La locandina dell’evento e un’opera di Nello Manfrellotti – Foto: Silvano Caiazzo pubblicata su concessione di Mino Iorio

Una bi-personale tra creatività emergente e recupero della cultura popolare dell’hinterland napoletano.

Lo scorso 27 giugno, nella Sala dell’Ostrichina del parco borbonico al Fusaro di Bacoli, si è inaugurata una bi-personale dell’artista Nello Manfrellotti e del fotografo Silvano Caiazzo dal titolo “I muri di Berlino”.

La mostra, curata dal critico e storico dell’arte Mino Iorio, è un omaggio all’arte della sua terra d’origine, Pomigliano d’Arco, attraverso due grandi forme di espressione, la pittura e la fotografia, unite intimamente tra loro e dalla musica popolare contemporanea di Marcello Colasurdo.

Quello dell’hinterland dell’area metropolitana di Napoli e, in particolare, di Pomigliano d’Arco, sede di uno dei poli industriali più importanti al mondo e per questo detta “città delle fabbriche”, è un territorio troppo spesso relegato ai margini dalla disattenzione delle istituzioni e di coloro i quali dovrebbero sentire prioritaria la riqualificazione e la promozione dei principali fenomeni culturali che in questo luogo sono più che attivi e che, a dispetto di tanta noncuranza, fioriscono con determinazione e vigore.

Foto Silvano Caiazzo pubblicata su concessione di Mino Iorio

Ce lo dimostrano le opere pittoriche dell’artista figurativo dalla grande vena creativa Nello Manfrellotti, purtroppo recentemente scomparso e di cui in quest’occasione è presentata un’ampia raccolte di opere, e la fotografia prodotta dallo sguardo indagatore di Silvano Caiazzo.

Nelle opere di ambedue gli autori vi sono chiare citazioni o, meglio, riferimenti visivi ad un amico comune: Marcello Colasurdo, anch’egli prematuramente scomparso lo scorso anno.

Colasurdo è stato un grande interprete della canzone tradizionale vesuviana. Voce storica degli “Zezi”, di cui fu componente per diciotto anni, e leader dei “Marcello Colasurdo Paranza”, ha collaborato con i maggiori rappresentanti della musica popolare italiana e fu anche attore cinematografico e teatrale, lavorando per registi come Federico Fellini e Mario Martone. A lui il merito di aver tenuta viva la voce di una comunità stretta tra industrializzazione e de-industrializzazione e di una terra violentata nel nome del progresso. La sua voce, immancabilmente accompagnata dalla tammorra che ha tradizionalmente scandito il ritmo popolare, ha dato vita a quella voglia di riscatto all’insegna della tradizione, tant’è che amava dire: “Meglio ‘na tammurriata che ‘na guerra”.

Marcello Colasurdo – Foto: Silvano Caiazzo pubblicata su concessione di Mino Iorio

Tre artisti, accomunati dalla passione per il territorio e dallo studio dell’immagine contemporanea, si incontrano e ci restituiscono le loro intime emozioni.

L’esposizione è il seguito di un’altra recente installazione intitolata Connessioni, tenutasi la scorsa primavera presso la Colonia Creativa ITACA di Pomigliano con la partecipazione, oltre a Manfrellotti e Caiazzo, della fotografa Valentina Casagrande.

Di questa nuova esposizione ciò che maggiormente incuriosisce è il titolo: “I muri di Berlino”. Esso fa chiaramente riferimento a un tempo vissuto 35 anni fa quando ci fu la caduta del famigerato muro che, dopo la guerra fredda, apriva gli animi alla speranza di una possibile integrazione e ad una libertà che oggigiorno, visti i conflitti in atto, ci appare del tutto disattesa. Pomigliano fu tristemente protagonista nei sofferti anni della contestazione poiché, in quanto terra di lavoro operaio, ha subito le pesanti ripercussioni economiche e geopolitiche di questi giganteschi scontri tra super potenze. Ancora oggi la classe proletaria è simbolicamente identificata con i quartieri delle “Palazzine” in via Sulmona e nel quartiere del Parco Partenope nato dopo il terremoto dell’’80. Tutto questo è come la rete storica su cui poggia la narrazione della mostra e su cui si basa l’operare artistico dei protagonisti dell’esposizione in questione. Inoltre, oggi appare centrale l’esigenza di una riappropriazione di quei valori esistenziali collegati alla dimensione umana più autentica e identitaria di questa terra, oltre alla lotta contro un impoverimento interiore generato dal consumismo.

