Veduta del Museo degli Uffizi – Foto: Angelo Zito

Con questo primo articolo iniziamo un viaggio a tappe per conoscere i grandi capolavori dell’arte italiana custoditi in uno dei musei più visitati del mondo: gli Uffizi di Firenze

Gli Uffizi: una breve storia, dall’originaria funzione amministrativa a quella museale

Così come intuibile dal nome, gli Uffizi furono fondati in origine per essere sede dei principali uffici amministrativi e giudiziari della Firenze del XVI secolo. Il progetto della struttura monumentale, risalente al 1560, fu commissionato dal duca Cosimo I de Medici, giunto oramai all’apice della sua potenza politica e militare, a Giorgio Vasari, il quale era impegnato, in quello stesso periodo, nei lavori di ammodernamento del vicinissimo Palazzo Vecchio. Il nuovo complesso fu impostato dall’architetto toscano con una pianta a U, formata da due corpi laterali che si congiungono a sud in una serliana, prospiciente sul fiume Arno e munita di un grande arco centrale e di due aperture laterali. Tuttavia, la decorazione degli Uffizi non fu eseguita da Vasari a causa della sua morte nel 1574 (lo stesso anno in cui scomparve anche Cosimo I) ma dall’architetto Bernardo Buontalenti, il quale ricevette tale prestigioso incarico dal Granduca di Toscana, Francesco I. A quest’ultimo va attribuita l’idea di trasformare in museo l’ultimo piano dell’ala di levante, facendo qui collocare, secondo un resoconto del 1591 scritto dal letterato Francesco Bocchi, “statue, pitture nobilissime e preziosissimi arnesi”. Oltre a dipingere le grottesche, pitture ispirate nel gusto a quelle della Domus Aurea di Nerone a Roma, Buontalenti progettò la Tribuna, ambiente centrale destinato ad ospitare i tesori della dinastia medicea e decorato nella cupola da circa seimila conchiglie dell’Oceano Indiano, ed il Teatro, che sul finire dell’Ottocento fu smantellato e suddiviso in due ulteriori sale espositive. Il Granduca Ferdinando, successore del fratello defunto Francesco, arricchì ulteriormente la Galleria con i ritratti della “Serie Gioviana”, collezione di copie di dipinti raffiguranti personaggi famosi, appartenuti a Paolo Giovio ed inizialmente esposti a Palazzo Vecchio. Attualmente, accanto a queste tele sono collocati i quadri della “Serie Aulica”, in cui sono rappresentati membri della famiglia medicea. Se Ferdinando III tra gli anni Cinquanta e Settanta del Seicento provvide a far affrescare il corridoio di ponente, Cosimo III, invece, alla fine dello stesso secolo, ordinò la decorazione dell’ambulacro meridionale che guarda sull’Arno e fece trasferire nella Tribuna alcune antiche statue provenienti dalla Villa Medici di Roma, quali i Lottatori, la Venere e l’Arrotino. La destinazione degli Uffizi a “bene pubblico ed inalienabile” fu sancita nel 1743 da Anna Maria Luisa de Medici, la quale, in virtù dell’assenza di eredi lasciati dal fratello Gian Gastone, decise di donare alla sua città un patrimonio di rilevanza unica che cominciò ad essere visitato ed ammirato dal 1769 durante il governo di Pietro Leopoldo di Lorena. Già dalla fine dell’Ottocento con il progressivo trasferimento delle sculture rinascimentali al Museo Nazionale del Bargello ed in virtù dei più recenti riallestimenti, gli Uffizi hanno acquisito, mantenendola ancora oggi, la connotazione di una pinacoteca nelle cui sale si può vivere un affascinante viaggio alla scoperta delle più importanti tappe della storia dell’arte italiana.

La prima tappa: la fine del Medioevo ed il Gotico Internazionale

La prima tappa del nostro itinerario riguarda, cronologicamente, la fine del Medioevo e nello specifico il XIV secolo ed i primi decenni del successivo. Nella visita della Galleria non può di certo sfuggire all’occhio dell’osservatore la presenza di alcune opere di Giotto di Bondone, forse il più grande pittore attivo nella nostra penisola durante il Trecento e famoso nella storia soprattutto per lo straordinario ciclo di storie affrescato nelle Basiliche Superiore ed Inferiore di Assisi. A Firenze l’artista, oltre che alla progettazione del Campanile della Cattedrale di S. Maria del Fiore e alla decorazione della Basilica di Santa Croce, lavorò nella Chiesa di Ognissanti dipingendo una stupenda Maestà. La pala, situata in una delle cappelle laterali oppure presso il tramezzo che separava il presbiterio dall’assemblea dei fedeli, raffigura la Vergine Maria seduta e con in braccio il figlio Gesù benedicente, che regge in una mano una pergamena, simbolo della sapienza. Le caratteristiche del trono, rivestito con marmi colorati e coronato da cuspidi di gusto gotico, nonché il gruppo circostante di angeli e santi conferiscono grande solennità alla scena. In particolare, le figure poste a destra e a sinistra reggono attributi che si riferiscono alla regalità di Maria (la corona) e alla Passione di Cristo (la pisside eucaristica). Questo capolavoro, che presenta talune somiglianze con un’opera omonima del maestro Cimabue per la chiesa di Santa Trinita, riassume in sé i tratti principali dello stile di Giotto, in cui si tende a dare maggiore enfasi alla plasticità dei corpi rispetto ai minimi particolari relativi allo spazio e agli abiti dei personaggi.

