Castello della Manta – Foto: Giulietta Vizzotto

a cura di Giulietta Vizzotto

Tra le colline del saluzzese, ad una quarantina di chilometri da Torino, incorniciato dalle Alpi Cozie dove il profilo aguzzo del Monviso domina l’orizzonte: così si presenta la mole imponente del Castello della Manta.
Costruito nel XIII secolo come roccaforte militare, ha subìto un’importante trasformazione nel Quattrocento grazie a Valerano, signore e reggente del marchesato di Saluzzo, che lo trasforma in una fastosa dimora di famiglia dopo l’istituzione del feudo della Manta.

Castello della Manta – Interno col camino – Foto: Giulietta Vizzotto

Valerano era uno dei tre figli illegittimi avuti in gioventù da Tommaso III di Saluzzo da una donna del popolo che viveva a Carmagnola (ridente cittadina del torinese famosa ormai a livello internazionale per i suoi peperoni e, a quanto pare, anche per le belle donne, ma questa è un’altra storia); ma com’è finito a reggere il marchesato un figlio illegittimo?
Tommaso III succede alla guida del marchesato al padre Federico II, si sposa in tarda età con Margherita di Roucy con la quale ha un figlio, Ludovico I; nel suo testamento Tommaso III nomina Ludovico I suo successore ma, essendo questi ancora un bambino, dispone che la moglie Margherita e il figlio illegittimo Valerano siano i reggenti fino alla maggiore età di Ludovico I.
Il figlio illegittimo ma reggente, che è un uomo arguto e di indubbia intelligenza, pensa a come poter legittimare questo suo arrivo a capo del marchesato e, successivamente, a essere riconosciuto nella famiglia del padre. Decide allora di provvedere all’arricchimento della sala baronale con bellissimi affreschi che rappresentano scene cavalleresche del tempo e che riportano al padre e alla famiglia paterna.

Castello della Manta – Sala Baronale – Foto: Giulietta Vizzotto

Sulla parete sud viene raffigurata la fontana dell’eterna giovinezza sormontata dal dio Amore, scena ispirata da un romanzo cavalleresco, Le Chavalier Errant, scritto dallo stesso padre Tommaso durante i due anni di prigionia trascorsi a Torino a seguito del suo arresto da parte delle armate sabaude.

Sul lato opposto della sala nove prodi eroi e nove eroine in abiti quattrocenteschi rappresentano gli ideali cavallereschi delle virtù militari e morali. Tra gli eroi si possono distinguere Ettore di Troia, Giulio Cesare, Alessandro Magno, Giosuè, Davide, Giuda Maccabeo, Re Artù, Carlo Magno e Goffredo di Buglione.
Gli storici dicono che il volto di Ettore riporta le fattezze di Valerano, mentre Alessandro Magno avrebbe il viso di suo padre Tommaso e in Giulio Cesare sarebbe raffigurato addirittura il nonno Federico.

Le prodi eroine sono, invece, le cinque amazzoni Sinope, Ippolita, Etiope, Lampeto e Pentesilea, l’eroina Deipile e le tre regine Semiramide degli Assiri, Tomiri degli Sciti e Teuca degli Illiri. Tutte sono raffigurate con indosso armature da battaglia coperte da ricche vesti.
Questa bellissima sala riporta un ciclo di affreschi pagani tardo gotici tra i più importanti d’Italia se non addirittura d’Europa.

Intorno al XVI secolo nuove trasformazioni del complesso quattrocentesco portano alla realizzazione del Salone delle Grottesche, dove si può ammirare uno splendido soffitto decorato con dipinti e stucchi, ispirati a quelli delle logge di Raffaello in Vaticano.
Un’altra curiosità è lo stemma con il motto della famiglia che si vede riportato un po’ in tutti gli ambienti, sulle decorazioni delle pareti, dei soffitti e dei camini: Leit che significa guida/conduce (per associazione proviamo a pensare al significato della parola leitmotiv usata in ambito musicale).
Altri locali meritevoli della visita sono gli ambienti di servizio, le cantine e l’enorme cucina con una grande volta a botte ed un enorme camino.

Castello della Manta – Cantine – Foto: Giulietta Vizzotto

La chiesa castellana, voluta anch’essa da Valerano, è impreziosita da importanti affreschi che rappresentano la Passione di Cristo.
All’esterno un ampio e ombreggiato parco consente di ammirare un’incantevole vista della Valle Varaita.
All’estinzione del casato, nel XVIII secolo, il castello fu abbandonato e cadde in rovina; dai Saluzzo passò ai Radicati, quindi ai Provana, infine ai De Rege Thesauro.
Dopo la donazione al FAI nel 1984 sono stati avviati i lavori di recupero e restauro che lo hanno riportato alla sua condizione originale, assolutamente da vedere almeno una volta.

Castello della Manta – Il parco – Foto: Giulietta Vizzotto

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