Inaugurata una nuova sezione del museo dedicata all’enogastronomia partenopea.

Il 24 aprile scorso a Napoli, in piazza Sisto Riario Sforza 154, presso la Domus 19 è stata inaugurata, alla presenza del prof. Gennaro Rispoli, consigliere comunale e presidente dell’Osservatorio Permanente per il Centro Storico di Napoli – Sito UNESCO –, di un governatore del Pio Monte di Misericordia e di un numeroso e colto pubblico, un’intera sezione museale dedicata all’enogastronomia del Museo di Napoli – Collezione Bonelli. Così Gaetano Bonelli, grazie ad un’intesa raggiunta con la famiglia Polito, proprietaria dell’immobile e con la quale è scattata subito una scintilla e una comunione di intenti, ha affiancato alla sede principale del Museo di Materdei un’ampia sezione tematica realizzata nei pressi di via Tribunali, nel cuore della vecchia Napoli, nell’insula compresa tra il Duomo e il Pio Monte della Misericordia, zona che, per la sua rilevanza artistica e monumentale e per i musei presenti, va assumendo un’importanza crescente nello sviluppo turistico della città.

Con questa iniziativa la raccolta Bonelli contribuirà a colmare l’ennesimo vuoto fra le mille storie che parlano di Napoli, un unicum nel panorama turistico mondiale, raccontando, attraverso i preziosi reperti materiali e documentali esposti, la straordinaria storia di quella che, non a caso, può essere considerata anche una delle capitali mondiali dell’enogastronomia. Basta pensare solo alla pizza, la pietanza regina, la più famosa nel mondo, e a quel cibo di strada, oggi più noto come street food, il cui primato storico è condiviso tra Napoli e Palermo, che ormai copre una importante nicchia della ristorazione non solo in questa città e non da oggi.

L’invito è quello di andare a vedere e sostenere in prima persona gli allestimenti che coprono un arco temporale che parte dal ‘700 e sono sistemati cronologicamente e per argomento. Il museo contiene reperti materiali e documentali, nonché immagini  originali, che testimoniano le attività produttive e commerciali del settore enogastronomico che hanno operato nella città di Napoli, quali ristoranti, trattorie e pizzerie, gli antichi caffè, le torrefazioni, i vini, i liquorifici, i birrifici, le cioccolaterie, i coloniali e le pasticcerie, affiancate da cartoline e antiche fotografie che documentano anche i venditori ambulanti delle varie tipologie del cibo, per la maggior parte scomparsi, come una bellissima immagine dei ‘mangiamaccheroni’ risalente agli anni ‘50 dell’ottocento.

Il più antico dei reperti ha tre secoli ed è un polizzino (un titolo di credito) sciolto spiccato da Giuseppe Gallo sul Banco dei Poveri, datato 1720, avente come causale la fornitura di vino per un importo di sei ducati e quattordici grana. C’è, poi, una licenza concessa a Vincenzo Lauria dove si legge: che possa aprire un posto di Potegaro de frutti nella strada di Toledo, datato 4 marzo 1765. Quindi il menu del settimo congresso degli scienziati italiani che si tenne a Napoli, datato 3 ottobre 1845, dono del Comm. Luigi Regina. E, ancora, una cartolina recante l’immagine del ristorante Giacomino scritta da Carlo Nazzaro, giornalista e scrittore, al critico letterario Giuseppe Toffanin. Fra gli oggetti particolari: una caffettiera in rame da cento tazze, di manifattura napoletana, dell’inizio del secolo scorso e appartenuta allo storico Gran Caffè Fontana alla Torretta, acquistata grazie al generoso contributo di Mario Simonetti titolare del Caffè Toraldo, peraltro presente alla cerimonia inaugurale.

La caffettiera in rame da 100 tazze – Foto: Giuseppe Schiattarella

Non mancano, poi, manifesti d’epoca, come quello del Gran Circo delle Varietà dell’esposizione di “vini, liquori e cioccolato” che si tenne nel 1893, e oggetti curiosi, come una simpatica poesiola dedicata alla pizza e dipinta su legno, risalente agli anni ‘50 del secolo scorso e donata da Eugenio Iorio, dell’omonima antica pizzeria nei pressi di piazza Ottocalli.

Il manifesto d’epoca del Gran Circo delle Varietà – Foto: Giuseppe Schiattarella

I visitatori avranno anche modo di sapere che a Napoli, nel secolo scorso, fu attivo un importante birrificio in zona Capodimonte, in quello che ora è il corso Amedeo di Savoia: le Birrerie Meridionali, come mostra la locandina esposta. Fondata nel 1904, successivamente, nel 1929, la società venne assorbita dalla più conosciuta Birra Peroni, assumendo la denominazione di Birra Peroni Meridionale. La storia più recente è forse nota a molti visto che lo stabilimento più moderno, ubicato a Miano e rimasto attivo quasi sino alla fine ‘900, è stato anche luogo di affollato ritrovo dove consumare taralli e birra.

Essendo questi i presupposti possiamo immaginare che i visitatori, osservando quegli oggetti e quei documenti che lasciano trasparire usi, costumi e tradizioni enogastronomiche che hanno caratterizzato le diverse epoche, abbiano la possibilità di calarsi nella quotidianità del tempo e compiere un ideale, per qualcuno nostalgico, viaggio nel passato, che mostra come la sfaccettata piccola imprenditoria del settore fosse molto attiva in città. Il recupero della tradizione e della storia di Napoli si avvale anche dei necessari supporti tecnologici, per cui presso la struttura è attivo un totem multimediale attraverso il quale sarà possibile vedere video d’epoca, icone di napoletanità, tra cui le voci di Napoli di Raffaele Viviani e l’indimenticabile scena del caffè tratta da Questi fantasmi del grande Eduardo. Esso sarà di volta in volta implementato con l’acquisizione di altri filmati e immagini, come una sorta di archivio che in sede di accesso alla struttura farà da prologo alla visita stessa.

Gaetano Bonelli durante l’evento – Foto: Giuseppe Schiattarella

È stato aggiunto un altro tassello a un progetto che, come Bonelli auspica, dovrà condurre alla apertura di un museo sempre più diffuso, con tante autonome sezioni tematiche oggi quasi tutte racchiuse nel Museo di Napoli, prime tra tutte quelle dedicate all’immigrazione e ai trasporti.

Un repertorio vasto quello visionato, parte integrante della raccolta Bonelli che, per l’ennesima volta, documenta i valori della città grazie a un lavoro paziente ed entusiasta condotto in prima persona da Gaetano Bonelli con il meritorio sostegno di persone che lo appoggiano in questo progetto e che, in alcuni casi, a loro volta sono protagoniste di iniziative che vanno nella stessa direzione; come nel caso di Raffaele Reale, proprietario della Casa Museo Enrico Caruso, ubicata in via Santi Giovanni e Paolo. Si tratta di un piccolo miracolo, espressione di quella filantropia culturale legata alle iniziative e alla passione di privati che si trovano non per caso ma perché hanno tutti a cuore solo il bene della città e che fanno tutto non per interesse personale, ma per amore di Napoli, indipendentemente dai sempre auspicabili sostegni di natura pubblica, come nel caso delle più grandi strutture museali. Un proponimento che lo stesso Bonelli definisce quasi folle per l’impegno che richiede ma che, forse, rappresenta oggi uno dei pochi modi per mantenere viva, in tutti i suoi aspetti peculiari, la memoria storica di Napoli.

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