Panoramica dell’interno del museo – Foto: Matilde Di Muro

Storia, arte e tradizione si incontrano grazie alla passione e ad un progetto di crowdfunding promosso dal tipografo napoletano Carmine Cervone. La nostra videointervista.

Con l’Open day gratuito di domenica 15 giugno 2025, si è avviato un progetto per il quale il suo ideatore, il celebre tipografo napoletano Carmine Cervone, ha lavorato per anni: la realizzazione di una “Tipografia Museo”.

Origine e finalità del progetto di Cervone

Perché la scelta di “Tipografia Museo” e non quella di Museo della Tipografia? La denominazione di questo luogo sembrerebbe un errore ma non lo è. A darne una spiegazione è il suo stesso ideatore dicendo: «Con “Tipografia Museo” non ho fatto un museo della tipografia, ho fatto di una tipografia un museo».

Carmine Cervone, che ci ha mostrato in anteprima i luoghi legati al progetto, rilasciandoci anche una piacevolissima videointervista, ritiene che non si tratta di uno spazio museale, dove poter esporre degli oggetti che hanno fatto la storia della tipografia, ma piuttosto di una sorta di ‘capsula del tempo’ in cui è possibile entrare per fare un’esperienza che ci porta alle origini dell’affascinante arte tipografica.

Infatti per i visitatori egli non sarà una semplice guida ma colui che può, in quanto appassionato ed esperto del mestiere, dimostrare dal vivo come ancora oggi è possibile stampare libri e giornali utilizzando efficientissime macchine risalenti all’800, provenienti da tutto il mondo e non più usate perché sorpassate dalle moderne tecnologie. Ma Carmine Cervone ha fatto molto di più: ha ridato vita ad una piccola chiesa del centro antico di Napoli, oggi conosciuta come la “chiesa dei tipografi”.

Volta a botte della chiesa – Foto: Matilde Di Muro

La sede della Tipografia Museo: una chiesetta dell’Anticaglia

Prima di tutto ci si reca in via Anticaglia. Il decumano superiore dell’antica Neapolis è così denominato per la presenza di strutture ad arco in laterizio, del II secolo d.C., che costituiscono i contrafforti della cavea del Teatro romano in cui, secondo i racconti degli storiografi Tacito e Svetonio, si esibì l’imperatore Nerone e i cui resti, inglobati nel tessuto urbano moderno e recentemente portati alla luce, sono perciò visitabili. Questa strada ha, inoltre, ospitato il filosofo stoico Metronatte, Lucio Anneo Seneca – che qui aveva la sua dimora – ed è stata luogo di passaggio di prestigiosi letterati come Torquato Tasso e Giambattista Vico. Tra il ‘500 e il ‘600 via Anticaglia si è poi arricchita di splendidi complessi religiosi, come la chiesa di San Giuseppe dei Ruffi e la chiesa di Santa Maria di Gerusalemme con l’annesso monastero delle Clarisse cappuccine, detto ‘delle Trentatré’ dal numero delle monache che vivono in stretta clausura secondo i canoni della clausura papale e le norme della fondatrice beata Maria Lorenza Longo.

Percorrendo il decumano, all’angolo tra via San Paolo e via Pisanelli, si nota l’ingresso di un edificio di culto, caratterizzato dalla stretta e semplice facciata, nella quale è incastonato un portale in piperno con timpano spezzato da un finestrone, anch’esso in piperno, sormontato da una cornice arcuata e modanata di dimensioni ridotte. È la chiesa di Santa Maria della Vittoria e della Santissima Trinità, ora sede della “Tipografia Museo”. Fondata tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo, appartenuta all’arciconfraternita dei Casadduogli (in italiano gli Oliandoli), la struttura presenta un’aula rettangolare di piccole dimensioni decorata in stile barocco e custodisce anche un’antica camera ipogea utilizzata come cimitero, allo stato attuale non visitabile, dove sono stati scoperti resti di un altare e lapidi incise con delle iscrizioni, ora in fase di studio, che potrebbero rivelare maggiori informazioni su questo luogo.

Copia di antico messale romano – Foto: Matilde Di Muro

Benché nel corso dei secoli sia stato oggetto di alcuni restauri, dopo 70 anni di abbandono questo edificio rischiava di rimanere un rudere dimenticato, sino a quando la Curia di Napoli ne ha concesso l’utilizzo per scopi culturali in linea con le regole e le normative vigenti. La rinascita è stata possibile grazie ad un’operazione di crowdfunding promossa da Carmine Cervone, che ha coinvolto centinaia di persone, tra cui molti turisti stranieri, e ad un finanziamento di 20.000 euro concesso dal Pio Monte della Misericordia. Il progetto si è avvalso della collaborazione di professori, studenti e volontari, diretti dall’architetto Pasquale Raffa che ne ha curato il restauro a titolo gratuito.

