Mosaico raffigurante la corte dell’imperatore Giustiniano I, Basilica di San Vitale, Ravenna – Autore foto: Roger Culos – Licenza: Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo 3.0 Unported
Il 16 dicembre è un giorno legato ad un avvenimento straordinario per la storia del diritto: la promulgazione del Digesto di Giustiniano I.
Quest’opera, considerata un vero e proprio monumento giuridico, rappresenta una sintesi delle opinioni dei più importanti giuristi romani e ha esercitato un’influenza profonda sulla storia del diritto, in particolare su quello europeo.
Il Digesto fu il frutto della lungimiranza di un imperatore bizantino, Giustiniano I, che, sebbene di umili origini, divenne uno dei più grandi sovrani dell’età tardo-antica e altomedievale. Il suo regno fu caratterizzato da un’ambiziosa politica di riconquista dei territori occidentali un tempo appartenuti all’Impero Romano e da una incisiva riforma dell’amministrazione e del diritto romano.
Giustiniano: dall’ascesa politica al Corpus Juris Civilis
Flavius Petrus Sabbatius Giustiniano nacque a Tauresium (l’odierna Skopje, in Macedonia del Nord) nel 482 in una famiglia illirica romanizzata e fu adottato dallo zio Giustino I, suo conterraneo e figlio di contadini, che con il suo valore scalò le gerarchie militari fino ad essere acclamato, nel 518, a quasi 70 anni, imperatore, nonostante, secondo lo storico Procopio, fosse ignorante e poco avvezzo al buon governo. L’avvento al trono di Giustino I ebbe, però, il grande merito di segnare l’inizio di una dinastia, quella giustinianea, che governò a Costantinopoli sino agli inizi del VII secolo e che rappresentò uno dei periodi di maggior splendore dell’Impero Romano d’Oriente, durato più di mille anni.
Nominato erede al trono, Giustiniano I prese il potere alla morte dello zio, nel 527 d.C., dando il via ad una serie di imprese militari e di riforme che, come noto, hanno lasciato il segno nei secoli che seguirono. L’imperatore promosse una vasta opera di ricostruzione e abbellimento della capitale, Costantinopoli, dopo i gravi danni causati da un terremoto nel 525 e avviò una serie di campagne militari finalizzate alla riconquista dell’Italia, allora divisa tra Ostrogoti e Bizantini, anche se non sempre tali azioni ebbero successo.
L’Impero Romano d’Oriente nel 555 – Foto: Shuaaa2 – Licenza: CC BY-SA 4.0 via Wikimedia Commons
Senza dubbio l’eredità più grande lasciata da Giustiniano fu la codificazione del diritto romano con la creazione del Corpus Juris Civilis, che si compone di quattro opere fondamentali: il Digesto, il Codex, le Istituzioni, le Novelle.
Il Digestum seu Pandectae è una compilazione, in 50 libri, di brani di opere di giuristi romani, divisi in titoli, frammenti e paragrafi, che fu promulgata il 16 dicembre 533 con la costituzione imperiale bilingue Tanta-Δέδωκεν (nei due idiomi latino e greco), entrando in vigore il 30 dicembre dello stesso anno. L’utilizzo del latino e del greco è lo specchio della realtà politica e culturale dell’Impero Romano d’Oriente all’epoca di Giustiniano, dove entrambe le lingue coesistevano come idiomi ufficiali. Il termine “digesto”, che deriva dal latino digestus – participio passato del verbo digerere, che significa “disporre classificando gli argomenti in modo ordinato” – ben si presta a descrivere questa opera fondamentale del diritto romano, in quanto ne sottolinea sia l’aspetto organizzativo e sistematico, sia l’azione di elaborazione e sintesi compiuta dai compilatori. Pandetta, invece, è un lemma che deriva dal termine greco Πανδέκται, che significa “che riceve o comprende tutto”, volendosi così indicare la completezza della compilazione. Quindi l’uso di due termini diversi per definire la raccolta non è assolutamente casuale, poiché permetteva di sottolinearne due aspetti: l’organizzazione sistematica (Digesto) e la completezza (Pandette).
La raccolta dei documenti del Digesto, che furono selezionati e sistematizzati da una commissione di giuristi bizantini, riguarda tutti i principali settori del diritto romano:
- Diritto delle persone: status, capacità giuridica, famiglia, successioni.
- Diritto delle cose: proprietà, possesso, servitù.
- Diritto obbligatorio: contratti, illeciti, responsabilità.
- Diritto processuale: procedure civili e penali.
Lo scopo principale della raccolta era quello di unificare e semplificare il diritto romano, creando un testo unico e autorevole che potesse servire come riferimento per i giudici e i giuristi. Inoltre, mirava a ripulire il diritto romano dalle contraddizioni e dalle obsolete istituzioni, adattandolo alle esigenze di un impero che si evolverà. Tuttavia, la redazione del complesso testo giustinianeo fu il risultato di un lungo e laborioso processo preparatorio che coinvolse numerosi giuristi e studiosi.
