Venezia, piazza San Marco – Foto: Giorgio Manusakis
a cura di Giulietta Vizzotto
Arrivando a Venezia per la prima volta, raggiungendola dalla terraferma a bordo di uno dei tanti vaporetti la scorgerete da lontano: la sagoma del suo famoso campanile e le cupole della basilica faranno da bussola ai vostri occhi e capirete immediatamente che state giungendo alla famosissima piazza San Marco.
Entrando sarete colpiti dall’imponente edificio che la domina e che, con la basilica di San Marco, rappresenta l’immagine iconografica più famosa della città: il Palazzo Ducale. Edificato originariamente nel IX secolo come un castello fortificato, nel secolo successivo viene parzialmente distrutto da un incendio e ricostruito grazie alla volontà del doge Sebastiano Ziani (1172-1178). Egli fu un grande riformatore che fece ristrutturare tutta piazza San Marco, sostituendo il vecchio castello chiuso e fortificato con una costruzione più aperta alla città che, in quel periodo, va incontro ad una grande espansione sociale, politica ed economica.
A seguito di altri incendi avvenuti nei secoli successivi, si resero necessari ulteriori rifacimenti e ampliamenti che lo portarono a quella che è la forma attuale.
Ma chi era il Doge? Simbolo della potenza veneziana, sebbene negli atti pubblici fosse chiamato “monsignore il doge”, per tutti era il Serenissimo Principe.
Riceveva con gran sfarzo gli ambasciatori, presiedeva le riunioni consigliari, era il capo militare dello Stato e le monete erano coniate con la sua effige. Tuttavia il doge regnava ma non governava. Poteva procedere a qualche nomina o sottoporre proposte urgenti al Maggior Consiglio che era obbligato a discuterne, ma in totale libertà.
Per tutto il resto era sotto il controllo del Minor Consiglio. Al Senato il suo voto non contava più di quello di ogni altro senatore; poteva essere indagato e deposto, veniva eletto dall’aristocrazia veneziana e, di fatto, ne era il suo servitore. Non poteva ricevere omaggi né mischiarsi fra la gente a teatro o in altri luoghi di ritrovo.
Il doge era, in sostanza, “principe nelle solennità, senatore in senato, prigioniero in città, colpevole fuori dalla città”.
Venezia, Palazzo Ducale, cortile interno – Foto: Giorgio Manusakis
Accanto alla figura del doge vi erano le dogaresse, ovvero le consorti. Le prime furono quasi tutte straniere come Teodora, principessa di Bisanzio, che andò in sposa nel 1077 a Domenico Selvo. Successivamente fu fatto divieto al doge di sposare donne straniere, salvo che il Maggior Consiglio non ne concedesse straordinariamente il permesso. La Repubblica esigeva che la dogaressa fosse di origini nobili e con una reputazione senza macchia, doveva dare esempio di virtù morali, civili e domestiche, occupandosi di opere caritatevoli senza che il suo operato andasse ad influenzare la vita politica veneziana. Possiamo paragonarla ad una moderna First Lady, visto che suo compito era anche quello di ricevere le consorti degli alleati che si recavano in visita a Venezia.
Venezia, Palazzo Ducale, Sala del Maggior Consiglio – Foto: Giulietta Vizzotto
Raccontare nei particolari Palazzo Ducale è impresa che richiederebbe più di un articolo, qui scopriremo solo gli ambienti più celebri e alcune curiosità poco note.
Al piano terra si trova un grande cortile interno dove lo sguardo inevitabilmente verrà attratto dalla Scala dei Giganti, dominata da due imponenti statue raffiguranti Marte e Nettuno, opera del Sansovino. Per accedere all’appartamento del doge e alle sale nelle quali si riunivano le magistrature della Repubblica, occorre salire la Scala d’Oro che porta al primo piano. Il suo nome si deve alla ricchezza delle decorazioni in stucco bianco e oro 24 carati che ornano la volta, eseguite da Alessandro Vittoria a partire dal 1557, mentre i riquadri ad affresco sono opera di Gianbattista Franco. La sua realizzazione fu voluta dal doge Andrea Gritti che ne affidò la progettazione a Jacopo Sansovino nel 1555, ma fu ultimata nel 1559 dallo Scarpagnino.
