The Family – Foto: Menandros Manousakis
La legge consente l’uso del cognome materno per i figli. Vediamo come si è arrivati a ciò e in che modo è possibile farlo.
La scelta di dare ai propri figli il cognome materno è una questione che ha assunto, col passare del tempo, sempre più rilevanza.
La questione non è, come si potrebbe pensare, di questi anni, ma è stata sollevata già negli anni ’80, all’indomani della modifica degli articoli del codice civile che hanno riformato, nel 1975, il diritto di famiglia, dando pari dignità ai genitori.
Il patronimico, che da sempre caratterizza la trasmissione in automatico del cognome paterno, è lo specchio dell’evidente peso che la concezione patriarcale della famiglia ha avuto, e forse ancora ha, nella nostra società, ma le norme che lo disciplinano sono state oggetto, in diverse occasioni, di rilievi di legittimità costituzionale, perché ritenute in evidente contrasto con alcuni princìpi fondamentali che la costituzione ha inteso prioritariamente tutelare.
Le prime due decisioni della Corte risalgono al 1988, quando la Consulta sottolineò che era tempo di cambiare le regole, rinviando ad un intervento dell’organo legislativo per regolamentare la questione.
Diciotto anni dopo la Corte è stata nuovamente chiamata a decidere in ordine alla stessa tematica, questa volta sollevata in relazione a un ricorso per la mancata rettificazione di un atto di nascita nel quale l’ufficiale di stato civile aveva attribuito, al neonato, il cognome paterno in luogo di quello materno, in contrasto con la volontà espressa dal padre stesso in sede di dichiarazione di nascita. Anche in questo caso la Corte, pur dichiarando ancora inammissibile la questione, ribadisce quanto osservato in precedenza, aggiungendovi la necessità di un allineamento alla Convenzione sulla eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, adottata a New York il 18/12/1979 e resa esecutiva in Italia con legge 132/1985, che impegna gli stati membri ad assicurare nel matrimonio e nei rapporti familiari, fra l’altro, «gli stessi diritti personali al marito e alla moglie, compresa la scelta del cognome…». La Corte, inoltre, richiamò anche le raccomandazioni del Consiglio d’Europa del 1978, 1985 e 1998, dove si parla della piena realizzazione della uguaglianza tra madre e padre nell’attribuzione del cognome dei figli, nonché una serie di pronunce della Corte Europea dei diritti dell’uomo, che vanno nella direzione della eliminazione di ogni discriminazione basata sul sesso nella scelta del cognome.
Roots – Foto: Menandros Manousakis
Nel frattempo anche la CEDU (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) con la sentenza 7 gennaio 2014 ha detto la sua, considerando la preclusione all’assegnazione al figlio del solo cognome materno come una forma di discriminazione basata sul sesso, che viola il principio di uguaglianza tra uomo e donna, sancito anche dall’art.14 dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Tralasciando i tecnicismi delle motivazioni che hanno portato alla decisione, si può affermare che la sentenza della Corte Costituzionale n.286 del 08/11/2016 segna, sia pure abbastanza in ritardo rispetto al resto dell’Europa, un primo significativo passo in avanti sulla questione. Per la prima volta è stata dichiarata la illegittimità costituzionale della legislazione vigente nella parte in cui non consente ai coniugi, ai genitori e agli adottanti, in accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita o dell’adozione, anche il cognome materno. Alla pronuncia della Corte Costituzione è seguita la circolare 7 del 14/6/2017 della Direzione Centrale per i servizi demografici del Ministero dell’Interno che, alla luce di tale sentenza, indica le linee guida da seguire stabilendo come sia possibile ai genitori del nuovo nato, coniugati o meno, di attribuire, di comune accordo, il doppio cognome, paterno e materno, al momento della nascita. Ma specifica, anche, che esso debba essere aggiunto e solo posposto a quello paterno.
Quindi dal 2017, con l’espressa manifestazione di volontà concorde dei genitori, esiste la possibilità del doppio cognome, ma ciò non ha completamente risolto la questione della possibilità per i genitori di attribuire al figlio, nuovo nato, il solo cognome materno.
Con l’Ordinanza della Corte Costituzionale n.18/2021, viene fatto un decisivo passo verso un effettivo cambio di prospettiva, in quanto si afferma che imporre il cognome paterno significa riconoscere un solo ramo genitoriale e ciò, come scrive la Corte, si pone in palese contrasto con la necessità, costituzionalmente garantita, di assicurare un’effettiva parità fra genitori, la pienezza dell’identità personale dei figli e l’unità familiare.
Illuminante è il podcast registrato il 10/01/2022 dalla vice presidente della Corte Costituzionale, illustrissima prof.ssa Daria De Petris, intitolato Il cognome della madre nelle decisioni della Corte dal 1988 al 2021, che descrive l’evolversi dei pronunciamenti in materia nel periodo preso in esame e si sofferma, con precisione e in modo comprensibile a tutti, sulla posizione della Corte alla luce della Ordinanza di cui abbiamo appena detto, anticipando di fatto, in chiusura, la storica, recente sentenza del 27 aprile 2022.
La Giudice conclude specificando che la questione della legittimità delle norme che impediscono l’attribuzione del cognome della madre al figlio, pur in presenza della comune volontà dei genitori, va risolta superando la questione pregiudiziale dell’accertamento della legittimità costituzionale delle norme che prevedono, in caso di disaccordo, l’attribuzione del cognome paterno: “è costituzionalmente legittimo che due genitori non possono di comune accordo attribuire al figlio il cognome della madre? Ma per risolvere questa questione deve prima, la Corte, superare quella pregiudiziale. Riconoscere infatti in nome della parità il diritto dei genitori di decidere di comune accordo l’attribuzione al figlio del solo cognome della madre, impone di accertare prima se in caso di disaccordo l’attribuzione del cognome del padre sia costituzionalmente legittima”.
The Baby – Foto: Menandros Manousakis
Come anticipato, la sentenza della Corte Costituzionale n.131/2022 del 27 aprile 2022 ha definitivamente tracciato la strada che il legislatore dovrà seguire per legiferare in materia, stabilendo la illegittimità di tutte le norme che impongono, anche in via residuale, l’attribuzione in automatico del cognome paterno, con riferimento sia ai figli nati nel matrimonio che fuori dal matrimonio, nonché ai figli adottivi.
Tuttavia la Corte si preoccupa di richiedere un intervento normativo teso a impedire che, con l’andare delle generazioni, l’attribuzione del doppio cognome comporti un meccanismo moltiplicatore che finirebbe per ledere la funzione identitaria del cognome. Inoltre bisogna tutelare anche l’interesse del figlio a non vedersi attribuito un cognome diverso rispetto a quello di fratelli e sorelle. A tal proposito la consulta suggerisce una soluzione: riservare le scelte, relative all’attribuzione del cognome, al momento del riconoscimento contemporaneo del primo figlio della coppia (nato o adottato), per poi renderle vincolanti rispetto ai successivi figli.
Chiaramente la corte, probabilmente per impedire il possibile instaurarsi di un numero significativo di procedimenti volti alla estensione della decisione anche al pregresso, ha espressamente previsto l’impraticabilità di un’efficacia retroattiva della sentenza e, quindi, l’impossibilità di applicare le modifiche normative alle situazioni consolidate nel rispetto della pregressa legislazione.
Il parlamento, dal canto suo, segna ancora il passo rispetto alle indicazioni della Corte Costituzionale. Nel corso della XVII legislatura, nel 2014 la Camera ha approvato delle modifiche al codice civile per risolvere compiutamente la questione ma il progetto di legge si è poi fermato in Commissione al Senato. Oggi esiste una proposta di modifica di alcuni articoli del codice civile e della legge 184/1993 e l’introduzione di un nuovo articolo del codice civile, il 143 quater, che lascia ampia libertà per i genitori di concordare il cognome da attribuire al primo figlio, stabilendo, in caso di disaccordo, il doppio cognome da apporre in rigoroso ordine alfabetico. Per evitare una moltiplicazione dei cognomi è prevista, per il figlio con doppio cognome l’obbligo di sceglierne uno solo in caso di trasmissione al proprio figlio. Ma allora, dopo tanto legiferare e sentenziare, attualmente è possibile o no dare ai figli il cognome della madre? In attesa delle auspicabili modifiche normative, riassumendo, oggi è prevista la possibilità per i genitori di stabilire, di comune accordo, il cognome da attribuire al figlio nato o adottato e, in caso di conflitto, vale la regola del doppio cognome, sempre secondo modalità prese concordemente. In caso di contrasti sulla anteposizione del cognome paterno o materno, mancando lo specifico riferimento normativo, sarà sempre il giudice a dover dirimere la questione, in conformità con quanto dispone l’ordinamento giuridico.