Molte città devono la propria origine o il proprio sviluppo alla posizione geografica in cui sorgono. È noto che alcuni grandi fiumi sono stati la culla delle città che ancora oggi si estendono sulle loro sponde, dal Tamigi per Londra al Tevere per Roma. Così come il mare è stato determinante per la nascita e il successivo sviluppo di New York, Napoli, o Lisbona. Anche Trieste è indissolubilmente legata alla sua posizione doppiamente strategica perché, oltre ad affacciarsi sul mare e ad aver avuto quindi un porto come centro gravitazionale dello sviluppo economico e sociale, ha goduto di una cruciale posizione di collegamento e di cerniera tra due mondi: l’Oriente e l’Occidente.
Nella sua lunga storia è stata – ovviamente – città romana, poi è caduta sotto l’influenza dell’impero bizantino, ma è stata occupata anche dai longobardi e dai franchi; per secoli ha dovuto combattere contro la potentissima Repubblica della Serenissima, che la occupò per diversi anni, fino a cadere definitivamente nella sfera di influenza asburgica. Il XVIII secolo fu l’inizio del suo periodo più prospero. In particolare, l’istituzione a Trieste del porto franco voluto da Carlo VI d’Asburgo rappresentò il momento iniziale di un’epoca di capillare sviluppo economico che la portò a diventare il porto più importante del Sacro Romano Impero. Esclusa dai confini italiani dopo le guerre di indipendenza, Trieste è stata uno dei centri più attivi dell’irredentismo italiano, di quel movimento cioè che mirava a riportare entro confini nazionali aree che si riteneva ingiustamente occupate da paesi stranieri. Per la città friulana, come è noto, la battaglia fu lunga e complessa ma finalmente, al termine della Prima guerra mondiale, divenne italiana.

Veduta dal porto – Foto: Stefania Rega
Oggi, è il capoluogo del Friuli Venezia Giulia e resta, nella sua collocazione a nord est, la nostra porta per l’Oriente. È una città vivace, elegante e piuttosto ricca che merita una visita di diversi giorni per poterne scoprire almeno i tratti salienti.
Il suo centro storico, dove l’ordine e la pulizia sono irreprensibili, offre una passeggiata gradevole tra strade ampie fiancheggiate da grandi edifici eleganti, piazze vaste e naturalmente il contatto con il mare. La centralissima Piazza Unità d’Italia, simbolo e cuore pulsante della città, si raccoglie ai piedi del colle di San Giusto, si srotola lungo raffinati edifici e si getta letteralmente dentro le acque piatte del porto protette dalla stazione marittima e dal Molo Audace, lunghissima lingua di cemento che consente ai visitatori una vera e propria passeggiata sulle acque. Da qui, la linea di costa della città si distende per chilometri sia verso nord che verso sud ospitando numerosi moli per attività economiche e diversi punti di interesse.

Piazza Unità d’Italia – Foto: Stefania Rega
Appena più a nord, si trova il porto vecchio. Le antiche strutture in muratura ancora conservano la sensazione delle attività frenetiche ed estese che devono aver ospitato fino a pochi decenni fa. Sono lunghe chilometri, puntellate da infinite finestre e oggi aggredite da erbacce e piante selvatiche. In un riuscito tentativo di parziale recupero, una minima parte dei vecchi edifici è stata riadattata per ospitare centri culturali e musei, tra i quali va segnalato il Museo della Scienza.
Più avanti, alla costa si affianca una ricca pineta separata dal mare da una lunghissima banchina sulla quale i triestini, non potendo contare su spiagge estesissime, stendono le stuoie e si fanno il bagno, o tuffandosi dagli scogli o scendendo le apposite scalette di ferro.

In fila per il bagno – Foto: Stefania Rega
Tornando verso sud, una volta superato il canale che taglia la città con il suo braccio di mare e la già citata Piazza Unità d’Italia, si incontra il famigerato Pedocin, più prosaicamente il bagno marino La Lanterna. Si tratta di un antico stabilimento balneare che conserva, unico in Italia, una curiosa e oggi simpatica caratteristica: i bagnanti devono obbligatoriamente dividersi in base al genere. Infatti, un muro segna il confine dei tratti di spiaggia destinati ai maschi e quelli destinati alle femmine. Non è un retaggio nostalgico di una antica pratica sessista e bigotta. È il ricordo di un’epoca conclusa che i triestini hanno scelto, votando per ben due volte, di conservare come omaggio alle tradizioni passate.
Dirigendosi ancora verso sud, si incontrano le poche spiagge di questa zona, tutte rocciose, tra cui la più frequentata e nota è la Muggia. Nelle vicinanze si può anche visitare la Risiera di San Sabba, il luogo tristemente noto per essere stato trasformato dai nazisti in centro di raccolta per i detenuti destinati ai campi di concentramento tedeschi.
Tornando in città, il centro storico si offre ad una piacevole passeggiata mondana e spendaiola. Oltre ai tantissimi negozi eleganti e costosi di prestigiosi marchi, si aprono sulle strade tantissimi bar, alcuni dei quali famosi e considerati luoghi di interesse storico. Primo fra tutti l’elegantissimo Bar degli Specchi e poi i tanti locali che segnalano in una discreta targa di aver offerto ristoro a scrittori come James Joyce e Umberto Saba. Tra l’altro, in un ennesimo vezzo dal sapore vagamente anacronistico, a questi due giganti della letteratura del Novecento e al vate Gabriele D’Annunzio sono dedicate altrettante statue in bronzo. Per ammirarle basta girare per la città e, poiché sono collocate semplicemente sul selciato, a grandezza naturale e in pose altrettanto naturali, quando capita di incrociarle sembra davvero di potersi fermare a fare quattro chiacchere.
Ad un occhio particolarmente raffinato da un punto di vista architettonico, gli accostamenti degli edifici triestini potrebbero sembrare un po’ eccessivi, se non addirittura kitsch. A Trieste capita di vedere un palazzo con decorazioni in gesso bianco – ghirlande di fiori, puttini, cornici, statue – attaccato ad un altro che è l’espressione più limpida del puro stile neoclassico. Oppure un edificio rosa confetto accanto ad un severissimo grigio. Ma conoscere Trieste significa imparare che la sua cifra caratteristica è proprio l’accostamento, l’unione, il tenere insieme elementi eterogenei, finanche il contrasto e, nel farlo, annullare l’attrito.
Oggi, come nel corso dei secoli passati, oltre alla lingua italiana a Trieste è diffuso, per ragioni geografiche, lo sloveno, che non gode i crismi dell’ufficialità ma che è tutelato dalle leggi nazionali sulle minoranze linguistiche che prevedono, per la città friulana, il bilinguismo. Inoltre, attualmente sono presenti numerosi gruppi etnici minoritari storici tra cui croati, serbi, greci e tedeschi e gruppi di recente insediamento tra i quali rumeni, albanesi, cinesi, africani e sudamericani.
La storia passata su questa città ha lasciato i suoi segni tangibili e preziosi nei musei, nei castelli e in vari monumenti.