Venezia, Palazzo Ducale, Scala dei Giganti – Foto: Giorgio Manusakis
Al primo piano, oltre all’appartamento del doge, si trova la sala più grande e maestosa di Palazzo Ducale che con i suoi 53 metri di lunghezza e 25 metri di larghezza è tra le più vaste in Europa. Qui si tenevano le assemblee del Maggior Consiglio. Alle pareti si possono ammirare dipinti di Veronese, Jacopo e Domenico Tintoretto e Palma il Giovane, raffiguranti episodi della storia veneziana.
Sul soffitto sono riprodotte gesta di cittadini valorosi e le virtù, mentre lo spazio centrale è dedicato alla glorificazione della Repubblica. I dodici dipinti laterali, sei per lato, rappresentano atti di valore ed episodi bellici avvenuti in tutta la storia della città.
Lungo la parete, dietro il trono, si staglia la più grande tela del mondo, il Paradiso dipinto da Jacopo Tintoretto.
Continuando la visita si arriva alla Sala dello Scrutinio, inizialmente destinata ad ospitare i manoscritti lasciati alla Repubblica da Petrarca e da Bessarione (1468).
Dal 1532 fu deciso di tenervi gli scrutini elettorali per l’elezione del doge.
L’attuale decorazione fu realizzata tra il 1578 e il 1615, dopo che un disastroso incendio distrusse quella originaria.
Una curiosità a proposito di elezioni: i termini ‘broglio’ e ‘ballottaggio’ hanno origine veneziana e sono legati al procedimento per la nomina del doge. Broglio, con cui indichiamo un inganno, sembrerebbe derivare dal termine brolo, ossia orto, giardino: era infatti nel brolo che i nobili veneziani si ritrovavano per ragionare ed accordarsi segretamente sul nome del futuro doge.
Ballottaggio deriva invece da ballotta, ossia la pallina che veniva utilizzata durante le elezioni. Il termine è stato poi adottato nel sistema elettorale americano con la parola ballot e in quello francese con ballottage, questo perché Venezia era considerata un modello a cui ispirarsi per le nascenti repubbliche.
Venezia, Ponte dei Sospiri – Foto: Giorgio Manusakis
Proseguendo la visita, non possiamo non scendere nelle prigioni di questo immenso palazzo. Dalla sala del Magistrato alle Leggi, attraverso la discesa di una piccola scala, si arriva alle prigioni, passando per uno stretto corridoio che è uno degli attraversamenti del Ponte dei Sospiri. Quest’ultimo fu realizzato nel 1614 per unire Palazzo Ducale all’edificio adiacente destinato alle prigioni nuove, che volevano essere un nuovo modello di carcere, con più attenzione alle condizioni umane dei prigionieri. Tuttavia, osservando i vari locali, non si può far a meno di considerare che questo lodevole obiettivo non fu mai del tutto raggiunto. Il Ponte dei Sospiri deve il suo soprannome all’epoca romantica e si riferisce al sospiro del prigioniero che usciva dal palazzo del tribunale, oltrepassava il canale per raggiungere la cella nella quale avrebbe scontato la sua pena e poteva per un attimo intravedere, attraverso le piccole finestre, la laguna, San Giorgio e la libertà di cui non avrebbe più potuto godere.
E’ innegabile che la visita di questa parte del palazzo, immaginando la vita dei prigionieri in quelle anguste celle, prive di finestre e perennemente nell’oscurità, forse rischiarate malamente solo da qualche candela, inquieta e trasmette un senso di oppressione. Risalire, infine, alla luce del sole ha un effetto liberatorio, soprattutto perché la bellezza di Venezia inonda lo sguardo e lo proietta verso la voglia di ritornare al più presto in questa magica città per godere di altri angoli colmi di storia, arte e tradizione.
Venezia, vista dall’interno del Ponte dei Sospiri – Foto: Giulietta Vizzotto