Il genio di Lamont Young tra sogno e realtà.

Alla Fondazione Ezio De felice di Napoli, a Palazzo Donn’Anna, il 5 giugno il FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano ha presentato la proiezione speciale La Napoli del futuro, il sogno di Lamont Young, un film documentario di Francesco Carignani.

Un momento dell’evento – Foto: Paola Germana Martusciello

Nel suo primo e inedito documentario da regista Francesco Carignani, esperto di politiche culturali e capo delegazione del FAI Napoli, grande appassionato di arte, ripercorre la personalità e l’attività edilizia del geniale architetto inglese Lamont Young con una motivazione ben precisa: divulgare e restituire identità storico artistica ai beni architettonici che costellano il panorama urbano della città partenopea. Infatti, le suggestive architetture di Lamont Young sono situate un po’ dappertutto, lungo percorsi e tracciati di rilevanza strategica nel sistema urbanistico di Napoli, quindi, se riconosciute, diventano beni culturali fruibili. Attraverso una passeggiata immaginaria, Carignani ci spinge a riconoscere e apprezzare la bellezza di queste architetture, avvalendosi di interventi appropriati e puntuali che diventano spazi narrativi e letture guidate in cui il regista stimola e incuriosisce gli spettatori, illustrando con dovizia e preparazione storica anche i progetti che il geniale architetto non realizzò mai. Il racconto visivo ci conduce ad ammirare il castello Aselmeyer, visibile da Piazza Amedeo, arroccato sulla collina in tufo; la struttura si impone all’impatto visivo per gli accesi motivi “tudoreschi” ed “elisabettiani” propri delle tipologie residenziali destinate alla alta borghesia inglese. L’imponente edificio è interamente rivestito da blocchi di pietra vesuviana, stretto ai lati da torri poligonali e decorato da splendide finestre bifore e monofore con evidenti richiami gotici: ancora il tipico bow-window inglese, le logge che ritmicamente attraversano in senso orizzontale tutto l’edificio e in cui si inseriscono eleganti colonnine tortili di rielaborazione romanica.

Napoli, Villa Ebe – Foto: Giorgio Manusakis

Altro punto strategico della città, sottolinea il regista, è individuabile nel monte Echia, dove si erge Villa Ebe, identificabile anche come Castle Lamont, dove Young abitò diversi anni. Molto simile come idea al castello Aselmeyer, si configura con una caratteristica torre quadrata circondata da contrafforti ottagonali in pietra vesuviana grezza. In questa opera Young ripete i motivi costruttivi già elaborati nell’altro castello vent’anni prima: un ricercato adattamento orografico al terreno per l’edificazione della struttura, torri circolari, ma anche quadrate; motivi decorativi profilati in tufo e forti contrasti cromatici dovuti all’uso dei materiali diversi. L’originalità di Young consiste proprio nell’aver lasciato la pietra viva a vista, cosa che non era in uso al suo tempo in quanto gli edifici venivano stuccati. Anche per l’elegante struttura del Grenoble in via Crispi, Lamont si serve del tufo a vista: la struttura, di gusto neorinascimentale, si ispira all’edificio sede dell’Accademia delle Belle Arti, opera di Enrico Alvino, imitato anche per i motivi decorativi delle statue inserite in finestre circolari.

Napoli, Istituto Grenoble – Foto: Paola Germana Martusciello

La camera da presa del regista ha captato interamente le attenzioni del pubblico il quale, in un rigoroso silenzio, scivola con lo sguardo negli ambienti interni, carichi di fascino e di mistero, di Villa Ebe che fu la casa in cui visse Young, per riviverne tutto l’incomprensibile e nascosto messaggio dopo l’incendio doloso avvenuto nel 2000 che la distrusse in gran parte. Infatti, si intravedono i residui di quel che rimane: un salone con grandi archi terminanti a punta secondo lo stile orientale indiano e frammenti di una bellissima scala di legno a forma elicoidale che segue un tardo gusto Liberty.

Napoli, panorama con Villa Ebe – Foto: Giorgio Manusakis

Ma le opere di Lamont si incontrano anche a Villa Lucia, a ridosso del muro della Floridiana, dove iniziò la costruzione della fabbrica oggi nota ai napoletani come “ex Bertolini”. Per questo progetto investì diversi capitali superando, però, ogni previsione, per cui si vide costretto a cederne la proprietà. Young aveva sempre creduto in un futuro turistico per Napoli, la sua intelligenza era lungimirante, capace di prevedere sviluppi futuribili, infatti progettava di adibire l’edificio ad albergo, il “Gran Peninsular Hotel”, collegato al Corso Vittorio Emanuele tramite una funicolare. Purtroppo i lavori, a causa dei mancati pagamenti, non furono ultimati e Lamont dovette cedere parte del giardino, mantenendo per sé lo chalet in legno dove andò ad abitare come affittuario. D’altra parte risulta evidente, in questa idea progettuale, una precisa anticipazione di quella che poi diventerà l’attuale funicolare collinare.

Fondazione Ezio De Felice – Foto: Paola Germana Martusciello

Le opere di Lamont Young, in effetti, si riconnettono a punti di vista senza alcun dubbio più anglosassoni, forse meglio ancora scozzesi, come gli impianti dei suoi tre castelli che abbiamo analizzato; per questo motivo spesso passano inosservate, in quanto poco conosciute dal cittadino che, distrattamente, non ne individua neanche il valore storico ed i codici estetici, essendo lontane da quegli stili che, invece, caratterizzano la produzione napoletana di inizio Novecento. Attraverso un appassionante gioco di sequenze, realizzate con riprese di dettagliati interni architettonici e ariosi esterni paesaggistici in cui si sviluppano eccellenti tecniche fotografiche, il regista articola commenti e riflessioni inerenti a informazioni storiche e datazioni fornite anche da attente ricerche svolte da studiosi illustri, per poter descrivere la vera storia di un uomo dal talento straordinario. Una bellissima ed intensa proiezione, accompagnata adeguatamente dai ritmi delle musiche di sottofondo di respiro internazionale scritte da Pellegrino Snichelotto che sottolineano non solo il ritmo narrativo dello svolgimento delle immagini, ma anche la significativa personalità di Lamont, che viveva in una Napoli, per l’epoca, molto internazionale e il cui scenario era ancora caratterizzato dai profili degli intellettuali che si inserivano nella schiera di appassionati viaggiatori. D’altra parte Napoli in quest’epoca (1864/1914) era abitata da numerose colonie di stranieri, soprattutto inglesi, che soggiornavano o risiedevano stabilmente in lussuose ville al Vomero, a Posillipo, a Capri e Sorrento. Man mano si dispiega così, attraverso una sapiente regia, un racconto fluido e ricco di seducenti aspetti delle opere che vengono anche illustrate con il supporto di ricercatori e architetti. L’interessante documentario predispone visioni di particolari architettonici e decorativi che sono palesemente selezionati dall’occhio attento della macchina da presa, per determinare le caratteristiche peculiari ed estetiche del linguaggio artistico di questo straordinario architetto. Infatti Carignani, attraverso lo studio di documenti inediti e inseguendo le tracce di misteriosi eredi, ricostruisce anche passaggi essenziali della vita di Lamont attraverso non solo le opere realizzate, ma prendendo in esame anche quelle immaginate, per svelare, in ultimo, il senso di quella misteriosa morte che ha avvolto la vita di questo illuminato e geniale architetto. D’altra parte il regista, nel suo racconto, parte proprio dal misterioso suicidio probabilmente accaduto nel castello di Villa Ebe per un tradimento subìto.

Napoli, Villa Ebe – Foto: Giorgio Manusakis

In questa occasione viene sottolineato l’invito rivolto alle istituzioni di competenza e l’esigenza di rimuovere lo stato di decadenza e abbandono di quest’opera di fondamentale bellezza e memoria. Carignani, dunque, attraverso ritmi visivi serrati, traccia il carattere, l’emotività e i sogni del seducente profilo di un uomo illuminato, dallo sguardo lungimirante, capace di intuizioni geniali, ma anche appassionato di tematiche quanto mai attuali come il rispetto dell’ambiente, della sostenibilità, della cultura e del turismo. Infatti, proprio come punto ideale per lo sviluppo turistico e culturale, immaginò un progetto di metropolitana il cui capolinea doveva essere Bagnoli, rivisitata nel suo territorio da stazioni balneari, costruzioni di grandi alberghi ed edifici nuovi, come un palazzo per le grandi esposizioni internazionali.

Napoli, Castello Aselmeyer – Foto: Paola Germana Martusciello

Gli ultimi anni dell’800 e l’inizio del ‘900 rappresentano il lasso di tempo in cui si realizzano le attività edilizie di Young, tutte interamente connotate dai caratteri di uno stile eclettico tipico di quegli anni, che si proietta verso orizzonti carichi di modalità esotiche, sequenze e sviluppi verso richiami neorinascimentali, in taluni casi ricchi di elementi stilistici tipici del Gothic Revival.

Napoli, Istituto Grenoble: bugnato in tufo, finestra circolare con scultura – Foto: Paola Germana Martusciello

D’altra parte bisogna ricordare che l’architettura dell’esotismo a Napoli resta un fenomeno piuttosto marginale nei confronti della cultura artistica locale, appannaggio, invece, dell’area anglosassone nel cui ambito nascono e si sviluppano i revival neoindiani e più generalmente di gusto orientale. Lamont, da buon inglese e frequentatore di intellettuali e ricchi borghesi anglosassoni stabilitisi a Napoli, come i suoi amici che abitavano in una splendida villa alla Gaiola in cui fu ospite, rimane agganciato alle idee inglesi, come attestano i tre castelli di impronta scozzese che abbiamo esaminato. Il regista sottolinea, nel suo racconto, lo splendido salone neoindiano nella fabbrica adiacente l’albergo Bertolini (oggi noto come “ex Bertolini”, la cui costruzione iniziò nel 1892). Infatti, il salone è caratterizzato da un vano centrale che si dilata, attraverso una spazialità controllata, in due spazi poligonali, delimitando quattro grandi archi a sesto acuto, il cui intradosso presenta decorazioni di gusto islamico ripreso, inoltre, a compimento, nei motivi geometrici e nelle volute dei disegni decorativi delle pareti e delle vetrate dei finestroni.

Fondazione Ezio De Felice – Foto: Paola Germana Martusciello

Volgendo uno sguardo al territorio napoletano, in quegli anni lo scenario storico che fa da sfondo all’attività di Lamont Young è quello di una città cosmopolita, avveniristica, che necessita di riforme urbanistiche e di cambiamenti sociali; infatti, il suo genio progettò anche un visionario, ma poetico, piano urbanistico che prevedeva la costruzione di un arcipelago di isole a Posillipo, veramente un’opera fantastica. D’altra parte questa sua irrefrenabile libertà immaginativa lo induceva a vivere in una dimensione sempre sospesa tra sogno e realtà, infatti elaborò una serie di oggetti particolari, come un modello di ali “sincronico oscillanti” brevettato nel 1917, quasi una anticipazione del moderno elicottero, e produsse un progetto molto fantasioso: una casa girevole (Vivara). In questa personalità così poliedrica trova spazio anche la sua grande passione per l’archeologia: partecipò attivamente, infatti, a campagne di scavo, come dimostrano rilievi da lui eseguiti di terme ed edifici romani nella zona di Teano.

Paola Germana Martusciello

Di admin

35 pensiero su “Napoli dell’800 nel sogno di un architetto”
  1. Un articolo completo che fa rivivere, attraverso la presentazione di un documentario, l’opera e il ricordo di un architetto sognatore. Grazie a Paola per lo splendido racconto e al regista per la realizzazione dell’opera.

  2. Tanto estro e arte ma poco valutata. Un vero peccato. Grazie mille a tutti voi che ci informate e fate scoprire tante realtà artistiche della nostra splendida città.

  3. La
    Nostra città nasconde bellezze che sono sotto gli occhi di tutti ma poco valorizzate .. grazie a questi articolo e alle splendide foto ogni volta scopriamo una Napoli da vivere .. grazie alla autrice

  4. Articolo che mi ha fatto riconoscere tanti monumenti che spesso ho ammirato e non conoscevo l architetto!! Davvero divulgazione dell arte. Grazie

    1. Napoli é sempre piena di sorprese!
      Grazie Paola Martusciello per il bellissimo articolo che rivaluta la figura di un grande architetto con idee importanti che dovrebbero essere studiate e prese in considerazione. Speriamo che queste opere vengano protette e conservate!

      1. Così come il regista Carignani attraverso la sua ” passeggiata immaginaria ” ha potuto far riconoscere e apprezzare le architetture del Lamont Young, anche quelle non realizzate,
        con lo stimolante e descrittivo articolo la dottoressa Martusciello ci ha abilmente accompagnato tra le affascinanti architetture urbane dell’autore . Grazie anche perché non di tutti i pittoreschi castelli conoscevo la storia e soprattutto non conoscevo il talento dell’architetto Lamont con i suoi
        Innovativi progetti, precursori della modernità.

    1. Ringrazio Paola per lo splendido articolo che illustra in maniera completa una parte della storia di Napoli poco conosciuta ma estremamente interessante.

  5. L’articolo, prestigioso come sempre, della d.ssa Paola Germana Martusciello, ricco di puntuali e precisi riferimenti sul lavoro di Francesco Carignani, va oltre la mera presentazione e disanima di un documentario, su un particolare e significativo periodo storico, caratterizzante, non poco, la nostra amata città; con il suo raffinato contrappunto, tra il racconto cinematografico ed i sapienti personali inserti su Lamont, le sue opere realizzate e quelle semplicemente immaginate o futuribili, la Martusciello non solo, conducendoci per mano, ci fa rivivere tutto il filmato ma, altresì, ci stimola a focalizzare l’attenzione su ciò che spesso vediamo tutti i gironi, dandolo per scontato come integrazione del paesaggio e dell’architettura urbana, e non solo, senza mai (o quasi) soffermarci sull’immensa importanza che alcune fabbriche, formanti il mosaico cittadino, ne determinino significativamente la storia.
    Ancora complimenti alla brava ed eclettica Paola G. Martusciello ed alla rivista Naos.

  6. Come sempre l’articolo di Paola Martusciello ci offre una visione completa dell’argomento analizzando in modo particolareggiato dal punto di vista storico, artistico e culturale l’attività dell’architetto Lamont Young a Napoli facendoci vivere da vicino la bellezza di questi edifici coinvolgendoci come se fossimo all’interno del film documentario.

  7. Ogni volta che transito sul corso Vittorio Emanuele non posso non soffermarmi ad ammirare il Castello Lasermeyer così come Villa Ebe a monte Echia, ma confesso che conoscevo ben poco dell’ architetto Lamont Young ,di cui Paola Martusciello ci parla con riferimento al documentario di Carignani e di quanto sia stata fondamentale l’ opera di questo architetto inglese per impreziosire il tessuto urbano della nostra nobile città. Ho letto con estremo interesse questo questo articolo

  8. Un tuffo nel tessuto ottocentesco napoletano con inaspettati e non sempre conosciuti risvolti afferenti taluni edifici storici napoletani. Paola Germana Martusciello, ci rivela con perizia di particolari ed ottime foto in loco, la progettualità di un genio dell’architettura, Lamont Young, capace di lasciare in città opere originali e di grande fascino.

  9. Neos riesce a stimolare e a far conoscere a tutti i cittadini ciò che è sotto i nostri occhi e molte volte non si conosce. Ringrazio l’autrice che mi ha fatto conoscere il progettista di quel meraviglioso edificio che mi ha sempre incuriosito!

  10. La figura di Lamont Young è quella che nel campo dell’architettura è dell’urbanistica mi ha sempre affascinato anche perchè sono nato e cresciuto sul Monte Echia uno dei suoi luoghi magici. Visionario e geniale le sue soluzioni urbanistiche fanno ancora sognare.

  11. Interessante e documentato articolo di Paola Martusciello su Lamont Young autore di tante mirabili opere architettoniche e di progetti urbanistici (molti non realizzati) nella nostra città.

  12. Grazie Paola per questa “ passeggiata “ artistica fuori dagli iconici itinerari ma di grandissima rilevanza , un percorso da proporre per far scoprire le ennesime bellezze artistiche di questo nostra città’ poco evidenziate
    Grazie davvero per donarci tanta conoscenza

  13. Un tuffo nel tessuto urbano napoletano dell’800 con le originali e visionarie idee architettoniche di Lamond Young. Paola Germana Martusciello, ci svela la paternità Youngiana di una serie di edifici e di progetti in nuce ai più sconosciuti, interessanti ed inedite sorprese che la nostra città riserba.

