alcune norme specifiche delle Dodici Tavole – come il divieto di matrimonio tra patrizi e plebei o la rigorosa regola sulla manus iniectio, che consentiva ai creditori di dividere il corpo del debitore – siano state successivamente modificate o siano cadute in desuetudine, il loro impianto fu cruciale per l’evoluzione del diritto romano e prefigurò un sistema giuridico che cercava di organizzarsi su una base razionale. I decemviri crearono leggi di valore pratico, separate dalle considerazioni religiose e definite con linguaggio preciso: un approccio che fu emulato da innumerevoli società e governi successivi.

Inoltre il testo servì da fondamento per le interpretazioni e le innovazioni introdotte dai magistrati, in particolare dal Pretore Urbano e dal Pretore Peregrino (per regolare i rapporti tra Romani e stranieri – peregrini), i quali, attraverso lo ius honorarium e lo ius gentium, corressero e integrarono lo ius civile tradizionale.

Gli sviluppi del diritto romano sino al Medioevo e alla modernità

Verso la fine della Repubblica (II-I sec. a.C.), giuristi come Quinto Mucio Scevola e Servio Sulpicio Rufo,(ritenuto da Cicerone colui che trasformò lo ius civile in ars) iniziarono a dare una consolidazione teorica allo ius civile.

Con l’avvento del Principato (27 a.C.), il potere normativo si concentrò progressivamente nelle mani dell’imperatore (princeps). Questi emanava provvedimenti che divennero la fonte più importante del diritto, inclusi edicta (disposizioni generali), mandata (istruzioni ai governatori), decreta (sentenze in appello) e rescripta (pareri giuridici). Un evento giuridico fondamentale fu l’emanazione della Constitutio Antoniniana (212 d.C.) da parte di Caracalla, che estese la cittadinanza romana a quasi tutti gli abitanti dell’Impero, abolendo la distinzione tra diritto romano e diritti locali.

Ritratto di Caracalla (212 d.C.) – Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN) – Foto: Giorgio Manusakis

Dal 284 d.C., con Diocleziano, la cognitio extra ordinem divenne l’unica forma processuale e le fonti del diritto si ridussero a sole leges (costituzioni imperiali) e iura (opere dei giuristi classici). L’influenza dei valori cristiani iniziò a permeare la giurisprudenza, influenzando i concetti di aequitas, benignitas, caritas e humanitas per la protezione dei soggetti più deboli, come donne, minori e schiavi. Normative attuali come il divieto del patto commissorio a tutela del debitore e i limiti sui tassi di interesse (usurae) furono introdotte sotto l’influenza cristiano-romana grazie a Costantino, nel 324 d.C. Il culmine dello sviluppo del diritto romano si raggiunse nel VI secolo d.C. con l’imperatore d’Oriente Giustiniano (527–565 d.C.) e la sua opera di codificazione, il Corpus Iuris Civilis, ancora considerata un “monumento della giurisprudenza”, di cui abbiamo parlato nell’articolo del 21/12/2024. Le XII Tavole, dunque, sono l’architrave su cui si edificò l’intero sistema giuridico romano, la cui evoluzione fu continua e secolare, culminando nella successiva compilazione giustinianea, che ha influenzato profondamente il diritto comune europeo in epoche successive alla scomparsa dell’Impero Romano. Un esempio eclatante della forza del diritto latino lo si ritrova in gran parte della Germania dove, fino all’adozione di un codice comune per l’intero impero del 1900, esso fu applicato come “diritto sussidiario”, salvo diversa esclusione da disposizioni locali.

Specifiche foto dal web

Titolo: Loix des Douze Tables (The Twelve Tables Rome’s First Legal Code is Drawn up by a Commission) “Le Dodici Tavole. Il primo codice giuridico di Roma viene redatto da una commissione”
Autore: Drawing by Silvestre David Mirys (1742-1810). Engraved by Claude-Nicolas Malapeau (1755-1803)
Licenza: pubblico dominio via Wikimedia Commons
Link: File:Loix des Douze Tables.jpg – Wikipedia
Foto modificata

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