Un fotogramma del film
Nel suo ultimo film il regista cattura gli spettatori filmando la creatività del giovane scultore da molti definito “il nuovo Michelangelo”.
Jago Into the White è il film di Luigi Pingitore in cui il regista racconta il sogno, ma anche le ambizioni, di un giovane e straordinario scultore che, immergendosi totalmente nel biancore del marmo, annulla il significato materico di quell’insieme infinito di cristalli di cui è composto, per realizzare concretamente un processo di decodifica di un’idea originaria. Dotato, senza alcun dubbio, di un eccezionale talento artistico, le sue opere spaccano lo sguardo di chi le ammira perché, oltre ad essere esteticamente “pure”, appaiono vibranti di vita propria; infatti, sotto gli strati della sottilissima e pallida pelle, emergono vene pulsanti, smorfie di dolore espresse da labbra consumate, rappresentate con verità di esecuzione, restituendo, così, un’aura di sacralità insieme a tracce inconfondibili di un fascino propriamente antico. Definito dalla critica “il nuovo Michelangelo”, Jago utilizza il suo scalpello magistralmente, come era accaduto nell’antichità classica per Fidia. L’intelligenza creativa dell’artista si spinge oltre l’impossibile attraverso l’uso di estreme capacità tecniche prese a modello, e doverosamente studiate, dai grandi scultori italiani del passato tra cui anche Canova, aprendosi, così, verso un’arte che esprime, in modo chiaro, un dominio perfetto sulla materia marmorea.
Jago, “Aiace e Cassandra” – Foto: Paola Germana Martusciello
Infatti il bianco marmo, nelle sculture di Jago, viene investito, grazie al processo tecnico artistico, da una trasformazione che rende la materia duttile, dove ogni traccia di sostanza calcarea si annulla completamente per diventare carne e occhi dagli sguardi intensi, attraverso i vibranti colpi che l’artista infligge, con una lenta ma consapevole gestualità, rievocando l’antico. Dunque Pingitore, con le sue inquadrature, lente e fortemente narrative, ci svela quella fase magica, probabilmente nascosta, che si attiva nel momento in cui Jago plasma la materia. Incredibilmente si percepisce come la potenza del pensiero creativo infonde quello slancio vitale animando forme concrete e palpitanti sotto gli effetti calibrati della luce, perfettamente studiata nel suo rapporto con le ombre. D’altra parte il regista, abilmente, proprio attraverso l’uso di piani sequenza, sottolinea ripetutamente questo gioco dinamico e plastico, generativo, tra l’altro, di una dialettica viva e stuzzicante tra ciò che lo scultore possiede nel suo profondo e la materia marmorea. Una comunicazione eloquente che raccoglie tutti i dettagli ed i passaggi tecnici, così come il regista conduce, amabilmente, l’artista a raccontarsi ai fruitori intervenuti in quello che egli definisce il suo laboratorio\museo: la chiesa di S. Aspreno ai Crociferi, nel rione Sanità di Napoli.
Jago, “Narciso” – Foto: Paola Germana Martusciello
Pingitore, infatti, entra con la telecamera, in punta di piedi, per rispettare quel silenzio sacro che regna in quegli spazi barocchi in cui sono inserite le opere di Jago, dialoganti esse stesse con gli spazi che diventano una scenografia mutevole, ma sempre presente nel rapporto spazio scultura, che accolgono in modo unitario che non è più un segreto, ma una epifania continua dell’artista stesso che con il suo volto si ripropone in tutte le sculture. Seguendo la grande lezione del suo maestro, Jago trasforma il lessico cinquecentesco di Michelangelo, ribaltando il significato iconografico dei suoi soggetti per agganciarli, insieme alle tematiche rappresentate, a quel profondo nesso delle verità presenti nello scenario del mondo contemporaneo: cariche di significati, nascoste nella realtà che avvolge il mondo odierno. Le parole che Jago pronuncia con tono pacato, all’inizio e alla fine del film, “la verità è che sto ancora imparando”, ci introducono e ci accompagnano in un viaggio artistico fatto di soste, di riflessioni emotive, ma anche di spiegazioni tecniche, di dialoghi con i fruitori e con lo stesso pubblico della sala cinematografica. Pingitore apre il film con immagini che ci riconducono al nesso strettissimo tra Jago e Michelangelo, attraverso una citazione filmica molto significativa, non scelta per caso. Infatti, le prime scene del film ci riconducono alle cave marmoree di Seravezza, presso le Alpi Apuane, ma ci indicano anche i due grandi protagonisti della storia di Jago: il marmo ed il silenzio. La scena è girata magistralmente, pervasa dagli effetti di una resa il cui biancore lattiginoso sottrae allo sguardo i contorni delle cose intensificate da una luce viva e pulsante, quasi catartica, capace di annientare tutto il resto del paesaggio. Pingitore introduce la bellezza di un silenzio assoluto, quasi generato dall’incedere lento e pacato della telecamera, per rimandare alla ricerca di una calma indubbiamente interiore. Un silenzio narrativo che conduce per mano lo spettatore nel cuore di Jago, nei suoi sentimenti, nelle preoccupanti visioni di una società in decadenza, attraversando anche i temi più grandi del pianeta, come la sua desertificazione. Il richiamo filmico a cui fa riferimento il regista è The Agony and the Ecstasy (Tormento ed estasi), diretto da Carol Reed (1965), che descrive, appunto, la tormentata ricerca tra spirito e materia di cui sono protagoniste tutte le opere di Michelangelo Buonarroti. Infatti, in questo primo approccio visivo, senza lasciare alcuna incertezza, Pingitore definisce subito il profilo artistico di Jago così come la critica internazionale lo riconosce e si presenta completamente invaghita: il nuovo Michelangelo. D’altra parte la sua Pietà ribalta completamente il concetto michelangiolesco; essa è, infatti, l’immagine di se stesso, rappresentato in una smorfia di dolore, che accoglie tra le braccia, sostenendo il significato di tutti i soprusi, le violenze, gli uxoricidi, gli stupri contenuti, ideologicamente, una donna che scivola tra le sue braccia in una sorta quasi di offerta sacrificale; un’opera che riconsegna al mondo, in modo magistrale, il senso di compassione e di pietà che brucia dentro la sua anima.
