L’ingresso del MATT, Museo Archeologico Territoriale di Terzigno – Foto: Matilde Di Muro

Importante evento territoriale del FAI a Terzigno dove, nel nome dell’arte vesuviana, si costruisce un ponte tra le antichità romane e l’arte contemporanea di Salvatore Emblema.

Sabato 25 maggio a Terzigno, comune che insiste sulle falde sud-orientali del vulcano partenopeo, il Gruppo FAI Vesuvio ha offerto ai visitatori un esclusivo evento territoriale intitolato “EmbleMATT: l’antico e il contemporaneo alle falde del Vesuvio”.

Noi di Naòs – Nel cuore dell’arte e del sapere siamo stati presenti all’evento e lo raccontiamo anche attraverso le videointerviste gentilmente offerte ai nostri microfoni da Dida Di Giorgio, responsabile del Gruppo Fai del Vesuvio che ha organizzato l’evento, dall’architetto Angelo Massa, direttore del MATT e dal sindaco di Terzigno Francesco Ranieri.

Il titolo dell’evento, “EmbleMATT”, unisce proprio i due luoghi oggetto di visita che, per l’occasione, sono stati associati in quanto emblematici per raccontare di “arte vesuviana” in un particolare excursus tanto ampio dal punto di vista temporale quanto breve per collocazione e aderenza tematica al territorio: il museo Emblema, che parla dell’arte contemporanea prodotta dall’artista Salvatore Emblema, e il museo MATT, che conserva reperti archeologici di epoca romana.

Alcuni degli affreschi esposti al MATT – Foto: Matilde Di Muro

Si è partiti da quest’ultimo, il cui nome nasce come acronimo di Museo Archeologico Territoriale di Terzigno, ma che sta anche ad indicare la sua collocazione in un pregevole edificio architettonico degli anni ’30, ristrutturato e rifunzionalizzato dopo essere stato, per lungo tempo, sede del mattatoio comunale. Grazie all’impegno delle amministrazioni che si sono succedute nel tempo e ai fondi europei, nel 2018 è stato restituito alla cittadinanza come area museale dove ospitare i reperti appartenuti a tre ville rustiche di epoca romana sepolte dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e ritrovati nella Cava Ranieri durante gli scavi effettuati dal 1981 al 2011. Infatti Terzigno era da considerarsi, in epoca romana, la periferia della antica Pompei; vi erano numerose ville, oggi sepolte a circa 20 mt sotto l’attuale piano stradale, destinate alla residenza di ricchi proprietari che le utilizzavano per la vita in campagna e per la produzione agricola, in una terra particolarmente fertile com’è tipico dei territori vulcanici. Erano vere e proprie aziende produttive ben organizzate e dedite a colture intensive, in particolare di oliveti e vigneti, destinate alla produzione di vino e olio d’oliva di notevole qualità. La vocazione di questi spazi è testimoniata dall’attenta distribuzione degli stessi, dalla presenza di torcularia (ambienti per la produzione di vino e olio), di celle vinarie dotate di numerosi dolia (contenitori per vino, olio e altri alimenti) e dai fondi agricoli annessi. Ma queste ville erano anche destinate all’otium (“ozio”) dei proprietari, come si è potuto ammirare nei settori padronali ricchi ed eleganti da cui provengono moltissimi reperti di pregevole fattura, argenteria, monili d’oro, oltre a vasellame di straordinaria eleganza e affreschi inquadrabili nelle più tipiche pitture di II stile.

Una delle sale del MATT – Foto: Matilde Di Muro

Il MATT ben racconta tutto questo all’interno dei suoi spazi espositivi, dislocati su due livelli, attraverso l’utilizzo di pannelli esplicativi e di monitor che introducono i visitatori alla storia delle eruzioni vesuviane, della Cava Ranieri e degli scavi archeologici delle ville. Attraverso un pannello didattico è possibile anche vedere la ricostruzione dei mosaici pavimentali rimasti in situ. Vi sono esposti, in apposite teche, diversi reperti di vasellame fittile, vari tipi di anfore, antefisse ed attrezzi agricoli per la coltivazione, ma anche numerosi affreschi provenienti da diversi ambienti, con suggestive rappresentazioni di prospettive architettoniche ed elementi legati al mondo dionisiaco. È anche possibile ammirare i dipinti di un Larario, l’altare dedicato al culto delle divinità protettrici della famiglia, rinvenuto in un ambiente dedicato alla cucina.