Il teatro romano – Foto: Stefania Rega
Anche qui i Romani hanno lasciato il loro teatro. Fu costruito intorno al I secolo avanti Cristo, fuori dalle mura della città con le gradinate appoggiate ad un colle e il mare che allora era a pochi passi. Nei secoli successivi fu inglobato nelle nuove costruzioni, come è avvenuto spesso, ma venne riscoperto nel 1814 dall’architetto Pietro Nobile e riportato pienamente alla luce un secolo più tardi, nel 1938.
I musei di Trieste sono numerosi, per una città così piccola, e tutti ricchissimi. Il più grande è il museo intitolato a Pasquale Revoltella, un commerciante e finanziere che accumulò durante la sua vita un enorme patrimonio di cui alla sua morte, nel 1869, lasciò alcuni importanti beni alla città. Tra questi, il barone Revoltella regalò il suo palazzo (l’attuale sede del museo), la sua collezione d’arte e una significativa rendita che doveva servire per arricchirla. Infatti, le opere della galleria d’arte moderna ospitate nel Museo Revoltella sono cresciute a ritmo costante. Già alla fine dell’800 figuravano celebri autori italiani come Hayez, Morelli, Favretto e Palizzi, oltre a molti stranieri. Nei decenni seguenti furono acquisite opere degli artisti più significativi del Novecento, come De Nittis, Casorati, Sironi, Carrà, Morandi, De Chirico, Fontana e Burri. Ce n’è abbastanza per una visita lunga e affascinante.
Molto suggestivo è il Civico Museo d’Antichità J.J. Winckelmann, intitolato al celebre archeologo tedesco che proprio a Trieste trovò purtroppo la morte e del quale si può ammirare, in una enorme sala dedicata, il suo cenotafio. Il museo è composto da 7 sale, di cui 5 al piano terra dedicate alle antichità romane ed egiziane. Queste ultime stupefacenti: nella piccola sala si possono ammirare, tra le altre cose, il sarcofago di Pa-di-Amon contenente la sua mummia umana, alcune pagine del libro dei morti, una ricchissima bacheca di ushabti, la stele funeraria di Sa-hathor e il Pyramidion, il monumento, a forma di piramide tronca che serviva come coronamento della piramide di mattoni crudi che fungeva da copertura per una cappella funeraria.
Non poteva mancare un luogo dedicato a due tra i maggiori romanzieri del Novecento vissuti a Trieste: James Joyce e Italo Svevo. I due amici scrittori condividono le stanze di una biblioteca comunale in cui sono stati raccolti oggetti loro appartenuti, testi, lettere e pagine di giornali per tracciarne la vita e l’opera.
Del più grande poeta triestino, invece, Umberto Saba, è possibile visitare la libreria che possedette e in cui lavorò per anni al centro della città.

Castello di Miramare, camera da letto – Foto: Stefania Rega
Non si può lasciare Trieste senza una visita a due importanti castelli: San Giusto e Miramare. Il primo sorge in cima all’omonimo colle e domina l’intera città. Fu costruito per volere degli Asburgo a partire dal XV secolo, ha subìto inevitabilmente vari rimaneggiamenti e oggi ospita un’armeria, un lapidario, una cappella e numerose altre sale. Infine, il delizioso castello di Miramare. Si trova appena fuori dalla città moderna, a picco sul mare. Si deve all’arciduca D’Austria Massimiliano I che a metà Ottocento voleva una dimora con uno spazio all’aperto abbastanza grande per dare sfogo alla sua passione per la botanica. L’edificio è una mirabile costruzione di mattoni chiari con un’architettura fiabesca, caratterizzata da numerose torri merlate. Da un lato si affaccia sul mare e dall’altro su un curatissimo giardino oltre al quale si estende un lussureggiante parco, un tempo di uso personale dell’arciduca, oggi fortunatamente visitabile.