Antonio Canova, ‘Amore e Psiche’ (1787-1793) – Museo del Louvre, Parigi – Foto: Giorgio Manusakis

La favola più bella che sia mai stata scritta

È iniziando così che a tutti noi, da bambini, raccontavano le favole. Ed è proprio così che Apuleio, nelle sue Metamorfosi anche note come L’asino d’oro, inizia a raccontarci del mito di Amore e Psiche. La storia per grosse linee è ben nota a tutti, ma qui verrà raccontata nella versione sintetica più completa che si possa scrivere, e sono certo che in tanti si sorprenderanno dei numerosi episodi poco noti del mito di cui mai avevano letto o sentito parlare; e sono altresì certo che anche a chi conosce questo mito in ogni dettaglio, rileggerlo non possa fare che piacere, in fin dei conti parliamo di…Amore! Apuleio, dunque, ci narra che in una città vivevano un re e una regina che avevano tre figlie, tutte belle e in età da marito, ma delle tre la più giovane, Psiche, era di una bellezza senza eguali, talmente bella “che era impossibile descriverla o anche lodarla come meritava, perché le parole umane non bastavano” (Apuleio, Metamorfosi, IV, 28). Tanta bellezza rese la ragazza famosa ovunque e da ogni luogo gli uomini accorrevano nella sua città venerandola come una dea e disertando i santuari di Venere. “Nessuno navigava più verso Pafo, nessuno andava a Cnido, e nemmeno a Citera (noti santuari di Venere n.d.r.), per contemplare la dea Venere: i suoi riti sacri vengono rimandati, i suoi templi vanno in rovina, i suoi sacri letti vengono calpestati, le cerimonie trascurate; le sue statue restano senza corone di fiori, i suoi altari vuoti sporchi di cenere ormai fredda. È alla fanciulla che si rivolgono suppliche, e nel suo volto di essere umano si invoca la potenza di una dea così grande…” (Apuleio, Metamorfosi, IV, 29). Psiche era una ragazza molto buona e ingenua, non era stata lei a volere quanto accadeva né ambiva a tanto, ma sappiamo quanto gli dei fossero capricciosi e vendicativi, è facile quindi immaginare quanto fosse adirata Venere, dea della bellezza, usurpata del suo ruolo; infatti, molto più che adirata, la dea diceva a se stessa: “non è servito a nulla che quel famoso pastore (Paride n.d.r), il cui giudizio giusto ed equo fu approvato persino dal grande Giove, mi abbia ritenuto superiore a due dee così grandi, e ciò in virtù della mia bellezza senza pari! Ma questa qui, chiunque sia, si pentirà di essersi appropriata degli onori che spettano a me; le farò rimpiangere pure questa sua bellezza a cui non ha alcun diritto!” (Apuleio, Metamorfosi, IV, 30).