Sempre restando nel Trecento, gli Uffizi custodiscono testimonianze dell’attività di un altro grande esponente come Simone Martini. In particolare, del pittore senese poniamo in evidenza un’Annunciazione, eseguita insieme al cognato Lippo Memmi per l’altare di S. Ansano nel Duomo della sua città. La tavola, giunta poi a Firenze per volere del Granduca Ferdinando III, aveva in origine una cornice, poi staccatasi e andata perduta, ma fortunatamente conserva in basso le firme dei due autori ed un’iscrizione che riporta il testo del saluto evangelico di Gabriele. S. Ansano è raffigurato insieme a Santa Massima nei pannelli laterali del quadro mentre, al di sopra di questi due personaggi, dell’angelo e della Vergine, è collocata una serie di medaglioni in cui sono ritratti i profeti Geremia, Ezechiele, Isaia e Daniele. In quello centrale, attualmente vuoto e situato in corrispondenza della sottostante colomba dello Spirito Santo, doveva esserci una rappresentazione di Dio Padre. L’ordinata presenza e collocazione dei suddetti personaggi dell’Antico Testamento sembra essere un espediente per accentuare il significato della scena: la nascita di Cristo è il compimento di quanto riportato nelle Sacre Scritture ed atteso da secoli. L’opera di Simone e di suo cognato è un capolavoro di realismo, che sembra anticipare successive evoluzioni di età rinascimentale. Guardando Maria, ci colpisce la sua espressione in volto, da cui traspaiono concentrazione ma al contempo turbamento nell’ascolto dell’annuncio dell’angelo. Quest’ultima sensazione appare esplicitata anche dal movimento sinuoso di ritrazione del suo corpo. A farci sembrare vera la scena contribuiscono indubbiamente ulteriori elementi: dalle venature del pavimento marmoreo ai gigli del vaso posto tra Gabriele e la Vergine, il cui libro tenuto nella mano sinistra è minuziosamente rappresentato di scorcio.

Simone Martini e Lippo Memmi – L’Annunciazione tra i santi Ansano e Margherita (1333) – Foto: Angelo Zito

Nel ricordare altri maestri vissuti e operanti in questo periodo storico, restando nell’ambito senese, possiamo annoverare alcuni dipinti dei fratelli Lorenzetti i quali ebbero anch’essi modo di lavorare a Firenze prima della morte nel 1348 per causa della peste. In particolare Ambrogio, di cui si conservano agli Uffizi i quadretti per una cappella della chiesa di S. Procolo raffiguranti storie di S. Nicola, fu molto apprezzato per la sua attenzione nel curare i minimi dettagli. Quest’ultimo aspetto stilistico, infine, risulta particolarmente accentuato nella produzione di un artista come Gentile da Fabriano, forse il più importante esponente italiano del Gotico Internazionale, stagione che funge da cerniera tra il Medioevo e il Rinascimento. Il pittore marchigiano operò a Firenze al servizio di uno dei maggiori antagonisti della famiglia Medici: il banchiere Palla Strozzi. Per la sua cappella di famiglia, situata nella chiesa di S. Trinita, Gentile eseguì un tema religioso solitamente molto apprezzato e richiesto da governanti o comunque ricchi ed influenti committenti: l’Adorazione dei Magi. Dell’episodio raccontato nei Vangeli viene qui dipinto, nella parte alta al centro della tavola, l’antefatto della lunga cavalcata al seguito della cometa. Nell’opera l’assoluta ricchezza di particolari, dai fiori dei pilastrini laterali agli elaborati ricami delle stoffe dei sovrani orientali, non solo è indice di una determinata concezione stilistica ma è finalizzata ad ostentare la notevole agiatezza di Palla e della sua famiglia.

Gentile da Fabriano – Adorazione dei Magi (1423) – Foto: Angelo Zito

5 pensiero su “Alla scoperta della Pinacoteca degli Uffizi – parte 1”
  1. […] Limitato solamente, entro la fine del Trecento, agli stemmi comunali e alle sculture delle 7 Virtù, due delle quali (Fede e Speranza) eseguite da Agnolo Gaddi, l’apparato decorativo della Loggia dei Lanzi cominciò ad arricchirsi con l’avvento al potere della dinastia Medici. Alla collocazione del gruppo di Giuditta e Oloferne di Donatello (l’opera, in realtà, dal 1988 è stata spostata presso la Sala dei Gigli di Palazzo Vecchio) seguì quella di altre opere di maestri del Cinquecento come Benvenuto Cellini e Giambologna. Sul finire del Settecento la Loggia fu interessata da un generale restauro curato dagli architetti Giuseppe Manetti e Giuseppe Del Rosso. A seguito di questo intervento la struttura perse la sua originaria connotazione civico-politica per acquisirne una nuova di tipo museale, esaltata ulteriormente dall’inserimento di sculture trasferite dalla Villa Medici di Roma. Utilizzata negli anni Quaranta del Novecento, a causa dei bombardamenti della seconda guerra mondiale, come ricovero temporaneo di alcune statue esposte in Piazza della Signoria, la Loggia dei Lanzi è coronata in cima da una terrazza, progettata da Bernardo Buontalenti nel 1583, la quale rientra attualmente nella gestione della limitrofa Galleria degli Uffizi. […]

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