Arco di ingresso al battistero attraverso il nartece – Foto: Matilde Di Muro

Quando l’archeologia e la salvaguardia dei beni culturali e storico-artistici, di cui la nostra Italia è ricca, dà testimonianza delle profonde radici della cultura cristiana.

L’arte figurativa paleocristiana e la relativa architettura non sono altro che il linguaggio delle prime comunità cristiane che si espressero attraverso immagini e forme caratterizzate da una sorprendente semplicità e create per fare da supporto alla preghiera. Non c’è un intento decorativo né imitativo ma, piuttosto, rivelativo e divulgativo di un’esperienza di ‘salvezza’. Tutto nasce dalla preghiera e ritorna alla preghiera o, per meglio dire, si tratta di vere e proprie “preghiere visive” poiché ciascuna immagine o architettura rimanda a un’esperienza del Risorto che, a partire dai primi discepoli, si intese trasmettere.

Infatti, sin dalle origini della cristianità, gli spazi interni di un qualsivoglia edificio liturgico furono studiati e creati per esprimere e favorire, in generale, l’esperienza di fede e comunione dell’assemblea e, in particolare, ciò si verificava soprattutto all’interno dell’edificio cultuale del ‘battistero’ in quanto luogo deputato all’iniziazione cristiana. A tal proposito ricordiamo il bellissimo esempio del battistero di San Giovanni in Fonte a Napoli, l’esemplare più antico d’Occidente, di cui Naòs – Nel cuore dell’arte e del sapere, vi ha già raccontato in questo articolo. Ma, questa volta, ci spostiamo in Puglia e, con precisione, a Canosa di Puglia, che custodisce il battistero di San Giovanni fatto costruire dal Vescovo e Santo Sabino.

Si tratta di un esempio importante nel panorama dell’architettura cristiana del V-VI sec. d.C. che, per poter essere compreso appieno, va analizzato attraverso la conoscenza, sia pure a grandi linee, della storia di Canosa, del suo ruolo assunto sul territorio, all’epoca in cui fu realizzato l’edificio in questione, e della figura del Vescovo Sabino nella Chiesa del 500.

Resti pavimentazione esterna – Foto: Matilde Di Muro

Canosa e la sua storia, dal Neolitico al Medioevo

Canosa, collocata sul margine nord-occidentale dell’altopiano delle Murge, è considerata uno dei principali centri archeologici della Puglia e rappresenta uno dei casi più significativi di città a lunghissima continuità di insediamento.

Le sue origini risalgono al Neolitico (6000-3000 a.C.) e delle epoche successive ci danno testimonianza edifici e tombe aristocratiche ricchissime di corredi appartenenti al ceto di quelli definiti, poi, “principi dauni”.

Con lo sviluppo della Magna Grecia, ‘Canusium’ fu influenzata dalla cultura ellenica e, nel 318 a.C., divenne città alleata di Roma accogliendo i romani anche dopo la disfatta di Canne del 216 a.C., ad opera di Annibale, che avvenne a pochi chilometri di distanza. Reperti e vasi canosini sono in tutti i principali musei, come nel caso dei vasi antropomorfi permanentemente esposti al British Museum di Londra e dei magnifici crateri presenti nella sezione Magna Grecia del Mann a Napoli e in numerose collezioni private. Inoltre, alcuni ritrovamenti sono custoditi dalla città stessa e dai territori circostanti.

Verso la fine del III secolo, Canosa fu sede di una tra le più importanti diocesi di Puglia e, successivamente, con l’invasione longobarda del VI secolo, divenne sede di gastaldato e subì numerose devastazioni per mano dei Saraceni che furono poi allontanati intorno all‘871. La città ritrovò un certo rilievo nell’XI – XII secolo, prima con i Normanni, grazie al particolare interesse mostrato dal principe Boemondo I d’Antiochia, le cui spoglie riposano dal 1111 in uno splendido Mausoleo ivi presente, e poi, sotto gli Svevi, con Federico II.

Ingresso oltre il nartece – Foto: Matilde Di Muro

La figura del vescovo Sabino

Ma torniamo alla storia del nostro battistero e al V secolo, quando Canosa era il centro della gerarchia politico-amministrativa e religiosa dell’intera provincia di Apulia e Calabria e la diocesi, che portava il suo nome, fondava la sua ricchezza su ampi possedimenti terrieri estesi fino alla Sicilia. Questa cittadina fu, senza dubbio, uno dei centri paleocristiani più importanti della Puglia grazie alla figura del suo vescovo Santo Sabino, il Vir Dei, l’uomo di Dio, come amava denominarlo Papa S. Gregorio Magno nei suoi ‘Dialoghi’, ma anche per la presenza dell’antica Via Traiana, di epoca romana, su cui insisteva la città. Canosa rappresentò una sosta obbligata per i tanti pellegrini diretti a Roma, in Terra Santa e al Santuario di San Michele Arcangelo sul Gargano, mossi dalla determinazione di voler raggiungere i luoghi sacri, per devozione o per penitenza. Ma i pellegrini si recavano a Canosa anche per chiedere direttamente a S. Sabino un miracoloso intervento taumaturgico.