Dopo aver letto queste parole, sfido chiunque a non aver paura di una donna, anzi, una dea così arrabbiata! E infatti Venere, passato lo sfogo, chiamò a sé il temibile figlio, Amore, e gli narrò tutta la storia della sua rivalità con Psiche chiedendogli, in virtù dell’essergli madre, di scoccare una delle sue famose frecce nel cuore di Psiche, facendola innamorare dell’uomo “più abbietto che ci sia, uno veramente maledetto dalla sorte, e per condizione sociale, e per ricchezza, e per la sua stessa salute, insomma di un uomo così miserabile che non possa trovare in tutto il mondo un altro che eguagli la sua infelicità” (Apuleio, Metamorfosi, IV, 31). Ma chi fosse quest’uomo più sfortunato di Paperino e miserabile al punto che anche per Victor Hugo sarebbe stato difficile descriverlo, è una curiosità che dovremmo tutti tenerci per sempre. Amore, infatti, o perché rapito anch’egli dalla bellezza di Psiche, o per volontà del Fato, contro cui neanche lui poteva nulla, si punse con la sua stessa freccia, proprio quella destinata a Psiche, e si innamorò perdutamente di lei. Ma torniamo in casa della ragazza e vediamo cosa accade. Nel frattempo le due sorelle di Psiche erano convolate a nozze regali, mentre lei, proprio a causa della sua divina bellezza, continuava a restare sola. Tutti la lodavano e restavano incantati da lei, ma nessuno aveva il coraggio di chiederla in sposa e così, temendo che ciò fosse causato dall’ira degli dei, il padre si portò presso l’oracolo di Apollo sito a Mileto e implorò il dio di maritare la figlia. Ma se avesse saputo quale sarebbe stato il responso dell’oracolo, probabilmente, anzi, certamente avrebbe fatto a meno di consultarlo. La profezia dell’oracolo, infatti, non fu per niente bella e le parole del dio furono: “In cima a un alto monte, a nozze sia vestita, lascia tua figlia, o re, per nozze senza vita. Non t’aspettare un genero d’origine mortale, ma un mostro velenoso, spietato ed esiziale: su con l’ali volando nel cielo tutto fiacca, ogni creatura sfibra, con ferro e fuoco attacca: ne trema Giove stesso che temono anche i numi, e l’Ade ne ha paura, con gl’infernali fiumi”. (Apuleio, Metamorfosi, IV, 33) A questo punto consentitemi una breve disgressione: a queste parole dell’oracolo di Apollo, voi, come il povero padre di Psiche, certamente non avrete immaginato nulla di bello e, se non conosceste la storia, mai immaginereste che quelle parole descrivono il dio Amore, generalmente associato a ciò che è bello. Ma ad una più attenta analisi del vaticinio, si può facilmente riconoscerlo: Amore, infatti, è bello per chi gioisce, ma un mostro per chi ne soffre; le sue frecce sono velenose anche per gli stessi dei, che infatti lo temono e sanno quanto sia spietato nell’usarle; vola con le sue ali e attacca con le sue frecce, d’oro o di ferro, le sue vittime. Insomma, non si può certo rimproverare nulla all’oracolo per la sua descrizione, soprattutto tenendo conto che anche dèi quali Zeus, Ares e Apollo furono più volte vittime di Amore. Diciamo, piuttosto, che ciò serve da lezione per imparare a non farci ingannare dalle apparenze, e proseguiamo col nostro racconto. Tornato a casa col cuore in lutto, il re informa la famiglia delle parole dell’oracolo; la notizia si sparge anche nel resto della città e, per alcuni giorni, sono tutti immersi nel dolore. Ma al responso di un dio tutti sono chiamati ad obbedire, quindi, anche se piangendo, fu allestita la cerimonia nunziale là dove aveva indicato Apollo; tutta la città accompagnò Psiche sulla montagna, e quella che appariva, per allestimento e abiti, una cerimonia nunziale, era, nei pianti di chi accompagnava la sposa, una chiara cerimonia funebre. Solo Psiche faceva coraggio ai genitori, continuando a maledire la sua bellezza e a ritenere il tutto una vendetta di Venere. Una volta in cima alla rupe, “dopo aver sistemato la ragazza sulla cima più alta, tutti insieme la abbandonarono lì; e lasciarono lì anche le fiaccole nunziali con cui avevano rischiarato il cammino, e ormai spente dalle loro stesse lacrime; poi, a testa bassa, ripresero la strada di casa”. (Apuleio, Metamorfosi, IV, 35) Una volta rimasta sola, Psiche, presa dalla paura, iniziò a piangere; ma in quel momento arrivò Zefiro, che cullandola sulla sua brezza delicata, la portò su un morbido prato dove Psiche, provata dalla stanchezza, si addormentò. Al suo risveglio vide che si trovava in un fitto bosco nel cuore del quale c’era una fonte con accanto un meraviglioso palazzo reale, certamente non opera di un uomo. Incoraggiata dalla bellezza e dalla pace del luogo, Psiche s’incamminò verso il palazzo e vi entrò. Vide che tutto, dai pavimenti alle pareti, dalle colonne alle porte, era fatto di oro, argento e pietre preziose, e restò senza fiato di fronte a tale meraviglia, finché una voce incorporea non la scosse: “Signora, perché sei così stupita di fronte a tanta ricchezza? Questa è tutta roba tua. Perciò va nella tua stanza e riprenditi dalla stanchezza con una dormita e poi, quando ti va, chiama per il bagno. Noi saremo sempre a tua disposizione – siamo le tue serve e quella che senti è la nostra voce – e quando avrai finito di prenderti cura di te stessa, sarà subito pronto per te un banchetto principesco”. (Apuleio, Metamorfosi, V, 2)

Psiche fece ciò che la voce le aveva consigliato, quindi andò a dormire e, nel cuore della notte, giunse Amore che la rese sua sposa. E tutti vissero felici e contenti? Neanche per sogno! Nella prossima puntata leggerete a quali peripezie e supplizi fu sottoposta la povera Psiche.

3 pensiero su ““C’erano una volta…” – Parte 1”
  1. Non conoscevo la storia di psiche ma la mitologia mi affascina tantissimo peccato che questa lettura non è completa.

    1. Il mito di Amore e Psiche è piuttosto lungo, abbiamo preferito dividerlo in 5 puntate che usciranno ogni domenica. Spero vorrà completare la lettura seguendoci e non solo per la mitologia 🙂

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