MATT, Larario – Foto: Matilde Di Muro

Attualmente le ville di Cava Ranieri, per motivi di sicurezza e tutela, sono state rinterrate in attesa e nella speranza che, in un prossimo futuro, si creino le condizioni necessarie alla loro apertura al pubblico. Nel frattempo risulta particolarmente pregevole l’azione del MATT, che si preoccupa di conservare e divulgare testimonianze tanto importanti per la storia del territorio.

Dopo questa visita l’evento si è spostato a pochi chilometri di distanza, al Museo Emblema: uno dei rari esempi italiani di casa-museo che, su una superficie di circa 600 mq interni e 3000 mq del parco-sculture, riunisce le opere più significative di Salvatore Emblema. A fare da “cicerone” nella visita dei luoghi e delle opere è stato Emanuele Leone Emblema, nipote dell’artista, che ci ha accompagnato, con coinvolgente chiarezza, in un racconto appassionante.

Una delle opere in esposizione e, accanto, Emanuele Leone Emblema – Foto: Matilde Di Muro

Salvatore Emblema (1929 – 2006), nativo di Terzigno, si impone nel panorama artistico attraverso una sua particolare visione del linguaggio astratto che attinge e prende ispirazione dalla natura, prevalentemente quella vesuviana, carpendone l’essenza e utilizzandola per produrre colori e atmosfere uniche. Egli, infatti, realizza le sue prime opere, nel 1948, producendo una serie di originalissimi ritratti eseguiti con la tecnica del collage e usando esclusivamente foglie disseccate di varie essenze e cromatismi.

Una delle opere di Salvatore Emblema in esposizione – Foto: Matilde Di Muro

L’artista non rinuncerà quasi mai ad esprimere la forte connessione con la sua terra natia, usando pietre e polveri minerali raccolte direttamente alle falde del Vesuvio e, a partire dagli anni ’50, utilizzando la juta grezza, tanto impiegata in ambienti contadini, come materia prima delle sue opere.

Successivamente, Emblema ha contatti artistici con Rothko e Pollock che ne determineranno, in maniera decisiva, la sua cifra astrattista, e con Lucio Fontana che lo porterà ad operare la tecnica della “de-tessitura”. La “trasparenza”, intesa come possibilità di entrare in relazione ed interazione tra opera, fruitore e ambiente circostante, diventa il centro della ricerca di Emblema.

Interno del Museo Emblema – Foto: Matilde Di Muro

Bellissime le opere esposte nel museo perché testimoniano le varie fasi artistiche di Salvatore Emblema e fanno notare com’è sempre presente una cornice, sia pure come semplice e grezza bordatura di colore, quasi a voler ‘perimetrare una visione’. Telaio, tela e colore sono protagoniste ma sovente in maniera scomposta, si muovono e interagiscono con l’ambiente e l’azione dell’uomo. In una sala è possibile anche vedere un angolo che testimonia l’operare dell’artista tra materiali naturali, schizzi e macchie di colore.

Si tratta di un esclusivo luogo di incontro e confronto culturale sia all’interno, attraverso opere e sale dedicate a laboratori didattici e ad iniziative per studenti e giovani artisti, ma anche all’esterno dove, nel giardino, le opere di Emblema cambiano ogni sei mesi, con l’intento di rendere visibile al pubblico tutta la raccolta di lavori dell’autore.

Il giardino del Museo Emblema – Foto: Matilde Di Muro

E dunque non ci resta che parlare di chi ha ideato questo interessantissimo percorso conoscitivo storico-culturale-artistico: il FAI, l’ormai ben noto Fondo Ambiente Italiano che, nato nel 1975, è quasi alle soglie del suo primo cinquantennio di attività a difesa di ogni genere di bellezza di cui il nostro paese è ricco. Attraverso la sua mission, prendersi cura, educare e vigilare, il FAI ha acquisito 72 beni di cui 55 sono aperti al pubblico; tra essi troviamo ville, castelli, abbazie, torri, edicole, tratti di costa e boschi. Un enorme patrimonio di bellezza tutelato e valorizzato grazie all’impegno di molti professionisti che investono le proprie professionalità, ma anche grazie al contributo di tanti volontari. In questo impegno si inserisce l’evento territoriale che vi abbiamo raccontato e per il quale diamo merito al Gruppo FAI Vesuvio per aver messo in relazione, con notevole intelligenza creativa, due luoghi apparentemente molto diversi tra loro ma che, oltre ad essere tanto importanti ed identitari di un territorio, si caratterizzano in virtù delle risorse impiegate nel tempo e che, evidentemente, sono state fonte di ispirazione per modus vivendi e linguaggi creativi.

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