Un momento della presentazione – Foto: Matilde Di Muro
Napoli come “geografia di transiti”: dialogo nel tempo tra il cinema muto dei primi del ‘900 della regista Elvira Notari e la scrittrice Giuliana Bruno.
Lo scorso 20 maggio, presso il Museo Madre di Napoli, c’è stata la presentazione del libro di Giuliana Bruno Rovine con vista. Napoli e il cinema di Elvira Notari.
Il testo, edito dalla casa editrice Quodlibet in collaborazione con la stessa Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, è stato raccontato, oltre che dalla stessa autrice, dalla professoressa Mariella Pandolfi – antropologa, saggista, professoressa emerita di Antropologia presso l’Université de Montréal – , dalla professoressa Pina De Luca – ordinario di Estetica all’Università degli Studi di Salerno – e dalla professoressa Malvina Borgherini dell’Università Iuav di Venezia nonché direttrice della collana Corpi di Quodlibet Studio.
“Rovine con vista” – Foto: Matilde Di Muro
L’evento è stato introdotto dai contributi di Angela Tecce, presidente della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, e di Eva Fabbris, direttrice del museo Madre.
Notevole il contributo in video del regista Mario Martone il quale ha abilmente tracciato le caratteristiche di un lavoro che può essere letto come duplice viaggio: quello nel tempo e nel fragile spazio di un cinema quasi dimenticato o pressoché perduto, ma che ha rappresentato gli esordi di un’attività filmica ancora oggi in continua evoluzione, e quello interiore della scrittrice che oggi riedita un lavoro scritto e già pubblicato nel 1990 negli Stati Uniti in una prima edizione, a seguito dei suoi studi sull’attività artistica della cineasta Elvira Notari.
Giuliana Bruno è una scrittrice e studiosa di origini napoletane trasferitasi nel 1980 a New York dove tutt’ora vive. È titolare della cattedra di Visual and Environmental Studies alla Harvard University ed è nota a livello internazionale per la sua ricerca che esplora le intersezioni tra arti visive, architettura e media. Con Atlante delle emozioni. In viaggio tra arte, architettura e cinema (Bruno Mondadori, 2006; Johan & Levi, 2015) ha vinto il Premio Kraszna-Krausz per il miglior libro sulle immagini in movimento e nel 2020 è stata insignita di un dottorato honoris causa dall’Institute for Doctoral Studies in the Visual Arts di Chicago.
Quando Giuliana Bruno, negli anni Ottanta, si trasferì in America, iniziò a sentire l’esigenza di ricostruire un momento particolare della storia della sua città di origine: quello tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento in cui, insieme al cinema, nasceva la modernità. La ricerca partì sulle tracce di quel legame forte che, con il fenomeno dell’immigrazione, si era creato tra Italia e America e, attraverso frammenti di pellicole, fotogrammi, copioni e scritti emersi da una lunga ricerca d’archivio condotta tra Italia e Stati Uniti, la Bruno giunse a conoscere la pionieristica attività di Elvira Notari e della Dora Film.
La prima e più prolifica cineasta italiana tra il 1906 e il 1930, Elvira Coda Notari (1875-1946), di origini salernitane, sposò il fotografo napoletano Nicola Notari, ex pittore specializzato nella coloritura di pellicole fotografiche, assumendone il cognome.
I coniugi fondarono insieme la casa di produzione cinematografica Dora Film, con cui produssero documentari di attualità e cortometraggi con una tecnica assolutamente inedita a quei tempi: spesso i fotogrammi venivano colorati a mano, singolarmente o a macchina con tinte uniformi che cambiavano di scena in scena a seconda dei sentimenti espressi. Le immagini erano sincronizzate con musica e canto, rigorosamente interpretati dal vivo, e il risultato era una sorta di pionieristico spettacolo multimediale.
La Dora Film divenne una delle più importanti case di produzione del cinema italiano dell’epoca e dovette buona parte del proprio successo al mercato americano, giacché i documentari sull’Italia, e Napoli in particolare, erano molto richiesti soprattutto dalla popolazione di emigranti di origine italiana.
Un momento della presentazione – Foto: Matilde Di Muro
La Notari realizzò più di sessanta lungometraggi, un centinaio di corti di attualità e numerosi brevi documentari commissionati da emigrati napoletani in America, finché la censura fascista e la transizione al sonoro non la costrinsero a cessare le attività.
Aprì anche una scuola di arte cinematografica dove insegnava una recitazione naturalistica basata, in maniera molto moderna, sulla spontaneità nella recitazione e la restituzione della dimensione psicologica dei personaggi.
Fu una donna di un’interiorità libera e tumultuosa, che divenne una figura mitica del cinema napoletano raccontando del suo rapporto fortissimo con i luoghi della città e con una particolare attenzione alle condizioni sociali dei più umili.
Oggi ci sono rimaste poche tracce della sua avanguardistica attività che, di fatto, anticipa il cinema neorealista: pochi film superstiti, fotogrammi, foto di scena, alcune descrizioni letterarie della regista stessa, recensioni…
Giuliana Bruno, in questo suo straordinario lavoro, fa un eccellente studio di tutto il materiale documentario rimasto ma, in questo libro, c’è molto di più: un vero e proprio confronto al femminile.
Come ha avuto modo di commentare la professoressa De Luca, nel libro l’autrice assume una particolare postura teorico-compositiva che dall’esterno conduce all’interno. Sì perché, mentre risorge una figura femminile storica dell’arte cinematografica internazionale ed emerge uno sguardo sulla città di Napoli attraverso il racconto di un’epoca che si arricchisce di riferimenti pittorici, letterari e teatrali, si compie una sorta di viaggio nell’interiorità di chi scrive e rivela il suo personale legame con la terra partenopea da cui si era allontanata.
Quindi il lettore, di fatto, entra in una sorta di dialogo tra due donne lontane nel tempo ma profondamente legate da visioni di luoghi e di un mondo che, pur essendo stato lasciato da entrambe, non le lascia mai completamente perché appartiene loro reciprocamente e profondamente. Dunque la vera protagonista è Napoli che, con il suo universo iconografico fatto di vedute e tradizioni, si racconta attraverso gli occhi della Notari e l’interiorità della Bruno, come “geografia di transiti” e luogo di infinite comunicazioni. Essa ci appare come di fatto è: ‘città porosa’ non nel senso di assorbente ma piuttosto capace di far entrare ‘tutto in relazione con tutto’.
Un momento della presentazione – Foto: Matilde Di Muro