Un viaggio nell’arte tipografica da Gutenberg al Novecento

Oggi Santa Maria della Vittoria e della Santissima Trinità, divenuta ‘la chiesa dei tipografi’, ospita le testimonianze storiche dell’evoluzione della tipografia, a partire dal 1450 fino ad arrivare ai giorni nostri: un percorso fatto di carta, inchiostro, ferro e piombo, che inizia da quando stampare un foglio, di qualsiasi genere, era considerato un lavoro artigianale di grande prestigio e considerazione sociale.

Monumentale torchio ottocentesco – Foto: Matilde Di Muro

Infatti quella della tipografia e della stampa a caratteri mobili è una delle invenzioni più longeve della storia dell’uomo. Essa ha rivoluzionato la diffusione delle informazioni, contribuendo significativamente all’avvento dell’Umanesimo e della modernità. La stessa, inoltre, si fregia del titolo di “invenzione più importante del secondo millennio”.

Prima della grande innovazione introdotta da Johannes Gutenberg, la riproduzione di testi, perlopiù sacri, era affidata all’attività di copia e miniatura eseguita da monaci amanuensi, che ci hanno lasciato opere magnifiche ma con enormi ed ovvi limiti produttivi. La stampa a caratteri mobili, ben più veloce, si diffuse rapidamente in ogni angolo del mondo e bisognerà attendere i primi del ‘900 (quindi ben 450 anni) per essere nuovamente rivoluzionata dall’invenzione della Linotype definita da Einstein “l’ottava meraviglia del mondo”.

Quest’ulteriore grande innovazione, che, in alternativa alla composizione manuale carattere per carattere, funzionava prevalentemente con meccanismi di ingranaggi, leve e pesi azionati dall’operatore e con una tastiera simile a quella di una macchina da scrivere, permetteva di comporre automaticamente righe intere di caratteri tipografici, fusi a caldo, risparmiando tempo e divenendo particolarmente utile per la realizzazione di giornali e per la stampa in generale. Il tutto avveniva ancora con un metodo di natura squisitamente meccanica, sino all’avvento dell’elettricità – per cui si sostituì la Linotype con la fototipia (la composizione tipografica computerizzata degli anni ‘70 e ’80) – e delle attuali stampe laser e digitali, di cui si serve il moderno mestiere del grafico.

Pannello descrittivo del Linotype – Foto: Matilde Di Muro

La “Tipografia Museo” di Carmine Cervone restituisce l’antica arte tipografica che va dal 1450 ai primi del ‘900; un periodo, questo, dove tutto avveniva senza l’utilizzo dell’energia elettrica. Tre macchine risalgono all’Ottocento e la più antica è un torchio inglese Albion del 1840 perfettamente funzionante. Vi sono poi un ciclostile del 1897, una monumentale pressa da legatoria, un tavolo da rilegatore con taglierina e telaio per la cucitura e l’assemblaggio dei fogli; la ricreazione di uno scriptorium, una Pedalina Soraglia, una Linotype, un tirabozze degli anni ’60, sino ad alcuni esemplari di macchine da scrivere e molto altro ancora.

I manufatti esposti sono il risultato di una grande esperienza in materia di stampa tipografica e di ricerche condotte da oltre 25 anni, grazie alle quali Cervone conserva e tramanda l’esperienza pratica di un mestiere. Egli definisce la sua Tipografia come “il museo che si muove”, perché capace di dar vita a qualcosa, di produrre stampati e libri d’arte che possono, ancor oggi, incontrare l’interesse di tanti sia a livello nazionale che internazionale. Certo, la stampa prodotta da queste antiche macchine non sarà veloce come quella prodotta dai moderni mezzi, ma è senz’altro green e nel totale rispetto della salvaguardia dell’ambiente.

“Tipografia Museo” – Foto: Matilde Di Muro

La “Tipografia Museo”: un progetto visionario tra storia e futuro

La Campania, che finora era l’unica regione d’Italia a non avere un monumento che ricordasse la storia della stampa e della tipografia, dal 15 giugno può vantarsi di averne uno davvero speciale. Esso nasce dal progetto di un appassionato ed espertissimo tipografo che, oltre alle moderne tecnologie, ha sempre utilizzato macchine da stampa storiche, caratteri mobili in piombo, legno, bronzo e antichi torchi in un piccolo locale, sempre in via Anticaglia, già denominato come “il più piccolo museo del mondo della tipografia”. Dunque, quello di Carmine Cervone è un progetto visionario capace di intersecare vari segmenti socio-culturali: arte, artigianato, tradizione, editoria, archeologia industriale, lavoro. Un progetto lodevole e replicabile, a vantaggio di tutte quelle pratiche sorpassate dalle moderne produzioni industriali in serie, le quali, rappresentando l’identità storica napoletana, possono diventare un rinnovato volano economico per le giovani generazioni.

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