Jago, “Pietà” – Foto: Paola Germana Martusciello
Su questa splendida opera, infatti, il regista indugia in un corpo a corpo di alto valore estetico cinematografico e fotografico svolto tra la telecamera, Jago e il volto scolpito dell’artista stesso, in un gioco narrativo e visivo di luci ed ombre marcatissime, in cui si determinano i sentimenti di amarezza e rabbia che invadono l’animo dello scultore, per ripiegare in sequenze scandite da ritmi stringenti e inquietanti di rimandi tra gli occhi di Jago e lo sguardo profondo della sua scultura, accompagnati da una musica di sottofondo ben gestita, dal ritmo oscillante. Il regista volutamente sottolinea, in questo impagabile dialogo diretto, come in un gioco visivo in cui trovano spazio i riflessi di specchi, la maestosità della sofferenza che proviene dalla malvagità del genere umano che, infatti, è tutta compresa ed identificata nell’artista che ne diventa il vettore di bellezza non solo estetica, ma anche e soprattutto etica. Le opere di Jago sono suoi figli, dice l’artista durante il filmato, esse sono pervase da un realismo eccellente, sembrano vive e Jago le abita tutte; attraverso la luce che scivola sui tagli che infligge al blocco di marmo in cui ritroviamo il pulsare delle vene, il minuzioso descrittivismo della pelle che si corruga, lo studio accurato della epidermide, a cui spesso fa riferimento durante le interviste del filmato, sottolinea sempre di raggiungere l’ultima parte del marmo e di configurare l’armonia e la bellezza dell’opera stessa. Infatti, quella pelle che ripropone realisticamente, le rughe e le vene, che corrono sotto il primo strato di epidermide, vengono delineate nella sostanza marmorea con un sapiente ed eccellente uso dello scalpello, i cui colpi non solo sono guidati da un occhio implacabilmente attento ai più nascosti indizi, ma soprattutto è lo strumento per eccellenza, che deve sintonizzarsi sul ritmo cardiaco e ripeterne il suono. La voce di Jago scandisce i momenti visivi salienti: racconta del suo laboratorio museo, della chiesa di S. Aspreno ai Crociferi, della sua sfida lanciata nel cuore della Sanità, un ambiente socialmente difficile, per sperimentare come, attraverso il riconoscimento del “Bello”, l’uomo può orientarsi e impegnarsi a percorrere strade diverse; inoltre narra degli incontri con le persone che fruiscono delle sue opere.
Jago, “Narciso” – Foto: Paola Germana Martusciello
Jacopo Cardillo nasce a Frosinone nel 1987, frequenta l’Accademia di Belle Arti, riconosce e segue le impronte dei grandi scultori della storia italiana come Bernini e Canova; d’altra parte un impulso fortemente creativo, animato da una ricerca di libertà e bellezza, lo induce ad abbandonare gli studi per intraprendere la sua strada in autonomia creativa e imprenditoriale. Una storia magnifica, quella di Jago, un giovane ragazzo che dal suo talento fa scaturire una strada e sa come gestire il suo approccio imprenditoriale, come attraversare il mondo, perché ha compreso come le idee siano il vettore per far sì che la sua arte decolli nell’olimpo dell’immortalità.
Paola Germana Martusciello
Specifiche foto: fotogramma del film riprodotto in osservanza dell’articolo 70 comma 1 della legge 22 aprile 1941 n. 633 sulla Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio, modificata dalla legge 22 maggio 2004 n. 128.
Sempre esaustiva e chiara. Brava Paola!
Sapiente ed esaustivo riporto critico di un film e del suo regista che, in punta di piedi entrano nello studio di un giovane, ma già affermato Artista, intento al suo lavoro. Brava la professoressa Paola Germana Martusciello a saper cogliere le mille sfumature e connessioni storiche di questo affascinante “incontro”.
Jacopo è un grande scultore. Questo articolo descrive alcuni sue opere e le bellissime foto di Paola Martusciello ne illustrano la bellezza. Complimenti.
Pur non avendo visto ancora il film, Paola Martusciello col suo acuto commento e le ottime immagini fotografiche, comunica già un’idea precisa di ciò che ci aspetta e, comunque, del valore e delle motivazioni del lavoro dell’artista. Chissà, da novello Michelangelo, se arriverà a qualcosa di paragonabile al ‘non finito’ del Maestro in chiave contemporanea.
Bellissimo articolo. Completo, descrittivo e approfondito nel carattere umano del film e dell’autore.
Le sculture di Jago e la loro collocazione all’interno di S. Aspreno ai Crociferi sono veramente emozionanti. Grazie a Paola per aver descritto ed illustrato magistralmente il lavoro di un artista che sembra mettere d’accordo moltissime persone nell’entusiasmo per le sue opere.
Bellissima descrizione di Paola Martusciello dell’opera dello scultore Jago ben esaltata dal regista Luigi Pingitore in un suo film documentario sull’artista.
L’opera di Jago che io amo moltissimo viene descritta perfettamente da Paola Martusciello suscitandomi il desiderio di approfondirne la conoscenza col film di Pingitore.
Ogni articolo della dottoressa Paola Martusciello è un viaggio nel mondo dell’arte affascinante e illuminante. Le sculture di Jago sono di una bellezza sublime ed ora sono curioso di vedere il film documentario di Pingitore.
Grazie!
Articolo davvero interessante arricchito da una splendida galleria fotografica che fa da cornice al racconto .
Le parole e le attente riflessioni rendono il giusto merito allo scultore Jago, artista incredibile di grande talento nel panorama artistico.
Complimenti per il bellissimo testo e per aver portato alla luce un attento spunto di riflessione tra due forme di arte come la scultura ed il cinema.
Leggo sempre con attenzione gli articoli di Paola Martusciello e credo che questo sia davvero una perla per l’analisi profonda e minuziosa che ci ha regalato descrivendo il talento di Jago. Non ho mai avuto l’opportunità di ammirare le sculture di questo giovane artista e sono anche rimasto affascinato nel leggere della biografia “per immagini” che ne fatto Pingitore. Sarò presto alla chiesa di S. Aspreno
Come sempre descrizione dettagliata, precisa e ricca di particolari! Grazie
Straordinario il linguaggio che la dott. Paola Martusciello ha utilizzato per descrivere in modo eloquente la contaminazione tra i linguaggi dell arte cinematografica e il linguaggio artistico dello scultore Jago. Le capacità di analisi linguistico espressive nel raccontare questa storia sono state a livelli elevati
Bellissimo questo articolo scritto in maniera eccellente,ci ha ricondotto completamente nel film facendoci vivere le emozioni di un grande maestro della scultord
Jago riesce ad esprimere la “bellezza” attraverso le sue opere in maniera impareggiabile e Paola Martusciello ci fa conoscere l’artista alla stessa stregua…
Descrizione dettaglia e precisa bravissima Paola !
Arti differenti che si incontrano, il tutto decritto magistralmente dall’autrice dell’articolo.
Sono rimasto colpito dal linguaggio utilizzato dalla dott.ssa Paola Martusciello nel descrivere efficacemente le zone di intersezione tra i linguaggio cinematografico e quello scultoreo di Jago.
Belle le foto a corredo che “concretizzano” lo scritto, tra l’altro di piacevole fruizione.
Pur non avendo ancora visto il film, Paola Martusciello col suo acuto commento e le ottime immagini fotografiche, comunica già un’idea precisa di ciò che ci aspetta e, comunque, del valore e delle motivazioni del lavoro dell’artista. Chissà, da novello Michelangelo, se arriverà a qualcosa di paragonabile al ‘ non finito’ del Maestro in chiave contemporanea.
Non ho visto il film e non ho ancora avuto modo di ammirare le sculture di Jago dal vivo. Bello il tuo articolo
Sarebbe bello vedere le opere e il film, di cui quest’articolo così approfondito e colto ha suscitato forte curiosità. Complimenti, anche per le foto.
Un sottile (ma non tanto) cesellato contrappunto tra un artista e colui che lo racconta. L’abilità della dott.ssa Paola Germana Martusciello ha trasformato il suo scritto in un sapiente trailer, non solo, dell’opera di Pingitore ma anche dell’artista Jago e delle sue opere di canoviana essenza. Come si fa, dopo aver letto il suo pregevole e puntuale scritto, a non desiderare fortemente di fruire in persona, sia della bellezza delle opere, esposte tra l’altro in una cornice di tutto rispetto, che del film girato dalla sapiente e sensibile mano di Pingitore?
Sempre più brava la Martusciello ad essere sempre esaustiva nelle sue descrizioni e considerazioni ma anche stuzzicatrice di stimolanti curiosità.
Complimenti!
Ogni articolo che scrive la dottoressa Paola Germano Martusciello è come essere portati per mano in una visione altra dell’arte. Complimenti
L’articolo della dottoressa Martusciello è perfetto nella descrizione e precisione. Suscita interesse per le opere e stimola il lettore all’amore per l’arte.