San Giovanni in Fonte – La vasca battesimaleFoto: Matilde Di Muro

“Grande proposta quella del battesimo! Libera dalla schiavitù del maligno, rimettendo il peccato e dando la morte al peccato; rigenera l’anima, rivestendola di luce e imprimendo un sacro e indelebile sigillo; è veicolo per il cielo, aprendoci al gaudio del paradiso e introducendoci al Regno.” Sono queste le parole che Cirillo, Vescovo di Gerusalemme a metà del 300, audace testimone del travaglio della Chiesa durante i primi secoli nonché pastore particolarmente proteso alla formazione cristiana del suo popolo, usa per descrivere il sacramento del battesimo. E al catecumeno egli dice: «Stai per ricevere una spirituale armatura di incorruttibilità, diverrai una pianta del giardino mistico e avrai un nome nuovo: prima eri e ti chiamavi catecumeno, d’ora in poi ti chiamerai fedele».

Gli scritti di Cirillo di Gerusalemme sono fondamentali per comprendere la teologia del battesimo e, soprattutto, ci danno testimonianza di come, alle origini della cristianità, questo rappresentasse il momento fondamentale e solenne per l’iniziazione dei fedeli. Ragion per cui, con la liberazione del culto dopo la pace di Milano, quando l’architettura cristiana visse una straordinaria metamorfosi e si passò dalle celebrazioni di tipo domestico e clandestino a celebrazioni grandiose e regali officiate in altrettanti luoghi degni di un tale rito e capaci di accogliere un notevole numero di credenti, i battisteri furono i primi a trovare una specifica tipologia, una loro imponenza e una precisa iconografia. Nonostante le varianti locali, generalmente si trattò di costruzioni a pianta centrale, molto spesso autonome e separate dall’edificio chiesa ma, allo stesso tempo, in qualche modo collegate per via della partecipazione immediata dei battezzati all’eucarestia. Vi era la presenza di ricchi e fastosi corredi iconografici, con affreschi o mosaici, creati non seguendo un semplice gusto estetico ma perché tutto doveva concorrere a ciò per cui il battistero era stato costruito. Tutto suggeriva un concetto di centralità come chiaro riferimento antropologico alla fine e al principio di tutte le cose e la vasca battesimale, assoluta protagonista nonché fulcro dell’edificio, era solitamente sovrastata da una copertura a cupola a memoria della volta celeste.

Ricordiamo che il termine latino baptismus deriva dal greco βαπτισμός che indica l’immersione o la sepoltura. Difatti il rito del battesimo, che alle origini avveniva da adulti, in piena consapevolezza e per scelta, dopo un lungo periodo di catechesi, si svolgeva per totale immersione nell’acqua benedetta contenuta nella vasca in quanto considerato come una vera e propria forma di morte e rinascita in chiave spirituale.

Il battistero è, a mio parere, il più chiaro esempio di come l’arte e la teologia si siano intrecciate per mostrare il loro punto di contatto che è oltre la realtà fenomenica e immediatamente percepibile dalla fisicità umana.

Questa esperienza è senz’altro percepibile in quello che è considerato il più antico edificio di questo tipo dell’Occidente: il Battistero di San Giovanni in Fonte a Napoli, datato intorno alla fine del IV sec. d.C. e che presenta i mosaici più antichi e meglio conservati al mondo.

Napoli conserva innumerevoli tesori ma, in particolare nel Duomo, offre un ampio e meraviglioso concentrato di storia, arte e archeologia oltre ad essere fulcro di fede e devozione. Tutta la storia della città è stratificata in questo luogo: alle origini una domus, poi un tempio pagano dedicato ad Apollo su cui venne edificata, nel IV sec. d.C., la più antica basilica paleocristiana della città, la Basilica di Santa Restituta, e affiancata da quella della Stefania, ambedue inglobate e/o sostituite, completamente o in parte, dalla costruzione di quella che sarà la chiesa madre di Napoli dedicata all’Assunta, voluta da re Carlo II di Napoli e completata sotto il regno di Roberto d’Angiò nel 1313. Terremoti, disastri, bombardamenti, guerre, saccheggi ed incendi hanno portato il Duomo, nelle successive epoche, ad essere arricchito, modificato e ampliato sino all’ultimo restauro con la costruzione della nuova facciata monumentale, sul finire del XIX sec., ad opera di Enrico Alvino.

Ma, visitando questo luogo straordinario, pochi sanno che nasconde, al suo interno, un vero e proprio gioiello paleocristiano: l’esemplare più antico di tutto l’Occidente, il Battistero di San Giovanni in Fonte. Alle sue origini, coeve alla Basilica di Santa Restituta, doveva essere un edificio a sé stante mentre oggi si presenta inglobato all’interno della Basilica stessa e, attraverso essa, vi si accede varcando una porta posta lateralmente nella navata destra.