Foto Silvano Caiazzo pubblicata su concessione di Mino Iorio

Il linguaggio pop dell’arte di Nello Manfrellotti così come la fotografia realista di Silvano Casagrande ci parlano di tutto questo.
Negli ambienti della Sala dell’Ostrichina, inondati di sole e del riverbero del mare circostante, si ammirano dipinti caratterizzati da una grande cromaticità. Le opere di Manfrellotti sono definite da un uso espressionistico del colore che appare vivacissimo, steso a campiture piatte e con vibrazioni dolcemente percepibili a fare da sfondo a piccoli punti realizzati con un particolare e preciso tratto calligrafico. Si tratta di composizioni pittoriche di piccolo formato, quasi miniature, realizzate su supporti poverissimi, come, ad esempio, dei semplici cartoni abbandonati, e frutto di un operare minuzioso e paziente che l’artista era solito fare sul piano di una piccola scrivania. I temi ricorrenti fanno chiaramente riferimento al suo territorio e alle tradizioni di cui è ricco, ma ci sono anche simboli, rimandi alla tradizione religiosa, ai miti moderni e ai suoi affetti più cari e personali: la moglie Valeria e Marcello Colasurdo con la sua tammorra, la Vergine, il cuore, Maradona, e poi lei… la “grande montagna”, il Vesuvio e, in particolare, il Monte Somma ai piedi del quale giace Pomigliano d’Arco. “A’ Muntagna e stu core”, come celebrano i versi del poeta Gino Auriemma, è un po’ il nume protettore di tutti gli abitanti di queste terre e, in quanto tale, nelle opere di Manfrellotti, per gli amici solo Nello, è un fattore costante anche attraverso il semplice elemento geometrico triangolare come forma di astrazione intellettiva.

Opera di Nello Manfrellotti – Foto: Silvano Caiazzo pubblicata su concessione di Mino Iorio

La pittura di Manfrellotti appare un po’ naif e sembra richiamare quella etnica di matrice sud-americana, ma è tutt’altro che surrealista: con una forte vena di natura popolare ci mette a parte del suo mondo fortemente reale e territoriale.

Altrettanto fa Silvano Caiazzo con la sua pratica fotografica di ampio respiro. Le sue immagini sono una vera e propria “narrazione umana” della sua terra, dei luoghi e di tutti coloro che, in vario modo, la hanno abitata: grandi protagonisti della musica mondiale che sono passati per Pomigliano lasciando tracce importanti, ancora Marcello Colasurdo catturato nelle sue caratteristiche performance, ma anche le palazzine dei quartieri operai e le feste di rione.

Foto Silvano Caiazzo pubblicata su concessione di Mino Iorio

È una ricerca antropologica che passa attraverso lo studio del tempo, del minimo dettaglio, delle espressioni e degli elementi caratteristici dei protagonisti, che siano persone, luoghi o oggetti. Il tutto è favorito da un gioco sapiente di luci ed ombre esaltato dalla tecnica privilegiata della foto in bianco-nero. Pittura, fotografia e musica fortemente connessi per raccontare del vissuto di una terra partenopea intrisa di energia vitale e sempre, storicamente, in lotta per la difesa di diritti e identità, in mostra presso la Sala dell’Ostrichina del parco borbonico al Fusaro di Bacoli sino al prossimo 14 luglio.

Nello Manfrellotti – Foto: Silvano Caiazzo pubblicata su concessione di Mino Iorio

Un pensiero su ““I muri di Berlino” visti da Manfrellotti e Caiazzo”
  1. Un articolo che si legge tutto d’un fiato tanto é bello ed è aderente palla mostra realizzata. Mi congratulo Matilde Di Mauro

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *