Green Sky – Foto: Menandros Manousakis

Gli eventi climatici estremi e la siccità, secondo i dati della FAO e della Coldiretti, stanno mettendo a rischio intere aree agricole nel mondo.

Raccolti decimati da fenomeni metereologici avversi

Secondo Coldiretti nel 2024 l’agricoltura italiana ha subìto danni ingenti, con perdite superiori a nove miliardi di euro e un impatto dirompente sui redditi delle imprese già in crisi a causa della concorrenza delle importazioni dall’estero. La produzione di grano è diminuita del 20%, mentre quella dell’olio d’oliva del 32%. La siccità ha inciso notevolmente anche sul mercato del vino, con un calo registrato del 13% rispetto alla media degli ultimi anni.  La siccità e il maltempo hanno devastato le produzioni agricole in tutta Italia, in particolar modo in Sicilia, impattando direttamente anche sulla filiera dei beni di consumo quotidiano. Secondo i dati forniti dalla Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA), tra il 2022 e il 2024 i prezzi dei generi alimentari sono aumentati del 21,1%. In particolare, nel biennio 2022-2023, la farina e i cereali hanno registrato un incremento complessivo del 25,9%, la pasta del 30,7%, il riso del 43,6% e l’olio di semi del 45,8%

Le colture più esposte al cambiamento climatico

Alcune delle coltivazioni più diffuse a livello globale, come mais, riso, caffè, cacao e vite, sono oggi fortemente vulnerabili ai mutamenti climatici in corso. Questi prodotti, di largo consumo e fondamentali per l’economia di molti paesi, sono già in diminuzione a causa degli eventi meteorologici sempre più imprevedibili e aggressivi. Ad esempio, le coltivazioni di mais rischiano un drastico crollo nella produttività. Secondo uno studio della Nasa pubblicato su Nature Food, entro il 2030, in uno scenario ad alte emissioni, e in particolare in aree tropicali, la resa potrebbe ridursi del 24%. Il grano, al contrario, potrebbe inizialmente trarre beneficio dallo spostamento verso latitudini più elevate, con un incremento stimato del 17%. Tuttavia, l’aumento di CO₂ nell’atmosfera riduce sensibilmente la qualità nutrizionale del raccolto, comportando inoltre la diminuzione di proteine, zinco e ferro presenti.

Le risaie, che alimentano ad oggi miliardi di persone, sono minacciate da siccità prolungate, innalzamento del livello del mare, inondazioni ricorrenti e ondate di calore. In Cina si prevede un accorciamento del ciclo di crescita e un calo della produttività. L’India, a fronte di fenomeni climatici estremi, ha sospeso temporaneamente le esportazioni nel 2023. Il Vietnam sta riconvertendo parte delle risaie in allevamenti di crostacei, segno evidente di un equilibrio agricolo ormai compromesso.

Mare in tempesta – Foto: Giorgio Manusakis

Non meno allarmante è il quadro per caffè e cacao, due colture chiave per l’economia di numerose nazioni tropicali. Secondo l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), entro il 2050 la superficie destinata ad esse potrebbe ridursi drasticamente: ad esempio, in Brasile, un aumento di 3°C potrebbe dimezzare le aree idonee alla produzione. Il cacao, coltivato prevalentemente in Ghana e Costa d’Avorio, risente a sua volta della crescente instabilità climatica, la quale minaccia la sicurezza alimentare e la sostenibilità economica dell’Africa occidentale.

Anche l’industria vinicola, simbolo della tradizione agricola di molti paesi, mostra segni di vulnerabilità. Secondo l’Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino (OIV), tale produzione, a livello planetario, nel 2024 ha subito una diminuzione del 4,8% rispetto all’anno precedente. Globalmente, la superficie coltivata a vite è diminuita complessivamente dello 0,6%, raggiungendo il livello più basso degli ultimi sessant’anni. Le cause principali del fenomeno sono le gelate primaverili, le siccità prolungate e le piogge torrenziali.

Crisi climatica e danni economici: la ‘fotografia’ della FAO

La FAO (Food and Agriculture Organization) nel 2023 ha pubblicato il primo rapporto sugli effetti delle calamità naturali sulla produzione agricola. Nel documento si evidenzia l’incremento di tali fenomeni che, nell’ultimo ventennio, sono aumentati da 100 a 400 l’anno. Negli ultimi trent’anni, la produzione agricola ha subìto perdite per un valore stimato di 3800 miliardi di dollari. Questa tendenza è stata confermata nel rapporto del 2024, dove la FAO ha sottolineato come tali calamità abbiano causato perdite fino al 15% del PIL agricolo nei paesi a reddito medio-basso. Inoltre, le emissioni di gas serra dai sistemi agroalimentari sono incrementate del 10% tra il 2000 e il 2022 mentre le emissioni a livello di azienda agricola sono aumentate del 15% nello stesso periodo, con l’allevamento che contribuisce per circa il 54%. La crisi idrica rimane una preoccupazione costante in regioni come il Vicino Oriente e l’Africa del Nord, con una conseguente compromissione della sostenibilità della produzione agraria.

The Land and the Trees – Foto: Menandros Manousakis

Agricoltura globale: una geografia che cambia

Il riscaldamento globale e la crisi idrica stanno riscrivendo la ‘mappa agricola’ del pianeta. Le regioni tropicali e subtropicali sono tra le più colpite: il peggioramento delle condizioni climatiche e gli eventi estremi sempre più frequenti compromettono gravemente la produttività agricola. Le proiezioni dell’IPCC indicano che i rendimenti continueranno a diminuire nelle aree a bassa latitudine. Al contrario, alcune regioni più settentrionali potrebbero sperimentare iniziali vantaggi produttivi, ma questi saranno limitati da condizioni ambientali sfavorevoli, come suoli poveri o scarsità di acqua dolce. In definitiva, si assiste ad un paradosso inquietante: da un lato il settore agricolo è responsabile di circa un terzo delle emissioni globali di gas serra; dall’altro, è una delle prime vittime dei disastri climatici che i suddetti fenomeni contribuiscono a provocare.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *