Biagio Cepollaro – Foto: Matilde Di Muro

Il poeta Biagio Cepollaro ritorna a Napoli con una raccolta di opere pittoriche esposte alla galleria Movimento Aperto.

Il 28 dicembre 2024, presso la galleria Movimento Aperto, si è inaugurata la mostra dal titolo Nostos a Napoli dell’artista Biagio Cepollaro. Si tratta di un allestimento interessante, composto da una doppia sequenza di opere, 6 tele di media dimensione e 12 pastelli più piccoli, che sono la prosecuzione di alcuni lavori, già presentati dall’autore, col nome Nostos, lo scorso aprile allo Spazio Coviello di Milano.

Un breve excursus biografico

Il titolo Nostos a Napoli racconta e testimonia di un ritorno alla sua terra di origine di Biagio Cepollaro, che, nato a Napoli, ha vissuto e lavorato per quaranta anni a Milano. Filosofo, poeta e scrittore, si è sempre dedicato alla sperimentazione letteraria pubblicando numerosi saggi poetico-letterari oltre che di narrativa. Inoltre, è stato promotore del movimento letterario di avanguardia Gruppo 93, fondatore della rivista Baldus e teorico del postmodernismo critico mentre, attualmente, collabora alla redazione della rivista letteraria Il Verri.

Sempre teso ad incoraggiare l’attività dei giovani poeti e a preservare la memoria della letteratura italiana, dal 2004 ha avviato, sul suo sito ufficiale, le edizioni on line di Poesia Italiana E-book attraverso cui vengono diffusi, in formato pdf, alcuni libri di poesia e narrativa che si collocano, per lo più, tra gli anni ‘70 e i primi anni ‘90 e che, altrimenti, rischierebbero l’oblio. Con Poesia da fare e Per una Critica futura, sezioni specialistiche del suo sito ufficiale, si preoccupa di pubblicare inediti di poeti più giovani e di offrire spunti teorici e riflessioni critiche. Attraverso un corso di poesia integrata, Le parole che trasformano, propone e promuove, invece, un approccio dialogico alla lettura e alla scrittura, secondo prospettive derivanti anche da tradizioni non occidentali tese ad un coinvolgimento più intenso ed insieme consapevole nell’esperienza estetica.

In definitiva si apprezza come Biagio Cepollaro, attraverso i nuovi media, si preoccupi di diffondere e qualificare la fruizione della letteratura in un’epoca in cui il web trasforma profondamente anche il linguaggio e la poesia contemporanea.

Due delle opere in esposizione – Foto: Matilde Di Muro

Nell’arte di Cepollaro il binomio pennello-parola

Biagio Cepollaro, da quasi un ventennio, ha allargato le sue forme di espressione anche alle arti visive.  La sua attività grafica ha avuto inizio con la scrittura su catrame, cemento e gesso o abbinando ai testi poetici dipinti, per poi rendere il gesto pittorico, via via, sempre più indipendente e autonomo dalla scrittura. È così che nascono creazioni come quelle esposte in Nostos a Napoli.

In occasione dell’inaugurazione di questo allestimento, presso la galleria napoletana Movimento Aperto, l’artista, presente all’evento, si è gentilmente lasciato interrogare su alcuni quesiti che ci hanno meglio aiutato a comprenderne dinamiche e contenuti.

Innanzitutto abbiamo chiesto com’è nata, per lui, questa esigenza di arricchire l’arte della parola con l’arte del pennello: «In comune la poesia e la pittura, secondo me, hanno la materia nel senso che anche in poesia il lessico che si usa è in fondo una scelta di materia per la sua sonorità. La sonorità pure è materia. Quindi anche la scrittura ha una materia, un colore e una forma. Allora il passaggio è stato proprio un passaggio di materia, da un materiale ad un altro. L’organizzazione di questo materiale è l’opera. Un’organizzazione di parole fa una poesia. Un’organizzazione formale di colori, figure, materiali fa un’opera pittorica. Ma la logica è comune. C’è un’adesione alla domanda “con che cosa mi esprimo”. Piuttosto che alla domanda “cosa esprimo”, piuttosto che alla domanda “come esprimo”, c’è la domanda “con che cosa esprimo”. E la risposta è la materia, il materiale usato

Una delle opere in esposizione – Foto: Matilde Di Muro

Le due serie di opere esposte a Movimento Aperto

C’è, quindi, per l’autore, un pensiero sotteso che accomuna sia le poesie che le opere di natura visiva; un’espressività identitaria che necessariamente si esplicita e si declina, indifferentemente, con parole e colori.

