Tempio della Concordia – Parco archeologico “Valle dei Templi”, Agrigento – Seconda metà del V secolo a.C. – Calcarenite locale – Foto: Angelo Zito
Il Tempio deve la sua denominazione ad un’iscrizione latina con dedica alla Concordia degli Agrigentini, rinvenuta nelle vicinanze ma che non ha con esso alcuna relazione. L’edificio, costruito in calcarenite locale, è di stile dorico (440-430 a.C.), poggia su un basamento di quattro gradini e presenta sei colonne sui lati brevi e tredici sui lati lunghi. L’interno era suddiviso in tre vani: quello centrale (cella) era preceduto da un atrio di ingresso (pronao) e seguito da un vano posteriore (opistodomo). Questi ultimi avevano due colonne antistanti; ai lati della porta della cella si trovano le scale di accesso al tetto.
L’interno e l’esterno del tempio erano ricoperti da un rivestimento di stucco bianco sottolineato da elementi policromi. Le dodici arcate ricavate nei muri della cella e le tombe scavate nel pavimento sono dovute alla trasformazione del tempio in basilica cristiana, grazie alla quale l’edificio deve il suo ottimo stato di conservazione. Infatti, secondo la tradizione, verso la fine del VI sec. d.C. il vescovo Gregorio si insediò nel tempio e lo consacrò ai Santi Apostoli Pietro e Paolo, dopo aver scacciato i demoni pagani Eber e Raps che vi risiedevano. La persistenza di una duplice dedica ha fatto pensare ad alcuni studiosi che originariamente il tempio fosse dedicato ai Dioscuri Castore e Polluce.
Sulla roccia affiorante a Ovest del tempio si estendeva la necropoli paleocristiana (III-VI sec. d.C.) correlata alla trasformazione dell’edificio in basilica, comprendente un vaso settore di sepolture all’aperto (sub divo) scavate nel banco roccioso e un’ampia catacomba comunitaria con vari ipogei destinati a nuclei familiari; a Est del tempio sono visibili una serie di tombe ad arcosolio ricavate nello spessore del costone roccioso che aveva costituito la base delle fortificazioni di età greca. Numerosi restauri sono stati eseguiti a partire dal 1788, quando ad opera del Principe di Torremuzza furono rimosse le ultime strutture relative alla chiesa cristiana, sino agli ultimi interventi di tipo statico e conservativo delle superfici lapidee effettuati dal Parco (POR Sicilia 2000 – 2006; fonte didascalia Parco archeologico di Agrigento).