Si entra, dunque, in una costruzione a pianta quadrata che, mediante il raccordo superiore di un tamburo ottagonale con quattro nicchie angolari, culmina in una cupola. Perfettamente in asse col centro vi è una vasca pavimentale di forma circolare, con un diametro di 2 metri e profonda circa 60 cm, realizzata con materiale edilizio di riciclo. Quadrato, cerchio e ottagono ci riportano ad una meravigliosa sintesi tra simbolismo pagano e linguaggio cristiano: il quadrato in pianta richiama alla terra in cui si innesta il cerchio della vasca come simbolo celeste. Ma il cerchio si ripete nella cupola che è il vero collegamento col mondo ultraterreno: terra e cielo si uniscono grazie al mistero dell’amore divino simboleggiato dal tamburo ottagonale che fa da tramite e armonizza le due figure.

San Giovanni in Fonte – Foto: Matilde Di Muro

Tutto richiama al battesimo, il preciso momento in cui l’uomo incontra il divino ma, al di là delle geometrie, sarà ancor più il tessuto figurativo affidato ad un complesso apparato musivo che ci parlerà di esso. Infatti, se visitando il Duomo i nostri occhi si saranno abituati ad ammirare tanto sfarzo e magnificenza, entrando in questi luoghi il tutto ci potrà sembrare eccessivamente sobrio e spoglio; ma basterà alzare lo sguardo per restare colpiti dallo scintillio di minuscole tessere prevalentemente di colore blu turchese e verde, intervallate ad altre tessere d’oro.

Le scene si articolano su tre parti: tamburo, ruota ottagonale e calotta, attraverso mosaici che, sebbene attualmente non siano perfettamente integri, riescono comunque a farci percepire la magnificenza del luogo. Nei quattro pennacchi sono raffigurati i simboli dei quattro evangelisti e, al di sopra, scene che richiamano i temi dei Salmi e storie bibliche come i due episodi evangelici della Samaritana e delle Nozze di Cana, con evidente riferimento al battesimo e all’eucaristia, il Battesimo di Gesù al Giordano e la Traditio legis in cui Cristo, in piedi sul globo celeste, consegna a Pietro la Legge.

Ma ciò che sicuramente catturerà la nostra attenzione e che è, poi, il fulcro di tutto l’edificio si trova al centro della calotta, in perfetta corrispondenza con la vasca. È la zona musiva meglio conservata, una sorta di oculus che, illusoriamente, presenta un cielo aperto notturno e trapuntato di stelle d’oro, bianche e blu a otto raggi e di diversa grandezza. Al suo centro campeggia la croce monogramma di Cristo (Chrismon) con, a destra e a sinistra, le lettere alfa e omega, principio e fine di ogni cosa e, al di sopra, la mano di Dio che regge una corona di alloro con due nastri. Il tutto è racchiuso in una cornice dorata, ornata di rami, palme, canestri di frutta e uccelli di vario genere tra cui non manca la fenice, simbolo di rinascita.

La perfetta sovrapposizione di quest’oculo con la vasca circolare, posta al centro del pavimento quadrato, va a definire una sorta di asse verticale cilindrico. Il neofita, che durante il rito battesimale veniva invitato a scendere nella vasca, entrava come in una sorta di sepolcro di salvezza, di ‘cielo in terra’. Era un po’ come entrare direttamente nella sfera celeste che pur essendo sopra di lui, grazie alla superficie riflettente dell’acqua, simbolo di purificazione, si prestava ad essere abitata. Infatti, la vasca battesimale è innanzitutto una ‘fonte’ e il rito battesimale si sostanzia di due elementi in particolare: acqua e luce, l’acqua che purifica e la luce, divina, che rigenera e salva. L’acqua era presente nella vasca e la luce, rilasciata da torce e candele accese, era catturata e riverberata da una miriade di tessere colorate dei mosaici che circondavano il luogo e culminavano nell’oculo centrale. A tal proposito, ricordiamo che, alle origini, il battesimo avveniva durante la veglia pasquale, nella notte tra il sabato santo e la domenica di Pasqua e, pertanto, la rinascita battesimale si innestava nella memoria della morte e resurrezione di Cristo.

La magia di questo luogo è innegabile e visitarlo è molto di più che entrare in un luogo che rappresenta una testimonianza del mondo antico. Si tratta di una vera e propria esperienza in cui si può ben comprendere il significato più puro dell’arte intesa come nobile forma di espressione e comunicazione funzionale al cammino umano, di qualsiasi tipo esso sia. È stato così sin dalle origini dell’evoluzione umana, dalle caverne preistoriche in cui rituali magici e bisogni si traducevano in immagini giunte sino a noi, ed è così anche ai giorni nostri in cui l’uomo moderno recupera il senso dell’arte come libera comunicazione e, attraverso murales e street art, ne fa un mezzo di denuncia oltre che di manifestazione.

Visitare, dunque, il Battistero di San Giovanni in Fonte è entrare in un luogo sacro ma anche fortemente umano nel senso più nobile del termine.

San Giovanni in Fonte – Particolare di un mosaicoFoto: Matilde Di Muro

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