In questa raccolta espositiva è possibile ammirare una doppia sequenza di opere,  espressione di uno stile che potremmo definire informale segnico. Nella prima vediamo una serie di 6 tele numerate di media dimensione, realizzate con tecnica mista di pittura acrilica spatolata e sovrapposta a diversi strati di pastello ad olio. Precisi ambiti privi di segni, campiti con colori caldi e solari, fanno spazio ad altri in cui, da uno sfondo nero, appaiono, come oniriche visioni, sagome fluttuanti e senza peso. Grandi e piccole, sono esili figure graffite poste in diverse posizioni, alcune in piedi, altre sdraiate e senza vita. Alcune sembrano allineate come se prendessero parte ad un rituale processionale; altre, invece, sembrano accostarsi in gesti consolatori. Cepollaro ci dà testimonianza di come le sue creazioni siano intrise di vissuto reale e ci racconta come queste figure, che, agli occhi dell’autore, interagiscono tra loro in maniera drammatica, siano state ispirate dai terribili eventi di guerra che sono attualmente in corso nella Striscia di Gaza.

Della seconda serie sono protagoniste 12 piccole opere numerate e realizzate sempre per stratificazione ma, questa volta, ottenute dall’uso di pastelli Sennelier e matite a carboncino. Ancora segni che, come graffi o enigmatiche scritture, attendono di essere decifrati o forse nascondono volutamente un linguaggio intimo e profondo. A tal proposito l’autore racconta: «Questo è un altro tipo di lavoro. C’è la stratificazione che continua. C’è anche nelle mie poesie di una certa epoca questa stratificazione che era una stratificazione di linguaggio mentre qui è di materiale ma la logica continua a essere quella. Diciamo che c’è uno schema fondamentale di interpretazione del mondo. Questi sono, come li vogliamo chiamare… informali. Sono quasi degli appunti privati, data anche la dimensione. Potrebbero essere dei progetti, ma in fondo non lo sono perché vanno bene già così. Cioè, io ho provato a immaginarli giganti, ma non avrebbero lo stesso senso… È come se fossero piccoli pensieri, ma densi, allo stesso modo, di grande significato, come degli aforismi

L’artista, inoltre, definisce la sua attività artistico-pittorica così: «… è il campo di giochi per me. Cioè è il campo del mio piacere e quello mi basta di per sé. Mi sento, come dire, quasi un abusivo in quest’arte anche se sono vent’anni che di fatto la pratico. Ma continua a esserci in me questa sindrome dell’impostore. Io mi diverto e così esce la parte più infantile di me, infantile e anche sensoriale. Io sono laureato in filosofia, quindi il massimo dell’astrazione, e faccio la poesia, che è il lavoro col linguaggio. Quindi questa cosa qui, per me, è come un parco giochi

Questa bella definizione del fare artistico di Cepollaro ci dà conto di un uso libero e sincero dei colori nelle sue opere. Tuttavia, a dispetto di una dimensione ludica e infantile, si coglie una grande attitudine alla concretezza espressa attraverso colori terreni e materici che non danno minimamente spazio ai colori “celesti”. Di fatto, in queste opere, il colore blu, o ogni sua possibile declinazione, è il grande assente. In merito a questo aspetto l’artista dichiara: «Il blu è effettivamente assente, non lo riesco a trattare se non da solo. È in una sfera diversa da quella terrena. Non comunica con gli altri colori se non mescolandolo, solo se diventa viola

Una delle opere in esposizione – Foto: Matilde Di Muro

Il valore nostalgico della mostra

E veniamo al senso del titolo di questa raccolta di opere, Nostos a Napoli, e lo facciamo volutamente alla fine di questo nostro racconto che è stato, piuttosto, un incontro tra arte e umanità. La parola “nostos”, dal greco “νόστος”, evoca alla nostra memoria le peripezie dei viaggi omerici di Ulisse; in effetti si parla di viaggio, ma non del semplice movimento atto al raggiungimento di un luogo fisico. Il nostos è piuttosto un ‘ritorno a casa’, dove per casa si intende la propria identità, il luogo più intimo di ognuno di noi; quel luogo che tante volte e per svariate ragioni si smette di abitare e al quale, sia pure affrontando prove impegnative, ombre, fantasmi e ammaglianti illusioni, bisogna necessariamente tornare.

Sì, bisogna tornare per smettere di sentire quello struggente sentimento che è la “nostalgeia”, parola anche questa di origini greche, composta appunto da “νόστος”, ritorno, e da “άλγος” che significa dolore.

