Fashion in New York – Foto: Marco Gabess

Il fast fashion è la moda degli ultimi anni, si basa sul consumismo più sfrenato e il suo costo ambientale e umano è elevatissimo.

Il fast fashion, ovvero la moda ultraveloce, ha completamente rivoluzionato il nostro modo di vestirci e di acquistare capi. La ricetta è semplice: vestiti a prezzi più che irrisori, acquisti online compulsivi e collezioni che si rinnovano alla velocità del minuto. Dietro a questo tipo di e-commerce ci sono i colossi del settore che fatturano miliardi di euro l’anno. Ma che problematiche si nascondono dietro al fast fashion?

Innanzitutto, i capi venduti da queste piattaforme sono di scarsissima qualità e, di conseguenza, sono praticamente usa e getta. In secondo luogo ogni capo arriva imballato in un sacchetto di plastica chiuso ermeticamente e non riciclabile. Si genera quindi un circolo vizioso che crea circa 5 milioni di tonnellate di rifiuti tessili ogni anno (circa 12 kg per persona), di cui l’80% viene destinato a discariche e inceneritori. Secondo Greenpeace, ogni secondo nel mondo viene bruciato o mandato in discarica un camion di indumenti.

Very Old Fashion – Foto: Menandros Manousakis

Uno degli esempi più concreti delle conseguenze del fast fashion è il deserto di Atacama in Cile, trasformato in un’enorme discarica a cielo aperto. Le Nazioni Unite hanno stimato che ogni anno vengono mandate in Cile 60 mila tonnellate di abiti usati, molti dei quali vengono destinati agli inceneritori rendendo l’aria del tutto irrespirabile. Un gruppo di attiviste, per denunciare l’insostenibilità della situazione, ha dato vita all’Acatama fashion week, una sfilata di vestiti usati presi dalla discarica con cui hanno sfilato sull’enorme cumulo di rifiuti.

Il fast fashion, oltre ad avere un considerevole impatto ambientale, ha anche un costo umano elevatissimo. Sono migliaia i lavoratori e le lavoratrici che ogni anno muoiono in condizioni di lavoro più che precarie e retribuiti con stipendi da fame. Si stima che un lavoratore dell’industria di questo settore guadagni circa 2,40 dollari al giorno per orari che superano le 17 ore lavorative e con un solo giorno di riposo settimanale. Inoltre il lavoro minorile è ampiamente documentato.

Il salario mensile si aggira, dunque, intorno, a 540 euro e il primo stipendio viene trattenuto dall’azienda. Ai lavoratori e alle lavoratrici è richiesta la produzione di  500 abiti al giorno: ne deriva che il costo di produzione di ogni capo è di circa 40 centesimi. Se uno dei capi risulta difettoso vengono sottratti al lavoratore i due terzi della paga giornaliera.

Lo scorso marzo l’Assemblea nazionale francese ha approvato una proposta di legge per imporre una tassa ai venditori di fast fashion. Il disegno di legge si compone di tre articoli: il primo prevede che in tutti i siti e-commerce che vendono questi articoli, accanto al prezzo del capo, vengano inseriti messaggi che forniscono informazioni sull’impatto ambientale dei vestiti e invoglino al loro riutilizzo. Il secondo articolo introduce una sovrattassa sugli abiti e gli accessori che vada a colpire direttamente il produttore e che sia proporzionalmente commisurata all’impatto ambientale e alle emissioni della produzione del singolo capo. Il terzo e ultimo articolo pone delle limitazioni sulle pubblicità delle aziende di fast fashion. Il disegno di legge si propone di utilizzare i soldi derivanti dalla tassazione per gestire la raccolta, lo smistamento e il trattamento dei rifiuti tessili, oltre che prevedere bonus e incentivi diretti alla ricerca e allo sviluppo di soluzioni sostenibili.

Black & White – Foto: Marco Gabess

Il problema del fast fashion risiede anche nella creazione di veri e propri monopoli per la vendita di capi a basso costo che disincentiva i clienti a recarsi in un negozio fisico o cercare brand che utilizzino materiali migliori ma a costo più elevato. Una soluzione al problema potrebbe essere proprio questa: fornire ai clienti un’alternativa a costo contenuto significa disincentivare l’acquisto spasmodico di capi a costo stracciato e dall’altra sostenere piccole e medie imprese che producono abiti sostenibili sia dal punto di vista umano che ambientale.

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