Sabino, vescovo di Canosa nella prima metà del VI secolo e per ben 50 anni, fu una personalità di grande rilievo, non soltanto come guida spirituale della comunità locale e non, ma come fulcro/cardine nel panorama politico e giudiziario, amministrativo e gestionale del territorio, anche al di là dei confini della circoscrizione diocesana.

Egli, all’intensa attività pastorale, affiancò una simile intensa attività edilizia prodigandosi per la costruzione di numerosi edifici di culto atti a creare poli di attrazione alternativi a quelli tradizionali del foro e dei templi pagani. Lo straordinario impulso dato all’edilizia sacra è confermato dalle evidenze archeologiche e dal ritrovamento di numerosi laterizi bollati con il monogramma sabiniano, oggi conservati presso il Museo Civico di Canosa di Puglia.

Resti dell’antica basilica antistante – Foto: Matilde Di Muro

Le caratteristiche strutturali del Battistero

Il Battistero fu realizzato nel VI secolo, probabilmente, su un preesistente tempio romano di forma circolare e la sua datazione deriva dall’esame delle strutture e dal confronto con i battisteri di Albenga e Ravenna, cronologicamente e tipologicamente vicini ad esso. L’edificio si presenta come un massiccio corpo a pianta dodecagonale con quattro camere, sugli assi principali, che costituiscono i bracci di una croce greca, e quattro corridoi ad essa alternati, che formano una sorta di deambulatorio attorno ad un vano centrale con una vasca battesimale eptagonale. Del battistero, ricordato dalla biografia anonima del vescovo Sabino, non si ebbero altre testimonianze fino agli inizi del ‘700, quando le murature superstiti furono riprodotte in una incisione di J. L. Despréz pubblicata da R. de Saint-Non nel 1783.

Di tutte le costruzioni coeve, questo è l’unico edificio che si è conservato in maniera apprezzabile grazie ad una pratica, assai comune verso la fine dell’800, di utilizzare antiche costruzioni per fini proto-industriali. Infatti, la struttura fu adattata ad impianto molitorio e, per questo, subì profonde modifiche: internamente furono realizzati quattro pilastri quadrati centrali sui quali si impostano volte a vela. Tale intervento modificò, pertanto, l’organizzazione dello spazio rispetto all’idea originaria.

La vasca battesimale (h. cm 60, Ø cm 400) di forma eptagonale, probabilmente simbolo dei sette giorni occorsi per la creazione dell’universo, è formata da tre gradini in laterizio con abbondanti tracce di malta e su di un lato sono visibili frammenti del rivestimento marmoreo. Sul fondo della vasca si può notare un sistema per lo scolo delle acque collegato ad una conduttura che attraversava il vano centrale in direzione nord-est. Dunque, siamo in presenza di un esempio di battistero munito di un sistema di deflusso e non di adduzione, condizione tipica dei luoghi in cui si disponeva di un limitato quantitativo d’acqua. L’alimentazione era presumibilmente affidata, quasi esclusivamente, al personale incaricato del trasporto in loco dell’acqua necessaria al rito battesimale che, all’epoca, avveniva per immersione del catecumeno.

Deambulatorio attorno alla vasca battesimale – Foto: Matilde Di Muro

Gli ambienti dislocati attorno al corpo centrale erano, molto probabilmente, funzionali allo svolgimento del sacramento del battesimo, come il vestibolo di accesso al katechoumeneon, spazio dedicato alla catechesi, e al consignatorium per il sacramento della cresima successivo al battesimo. Dell’apparato decorativo, che, come per tutti i battisteri episcopali, doveva essere ricco e vario, non restano che pochi frammenti della pavimentazione musiva policroma.

Il corpo centrale era preceduto da un nartece concluso, alle estremità, da due piccole absidiole e davanti al battistero, agli inizi del VII secolo, fu edificata una basilica a tre navate, dedicata a Santa Maria, della quale oggi restano e sono ben visibili tracce delle mura perimetrali. La complessa iconografia del battistero canosino si inserisce nella tradizione romana degli edifici a pianta centrale e ricorda il Battistero Lateranense, anch’esso preceduto da un nartece a forcipe, sebbene l’esempio romano sia più antico (IV sec. d. C.) ed a pianta ottagonale.

Resti pavimentazioni interne – Foto: Matilde Di Muro

Questo tipo di edificio, col suo grande significato simbolico, costituisce un’importante testimonianza di un rito che, successivamente, andò perdendosi. Infatti, col tempo, non si costruirono più edifici prettamente ed esclusivamente dedicati al rito battesimale, optando per la realizzazione di un apposito ‘fonte’ all’interno delle chiese stesse. Andranno, dunque, perdute alcune caratteristiche, come abbiamo visto tanto dense di significato, proprie e fondanti dell’antica tradizione cristiana. Insomma, vale veramente la pena visitare Canosa di Puglia e il suo antico battistero in cui non è difficile immaginare i tanti uomini e donne che in questo luogo hanno scelto e incominciato un cammino che li ha condotti a dare testimonianza, con la loro vita, di una grande fede che, oltre lo spazio e il tempo, giunge sino ai giorni nostri e ci aiuta a comprendere la densità e la bellezza delle origini cristiane.

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