Reggia di Caserta, La Castelluccia – Foto: Cesare Ucciero

A cura di Lucia Fontanarosa

Un luogo di svaghi diurni e notturni.

Se lo scopo di questa piccola costruzione è cambiato nel tempo, lo dobbiamo soprattutto alla presenza, presso la Reggia di Caserta, del giovane Ferdinando IV di Borbone (“re nasone”) che amava dilettarsi fra simulazioni di guerra e giochi.

Al futuro re, infatti, piaceva simulare scene di guerra, invitando un pubblico vasto e variegato, formato cioè da nobili e gente comune.

Fu questa la destinazione della ricostruzione della Castelluccia: rappresentare finte battaglie, svolte a tutte le ore del giorno e della notte sino alla Peschiera grande, fra spari e finti spargimenti di sangue.

La Castelluccia, articolato insieme di giardini fioriti, composti da magnolie e palme, disegnata dall’architetto Luigi Vanvitelli, fu realizzata da un suo stretto collaboratore, l’architetto Francesco Collecini, che modificò la Torre Pernesta, un casino edificato in precedenza dal principe Andrea Matteo Acquaviva (1594-1634).

Nelle intenzioni del committente l’edificio era stato un omaggio alla sua seconda moglie, Francesca Pernestein, figlia del Gran Cancelliere di Boemia Vratislav von Pernestein (1530-1582), sposata nel 1609 per procura.

L’opera sembra traesse ispirazione dal Casino Pernestano a Castiglion delle Stiviere, fatto erigere qualche anno prima da Francesco Gonzaga per la moglie Bibiana Pernestein, sorella di Francesca.

Collecini ne conservò la pianta ottagonale e la preesistente scala a chiocciola, che collegava fra loro i diversi piani.

L’atrio ad arcate riprendeva una corrispondenza ritmica con le finestre dell’ambiente del primo piano che a sua volta era sormontato da una torretta a pianta circolare, posta all’ultimo livello.

La torre inoltre era circondata da un fossato e vi si poteva accedere solo attraversando un ponte levatoio. 

La Castelluccia si trova all’interno del grandioso complesso monumentale della Reggia di Caserta, la quale, lungo il viale principale, denominato la “Via d’acqua”, è arricchita da sei fontane, che richiamano divinità e miti dell’antica Grecia, attraverso un percorso, in leggero pendio, che esprime tutta la ricercatezza e l’eleganza di Vanvitelli, regalando ai visitatori la straordinaria “vista a cannocchiale”.   

Reggia di Caserta, la ‘Via d’acqua’ – Foto: Giorgio Manusakis

Fiancheggiati da alberate di lecci sagomati e boschetti di querce, i diversi bacini sono concepiti per essere tutti ben visibili dal vestibolo d’ingresso del Palazzo Reale.

Tra una fontana e l’altra, sezioni di prato evitano che si crei una sovrapposizione visiva tra le vasche, decorate da gruppi statuari, che richiamano la cultura e le divinità greche, realizzati da validi scultori quali Tommaso Solari, Andrea Violani, Gaetano Salomone, Antonio Brunelli, Paolo Persico, Pietro Solari, che seppero condensare nel marmo il genio della progettualità di Vanvitelli.

Dopo la Fontana Margherita il visitatore si imbatte nella Fontana dei Delfini e successivamente la Fontana di Eolo, la Fontana di Cerere, la Fontana di Venere e Adone ed alla fine del percorso la Fontana di Diana e Atteone.

Reggia di Caserta, Fontana di Eolo – Foto: Giorgio Manusakis

Nella struttura della Reggia fa anche da padrona la già citata Peschiera Grande, lago artificiale di forma ellittica, realizzata ugualmente da Francesco Collecini nel 1762, su disegno di Luigi Vanvitelli. In essa, tra l’altro, all’epoca di Ferdinando IV si allevavano trote, carpe, carpioni, anguille, cefali, per imbandire la tavola dei sovrani.

Reggia di Caserta, Fontana di Cerere – Foto: Vittorio Bianco

Da notare al centro della vasca, sotto la folta vegetazione, un isolotto detto la pagliara, che conteneva un padiglione con frecce e cannoncini, poi trasformato in luogo per l’intrattenimento degli ospiti.

Reggia di Caserta, Fontana di Diana e Atteone – Foto: Giorgio Manusakis

Con l’aprirsi dell’Età della Restaurazione, la Castelluccia subì nuove trasformazioni, perdendo l’aspetto di piccola fortezza, a favore di uno stile e di una finalità più consoni ai gusti del nuovo secolo. Nel 1818 l’architetto Antonio De Simone viene incaricato del nuovo restyling, che ne mutò la decorazione interna, a cui si accompagnò l’introduzione di alcuni elementi ornamentali posti all’esterno, come il piccolo ombrello in latta, dal sapore orientaleggiante, su uno degli angoli del muro di cinta, trasformato così in punto di sosta per il re e la sua corte.

Con il passare del tempo questo luogo perse d’attrattiva, cadendo in uno stato di quasi abbandono ma, negli ultimi anni, se ne sta promuovendo un graduale rilancio e, si spera, una totale fruibilità da parte della collettività.

Reggia di Caserta, Fontana di Venere e Adone – Foto: Giorgio Manusakis

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