Dunque, si parla di viaggio verso le proprie origini ma anche del ‘desiderio sofferto di tornare’, di quel dolore che si prova per la lontananza forzata dalle proprie origini. Tutto questo l’artista ce lo racconta attraverso le sue opere pittoriche e ce lo spiega dicendo: «Il titolo è ‘Nostos a Napoli’ perché è il tema del mio ritorno a Napoli, dopo 40 anni di Milano, ed è l’elaborazione di questo ritorno che avviene attraverso il contrasto tra il colore acceso e il nero. Il nero è l’allegoria di Napoli, come diceva Maria Ortese quando ne ‘Il mare non bagna Napoli’ dà una sua visione degli inferi

Due delle opere in esposizione – Foto: Matilde Di Muro

Ancora una volta pittura, letteratura e poesia si intrecciano in un’unica visione umana, intima e profonda. Eugenio Lucrezi, che con un suo testo ha introdotto la mostra, opportunamente afferma: “Questa pittura è un ulteriore capitolo dell’esperienza poetica del Cepollaro ‘scriba’. Come se il tragitto di una scrittura che ha attraversato la selva del linguaggio in tutta la sua oscura matericità trovi adesso un suo compimento, che non è riposo, nella giustapposizione delle materie cromatiche e delle masse opache e dense che fittamente si scrutano: un’antropologia che indaga cosmologie.”

Come a voler ulteriormente suggellare un evento tanto particolare, durante l’apertura della mostra si è svolto un reading di poesia in omaggio a Costanzo Ioni, poeta partenopeo, performer e voce dell’avanguardia, recentemente e prematuramente scomparso lo scorso primo agosto 2024. Per l’occasione si sono espressi, con i loro inediti componimenti, i giovani poeti Maria Rosaria Figliolia, Dafne Grieco, Lucio Pacifico, Antonio Perrone e Luigi Riccio. Si è trattato, insomma, di un evento culturale di ampio respiro come già tanti altri promossi dall’esclusiva galleria d’arte Movimento Aperto, diretta da Ilia Tufano. La mostra è visitabile presso l’unica sede ubicata nella centralissima via Duomo sino al prossimo 28 gennaio 2025.

L’artista con la gallerista e i protagonisti del reading di poesia – Foto: Matilde Di Muro

2 pensiero su “Dalla poesia alla pittura: Biagio Cepollaro e “Nostos a Napoli””
  1. Un articolo così ben scritto e soprattutto così ben pensato nasce da una grande capacità di ascolto e parimenti da una grande capacità di dialogo. Le domande sono così ben pensate che solo risposte autentiche ne possono seguire. E così avviene che Biagio Cepollaro si può cogliere nel suo autentico spessore di intellettuale e di uomo e la pittura diventa un gioco ma un gioco essenziale che aiuta anche ad entrare nella poesia. Il richiamo alla matericità dell’una e dell’altra, ovvero della pittura come della poesia è uno spunto di grande, attualissimo senso, che Matilde sa valorizzare.E’ raro leggere “interviste” così , ne consiglio, ne raccomando la lettura!!!

  2. La profilatura critica che Matilde Di Muro fornisce della creatività di Biagio Cepollaro consente di avere un accesso serio ed approfondito alle dinamiche creative di questo artista in cui si integrano linguaggi e prospettive di ‘visione’, contribuendo egli a produrre un unicum espressivo decisamente convincente, al cui interno la paziente calettatura ermeneutica di Matilde, aggirando opportunamente ed accortamente l’insidia esegetica, va a mettere a fuoco gli aspetti di ‘contenuto’, sottolineando, peraltro, nel concetto stesso di ‘nostos’, un bisogno ancestrale ed una inequivocabile chiamata alle origini, quelle stesse origini, d’altronde, che in non inconsapevole richiamo, sembrano riannodare il ’93’ al ’63’, in un percorso che – sia consentita a me, qui la ‘nost-algia’ – ristabilisce vecchi contatti umani (penso a Stelio Maria Martini, a Luciano Caruso, ma anche ad altri protagonisti più vicini e più lontani della ‘POESIA’ napoletana, fino a Cangiullo, indietreggiando nel tempo) confortando chi, come me, vecchio d’anni, ormai, trova nella memoria non soltanto ricordi, ma presenze vivide ed attuali, rese tanto più contemporanee dall’inalterabile giovinezza di cui è fatta la poesia. Qui Matilde, cui va il mio plauso sincero, sa definire con impareggiabile maestria la sintesi vivace che distingue l’intendimento operativo di Biagio Cepollaro, nel suo saper ‘intrecciare’ sensibilità espositive e semantiche in un unicum espressivo che lascia intridere la poesia di pittura e la pittura del catturante spessore del verso. Rosario Pinto

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