Non tutti sanno che il noto pittore francese Edgar Degas fosse da parte paterna di origine napoletana. Il nonno, Renè Hilaire, esiliò a Napoli durante la Rivoluzione Francese, avendo pubblicamente manifestato il suo disappunto nei confronti del trattamento dei rivoltosi verso i membri della famiglia reale. Giunto nella Capitale borbonica, si tenne sempre fuori da ogni attivismo politico dedicandosi agli affari come ottimo agente di cambio e banchiere. Messa da parte una cospicua fortuna, riuscì nel 1823 ad acquistare il seicentesco palazzo in calata Trinità Maggiore, appartenuto alla nobile famiglia Pignatelli Monteleone, affidandone i lavori di ristrutturazione all’architetto Stefano Gasse, anche egli di origine francese. Pertanto, per strane deformazioni popolari, la nobiliare dimora è conosciuta come il “Palazzo del gas’.
Palazzo Pignatelli Monteleone, in realtà, vanta ben altro che la presenza di esattori del gas: Giacomo Casanova nelle sue “Memorie” ricorda fastosi ricevimenti, pranzi e cene notturne a base di “maccheroni e frutti di mare”.
L’avventuroso veneziano confessa anche le ingenti perdite di danaro subite al tavolo da gioco, situato al terzo piano dell’imponente edificio, nel quale si radunavano importanti aristocratici napoletani e, talvolta, lo stesso re Ferdinando IV.
Successivamente, in questo palazzo nacque Lorenzo Auguste, padre del noto pittore Edgar Degas e da molti considerato uno dei maggiori esponenti dell’Impressionismo.
In realtà con gli Impressionisti francesi Degas condivide l’ammirazione per le stampe giapponesi e la resa dei colori. Ma non la pittura di paesaggio; infatti negli stessi anni in cui l’amico Monet esorta a dipingere “en plen air”, egli preferisce frequentare l’Opera e gli ambienti della scuola di danza e cogliere dal vivo le ballerine anche nei momenti d’inattività, di pausa, dietro le quinte.
Egli dà vita a una nuova concezione estetica della bellezza femminile, assai lontana da quella espressa dalle pose compite ed eleganti delle fanciulle di Renoir.
Degas sembra cogliere le donne di sorpresa, “spiandole dal buco della serratura” e impietosamente raffigurarle così come appaiono, in modo realistico, talvolta anche con atteggiamenti sgraziati e poco delicati, tanto da essere da alcuni accusato di misoginia.
Nelle sue tele egli non rinunzia al disegno, alla forma costruttiva, a un rigoroso lavoro in atelier, ma nello stesso tempo sperimenta singolari prospettive dall’alto verso il basso secondo il nuovo taglio fotografico.
Tra il 1880-93, momento di massima notorietà, l’artista si dedica anche alla scultura, modellando sempre varie figure di danzatrice tra cui la celebre “Ballerina di 14 anni”.
Non è da escludere che molte ballerine le abbia visto proprio sul palcoscenico del Teatro San Carlo durante i suoi diversi soggiorni napoletani.
A Napoli Degas eseguì soprattutto ritratti dei suoi familiari, tra cui spicca quello molto intenso del nonno Hilaire Degas, allora ottantaseienne e residente nella villa San Rocco di Capodimonte. In tale dipinto, si ravvisa l’influenza che ebbe il ritratto di Paolo III di Tiziano sull’artista, che si suppone lo abbia visto più volte nella pinacoteca di Capodimonte, come risulta da schizzi di alcuni dipinti sul suo taccuino. Sul volto del nonno appare la stessa solenne austerità dell’anziano pontefice, così come la stesa posa della mano mollemente adagiata,
Tiziano Vecellio, ‘Ritratto di Papa Paolo III con camauro’ (1545-46) – Napoli, Museo di Capodimonte – Foto: Giorgio Manusakis
Nel “Ritratto di Therese” Degas ritrae la sorella, alla quale era molto legato. La giovane donna è ritratta in tenuta da viaggio in procinto di partire. Sullo sfondo, da una finestra aperta, si intravede uno scorcio di Napoli, sua città di residenza dopo il matrimonio con il cugino napoletano Edmondo Morbilli.
Il soggiorno partenopeo del pittore non suscitò influenze sull’ambiente artistico locale, dall’altra parte il Degas presente negli anni ’50 è ancora un preimpressionista che usa una tavolozza tradizionale. Tuttavia, nuovi e interessanti si caratterizzano questi ritratti, per la particolare atmosfera data agli interni e lo studio psicologico con cui l’artista delinea i soggetti.
Sicuramente di tutti i ritratti il più noto è “La famiglia Bellelli“, in cui Degas raffigura la zia Laura (sorella del padre) con il proprio consorte e le due figlie. È una scena d’interno borghese che ricorda quelle dei fiamminghi, specialmente le tele di van Dych.
Il formato imponente, i colori sobri, i giochi di prospettive aperte (porte e specchi) sono elementi che contribuiscono a rafforzare quel clima di inquietudine che si respira. Solo la posizione quasi rilassata della minore delle due figlie, con gamba incrociata fuori la gonna, contrasta con la pesantezza dell’atmosfera, in cui la sorella maggiore appare prigioniera delle rigorose convenzioni degli adulti.
Altrettanta solitudine si avverte nella famosa tela “L’assenzio“, la cui scena è ambientata non in un’aristocratica dimora, ma in un bistrot parigino, scena che benissimo Degas avrebbe potuto collocare in una delle tante locande napoletane, ad esempio nella Locanda del Cerriglio frequentata già due secoli prima dal noto collega Caravaggio.
Protagonisti del dipinto sono una prostituta e un clochard i quali, pur seduti uno accanto all’altro, sembrano lontani tra loro, i loro sguardi persi nel vuoto non si incontrano e accentuano una solitudine soffocata da un sorso di assenzio, all’epoca popolare bevanda altamente alcolica. Tra tanti ritratti non mancano diversi autoritratti dell’artista, tra i quali quello in cui, ormai in età matura, egli si raffigura ben consapevole del proprio ruolo sociale e del proprio talento artistico.
Specifiche della foto di copertina:
Titolo: Edgar degas, il foyer della danza all’opéra di rue le peletier, 1872
Autore: Sailko
Licenza: Wikimedia Commons
Link: : File:Edgar degas, il foyer della danza all’opéra di rue le peletier, 1872, 02.JPG – Wikimedia Commons
Foto modificata