Digesto detto ‘Littera fiorentina’ – Licenza: Pubblico dominio by Wikimedia Commons
La genesi di un progetto ambizioso
L’idea di codificare il diritto romano, unificando e semplificando le leggi disperse in una miriade di testi e opinioni, maturò nella mente di Giustiniano I, dopo i lavori preparatori delle Quinquaginta decisiones, il 15 dicembre 530, con l’emanazione della costituzione Deo auctore, con la quale istituì una commissione di giuristi presieduta da Triboniano, incaricata di selezionare e riordinare i testi giuridici più autorevoli. Della stessa furono chiamati a far parte, oltre a Costantino, alto funzionario di corte con compiti di assistenza al presidente, Teofilo e Cratino, professori dall’Accademia di Costantinopoli; Doroteo e Anatolio, giuristi della scuola di Berytus (l’odierna Beirut). Inoltre fecero parte della commissione anche 11 patroni causarum (avvocati), chiamati ad arricchire la letteratura giuridica con la loro esperienza professionale. Triboniano mise a disposizione la sua biblioteca giuridica personale, che comprendeva numerose edizioni, talune delle quali rare e comunque poco accessibili, di scritti dei più importanti giuristi romani classici, come Papiniano, Ulpiano e Gaio, considerati le massime autorità in materia. I giuristi incaricati della compilazione adottarono criteri rigorosi per la selezione dei frammenti, privilegiando quelli più chiari, coerenti e utili per la pratica giuridica.
La commissione di Triboniano venne suddivisa in gruppi di lavoro, ciascuno dei quali si occupò di un settore specifico del diritto, dedicandosi a un’attenta analisi dei testi, estraendo i passi più significativi e procedendo alla loro armonizzazione e coordinamento. Quindi venne elaborato un indice in modo da facilitare la consultazione dell’opera e la ricerca delle norme.
La redazione del Digesto, portata a compimento dopo solo tre anni, non fu priva di ostacoli. I giuristi si trovarono di fronte a numerose difficoltà, innanzi tutto per la vastità del materiale. La quantità di testi giuridici da esaminare era enorme e la selezione dei frammenti più significativi richiese un lavoro certosino. Inoltre le opinioni dei giuristi romani classici non erano sempre concordi, per cui i compilatori dovettero spesso risolvere contraddizioni e divergenze. Da ultimo ci fu la necessità evitare antinomie e di adattare le antiche norme alle nuove esigenze dell’Impero, senza snaturare lo spirito del diritto romano.
Secondo eminenti giuristi moderni il fatto che i lavori si fossero conclusi in tempi così ridotti, si spiegherebbe con il fatto che i commissari guidati da Triboniano non ebbero la necessità di esaminare direttamente la grande mole di documenti provenienti dai giuristi classici, ma ebbero l’opportunità di lavorare su precedenti elaborazioni, definite predigesti, di una certa consistenza, che furono opportunamente integrate, per le finalità di Giustiniano, con l’esame di quei frammenti della giurisprudenza classica che erano già stati raccolti e probabilmente elaborati e ordinati.
Giustiniano presenta la ‘Pandetta’ a Treboniano, stralcio di affresco di di Raffaello Sanzio presso la ‘Stanza della Segnatura’, Vaticano – Licenza: Pubblico dominio by Wikimedia Commons
Il gran valore del Digesto, dal Medioevo all’influenza sul diritto moderno
Alla fine il risultato fu quello che conosciamo. Da allora il Digesto venne utilizzato sia per la pratica forense che per la scuola giuridica, diventando l’oggetto degli studi di diritto dal secondo al quarto anno.
Il testo ha rappresentato un momento di rinascita del diritto romano dopo un periodo di decadenza, in quanto ha contribuito a far rivivere lo studio e l’applicazione del diritto stesso. Ma il Digesto, oltre alla sua grande valenza giuridica, ha fornito anche una miniera di informazioni sulla società romana, sulla sua economia, sulla sua cultura.
L’ influenza del Digesto sul diritto moderno è ancora oggi tangibile e profonda. Molti dei princìpi e delle istituzioni giuridiche presenti nei sistemi moderni, in particolare quelli di matrice romano-germanica, affondano le proprie radici proprio nella raccolta di quindici secoli fa. Molti dei princìpi fondamentali del diritto privato, ma non solo, come il concetto di proprietà, di contratto, di responsabilità civile, affondano le proprie radici nel diritto romano codificato nel Digesto, anche se rielaborati e adattati nel corso dei secoli. Inoltre, molti termini derivanti dal latino, come “ius“, “lex“, “contractus“, sono entrati a far parte del lessico tecnico-giuridico di molte lingue moderne.
Un manoscritto, copia più antica del Digesto, probabilmente della seconda metà del VI secolo – quindi con una datazione molto vicina a quella della scrittura originale – detto Littera Fiorentina, è conservato, dal 1782, a Firenze, nella Biblioteca Medicea Laurenziana.
Digesto detto ‘Littera fiorentina’ – Licenza: Pubblico dominio by Wikimedia Commons
Un’importante edizione critica del Digesto, partita da una ricognizione autoptica integrale del suddetto documento, è quella scritta dal giurista, storico, filologo ed epigrafista tedesco Theodor Mommsen (Garding, 1817 – Charlottenburg, 1903), pubblicata nel 1870, dopo otto anni di intenso studio. Ad accompagnarla vi è una sostanziosa prefazione, detta maior, che da oltre centocinquanta anni rappresenta un punto di riferimento per chi ha intenzione di studiare questa raccolta e le vicende che hanno accompagnato il suo perpetuarsi. Come tutte le opere, anche la sua edizione critica del Digesto non è stata immune da appunti da parte di giuristi e storici successivi. Tuttavia è grazie a Mommsen che gli studiosi hanno avuto, e hanno ancora, a disposizione un patrimonio di conoscenze che ha consentito, e consentirà, loro, di approfondire e arricchire le ricerche per una visione più complessa e articolata del diritto romano. In conclusione, il Digesto di Giustiniano non è solo una semplice raccolta di scritti giuridici, sia pure di grande valore storico, ma è un’opera che ci racconta della complessità della società romana. Quindi, studiare il Digesto vuol dire approfondire, sì, le radici del nostro diritto, ma anche riflettere sulla sua natura e sulla sua capacità di adattarsi ai cambiamenti della società.
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