  14. Come sempre negli articoli della dottoressa Martusciello troviamo apprendimenti su elementi del territorio urbano napoletano che inducono il lettore a vederli con occhio e mente più attenti, quasi come una nuova scoperta.
    Interessante la descrizione del contesto in cui si muove l’architetto e del suo essere innovatore ma legato profondamente agli archetipi della sua estrazione culturale.

  15. Articoli sempre belli ed interessanti, e fortunatamente abitando a Napoli , una delle più belle città al mondo ricca di storia da raccontare , attenderemo altre pubblicazioni belle ben interessanti come queste

  16. Un tema davvero interessante l’incantevole castello Aselmeyer , vero capolavoro di architettura. Napoli è una città magica che nasconde tanti tesori degni di memoria , continuare a raccontarli è il solo modo per renderli eterni.
    L’arte è cultura e come tale merita divulgazione.
    Bellissimo articolo e belli anche gli scatti fotografici.

    1. Sogno e realtà è un po’ come l’istinto e la ragione per l’Astrattismo Totale. Nei nostri comportamenti, nei nostri obiettivi, c’è sempre un “dualismo” tra ciò che detta la mente e quello che viene dal cuore. Certo è che, a chi è “ideatore” di guerre manca sempre la componente del “cuore”. Voi che leggete, vi chiederete cosa c’entra tutto questo con l’articolo di Germana Martusciello. In effetti, mettendo in evidenza che Lamont Young ha progettato opere architettoniche nel segno della bellezza e il vivere con serenità “l’ambiente urbano”, evidenzia l’importanza dell’architettura come testimonianza dI un’epoca: Le guerre, oltre ad uccidere civili, donne e bambini, principalmente distruggono gli edifici e, quindi, le opere architettoniche. Il sogno e la realtà, l’istinto e la ragione, sono elementi essenziali per far capire quanto siano importanti la libertà d’espressione, la pace e il rispetto per i diritti di tutti i cittadini del mondo. L’ architettura è la maggiore testimonianza della storia di un popolo, tra periodi di pace e anni di guerra.

  17. Sempre interessanti e puntuali gli articoli che ci regala la professoressa Martusciello. Questo forse ancora di più per l’interesse che suscita in noi napoletani la figura di Lamont Young, la cui vita ed opera ci ha sempre colpito e affascinato.
    Tale la sua peculiare grandezza, tanta la nostra capacità di non saperne custodire il suo genio artistico. Ma l’articolo in questione, attento alle varie sfaccettature dell’opera di Lamont Youg, di sicuro ne riaccende l’interesse.

  18. Servizio molto preciso e accattivante storicamente, piacevole la scorrevolezza della narrazione arricchito da belle immagini.

  19. A proposito del documentario realizzato da Francesco Carignani sull’opera e la persona dell’architetto napoletano di origini britanniche, Lamont Young, vissuto tra la fine del XIX sec. E gli inizi del XX sec., non si può fare a meno di lodare l’articolo redatto dalla dott.ssa Paola Martusciello che ne traccia un excursus storico ed operativo dell’architetto a tutto tondo, senza tralasciare di menzionare sia le opere eseguite nella città di Napoli, che quelle progettate ma non realizzate. Oggi è importante divulgare la figura di questo architetto, che sebbene lo si vuole intendere con l’appellativo di visionario, egli stesso realizzava opere che fossero utili alla città di Napoli; non come oggi che vengono realizzate molte opere che poco hanno a che vedere con la struttura urbanistica napoletana. Lode a Lamont Young, lode a Francesco Carignani e lode alla dott.ssa Paola Martusciello.

  20. L’evento FAI del 5 giugno sarebbe rimasto circoscritto ai soli partecipanti, ma l’articolo della prof.essa Martusciello – scorrevole e di facile lettura come al solito nonostante sia pienissimo di contenuti – ha permesso ad un pubblico più ampio (ed ignorante come il sottoscritto) di conoscere quest’architetto e valutarne le opere, che altrimenti avrebbero continuato a passare sotto i nostri occhi senza il giusto apprezzamento.
    E di questo non possiamo non essere grati alla citata prof. e alla rivista Naos.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *