When the Doomsday Clock Will Bells – Autore: msdte – Licenza: CC BY-NC-SA 3.0 by Deviant Art

Un gruppo di scienziati, alla luce dei recenti avvenimenti geopolitici e naturali, ha ridefinito il cosiddetto “punto di non ritorno”, ovvero la data virtuale della fine del mondo.

È di questi giorni il nuovo ultimatum che indica in 89 secondi la distanza minima da una catastrofe globale secondo il Doomsday Clock, ai più noto come l’Orologio dell’Apocalisse, che dal 1947 ne scandisce virtualmente la scadenza. Per comprendere il senso della notizia, riportata in tutti i più importanti media nazionali e internazionali, sarà necessario fare un passo indietro e conoscere meglio l’orologio e le sue modalità di countdown verso il “punto di non ritorno” (rappresentato dalla mezzanotte) che condurrebbe alla fine del mondo. Per farlo iniziamo con l’analisi delle affermazioni di Daniel Holz, presidente del Science and Security Board (SASB) – Bulletin of the Atomic Scientists, fisico e cosmologo, professore presso l’Università di Chicago, in occasione della conferenza stampa di Washington del 28 gennaio scorso: “Lo scopo del Doomsday Clock è quello di avviare una conversazione globale sulle minacce esistenziali molto reali che tengono svegli di notte i migliori scienziati del mondo. I leader nazionali devono avviare discussioni su questi rischi globali prima che sia troppo tardi. Riflettere su queste questioni di vita o di morte e avviare un dialogo sono i primi passi per tornare indietro nell’Orologio e allontanarsi dalla mezzanotte.”

Orologio dell’apocalisse, posizionato a 3 minuti dalla mezzanotte, 26 gennaio 2018 – Autore foto: Ryanicus Girraficus – Licenza: CC0, via Wikimedia Commons

L’Orologio dell’Apocalisse e l’uso della bomba atomica

Nel 1945, nei mesi precedenti i bombardamenti atomici sul Giappone, alcuni degli scienziati afferenti al progetto Manhattan (nato nel 1942 nei Laboratori di Los Alamos, nel New Mexico, diretti dal Generale Leslie Groves e dal fisico J. Robert Oppenheimer) si preoccuparono di segnalare l’inopportunità dell’uso dell’ordigno nucleare concepito. In particolare Leo Szilard (inventore della reazione nucleare a catena e co-progettista con Enrico Fermi del primo reattore nucleare all’Università di Chicago), uno degli uomini di punta dell’equipe, già nel marzo di quell’anno scrisse un memorandum. Accompagnato da una lettera firmata da Albert Einstein, con cui si era incontrato, da sottoporre all’allora Presidente USA Franklin Delano Roosvelt, il documento segnalava le drammatiche conseguenze che l’uso dell’ordigno in progettazione avrebbe avuto sugli equilibri mondiali post bellici. Purtroppo l’incontro, fissato grazie all’intervento della signora Roosvelt, alla quale Szilard si era rivolto, non ebbe mai luogo per l’improvvisa scomparsa del presidente, avvenuta il 12 aprile. Tuttavia, Szilard cercò subito di incontrare il suo successore, Harry S. Truman, ma questo ulteriore tentativo si risolse in un parziale fallimento in quanto lo scienziato riuscì a parlare solo con il futuro segretario di stato James Byrnes, il quale non mostrò particolare interesse per i problemi sollevati.

Tale situazione indusse Arthur H. Compton, direttore del Metallurgical Laboratory (ramo del progetto Manhattan di stanza presso l’Università di Chicago), a creare un comitato, presieduto da James Franck – un fisico tedesco immigrato a Chicago all’epoca delle leggi razziali – per affrontare la questione dell’uso della bomba atomica. Nel giugno del 1945 venne redatto il rapporto finale, noto come Rapporto Franck – anche se fu stilato in massima parte da Szilard e Eugene Rabinowitch, biofisico russo naturalizzato statunitense – nel quale venne consigliato un uso dimostrativo incruento dell’ordigno in una località disabitata, a scopo deterrente, per convincere il Giappone alla resa, mentre riteneva assolutamente ingiustificato il suo utilizzo in guerra sul territorio nemico. Il documento fu consegnato al ministro della guerra Stimson perché lo portasse a conoscenza del presidente Truman, ma il trascorrere delle settimane senza alcun riscontro spinse Szilard a coinvolgere nell’iniziativa, con una petizione, anche i colleghi di Los Alamos. L’istanza non sortì i suoi effetti e gli ulteriori tentativi di inserirvi altri scienziati furono osteggiati in ogni modo, a quanto pare, anche dallo stesso Oppenheimer. Pertanto, Szilard fu convinto da Franck a inoltrare la petizione con 68 firme di scienziati del Metallurgical Laboratory attraverso canali istituzionali, ma essa, forse, non arrivò mai al presidente Truman.

Ciò che, invece, fu determinante nella scelta di sganciare gli ordigni nucleari, fu il parere di una commissione (nota come Interim Committee) istituita a maggio dello stesso anno da Truman, composta da politici e scienziati, coadiuvata da una “sottocommissione scientifica” formata da Robert Oppenheimer, Enrico Fermi, Ernest Lawrence e Arthur Compton. Gli scienziati chiamati a dare un giudizio sul rapporto Franck pervennero alla conclusione che non vi fossero alternative accettabili a quella del diretto uso militare della bomba per far finire la guerra. Il resto della storia è tristemente noto: alle 08.15 del 6 agosto fu sganciata, sulla città di Hiroshima, una bomba basata sulla fissione dell’uranio, soprannominata Little Boy, e alle ore 11.02 del 9 agosto fu la volta di Nagasaki, che fu rasa al suolo da un ordigno al plutonio soprannominato Fat Man.

Le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki – Autore foto: George R. Caron – Licenza: Public domain, via Wikimedia Commons

La presa di coscienza degli scienziati e la creazione del Bulletin of the Atomic Scientists

Dopo circa un mese – siamo nel settembre del 1945 – molti degli stessi scienziati che avevano lavorato sul nucleare – inclusi, fra gli altri, anche Hans Bethe, capo della divisione di fisica teorica che lavorò al progetto; Edward Teller, che lavorò alla costruzione della prima bomba atomica e sostenne successivamente la necessità di realizzare la prima all’idrogeno, nonché lo stesso J. Robert Oppenheimer – seppur inizialmente schierati su posizioni contrastanti, si resero subito conto che, per la prima volta, l’uomo era riuscito a concepire un’arma tanto potente da porre fine alla civiltà umana. Per questo, allo scopo di mettere in guardia i capi di governo e i semplici cittadini del pericolo globale di questi nuovi armamenti, buona parte di essi creò un’associazione e un suo bollettino – il Bulletin of the Atomic Scientist of Chicago – il cui primo numero fu pubblicato il 10 dicembre 1945 su iniziativa di Rabinowitch e del fisico Hyman Goldsmith.

Il documento divenne ben presto, per la comunità scientifica, un autorevole e soprattutto indipendente strumento d’informazione e di analisi di problematiche militari e nel contempo un riferimento per tutti gli studiosi del mondo interessati alla soluzione dei conflitti. Dopo due anni, nel 1947, con il consolidarsi nello scacchiere mondiale delle posizioni contrapposte di USA e URSS – prodromiche alla cosiddetta ‘guerra fredda’, con una neanche tanto celata corsa verso armamenti nucleari potenzialmente sempre più efficaci – un comitato di scienziati si pose l’obiettivo di informare il pubblico sui rischi e sulle minacce alla sopravvivenza e allo sviluppo della specie umana a cui tale contesto poteva portare, ideando, per misurarne il pericolo, uno strumento virtuale, chiamato Doomsday Clock. Nell’edizione del giugno 1947 del Bulletin of the Atomic Scientists (la nuova denominazione assunta dal bollettino), venne, quindi, pubblicato per la prima volta un orologio stilizzato con la lancetta fissata a 7 minuti dalla mezzanotte.

Da allora, tra la metà e la fine di gennaio di ogni anno, lo Science and Security Board (SASB) del Bulletin of the Atomic Scientists, composto da un gruppo selezionato di leader della ricerca a livello mondiale, con un focus specifico sul rischio nucleare, ma anche, dal 2007, sul cambiamento climatico e sulle tecnologie dirompenti, prende la decisione di muovere o meno l’orologio.

Bulletin Atomic Scientists – Licenza: Public domain, via Wikimedia Commons

Come funziona il Doomsday Clock

Nel corso degli ultimi 76 anni le lancette dell’orologio si sono avvicinate e allontanate più volte dalla fatidica mezzanotte mediante un meccanismo di valutazione tutto sommato intuitivo, basato sugli scenari di politica internazionale e connesso al mutamento, sia in positivo che negativo, di quei fattori, sopra accennati, che sono in grado di portare effettivamente l’umanità verso un mondo migliore o verso la sua estinzione.

Grafico dell’Orologio dell’Apocalisse – Autore: Fastfission – Licenza: Public domain, via Wikimedia Commons

La prima volta che le lancette vennero spostate bruscamente (da 7 a 3 minuti alla mezzanotte) fu nel 1949, in concomitanza con l’annuncio, da parte dell’Unione Sovietica, di aver testato con successo la sua prima bomba atomica. Da allora, come mostra il grafico sopra riportato, si può dire che le minacce per l’umanità sono andate moltiplicandosi, sia pure con alcuni sporadici movimenti di ripresa riguardanti il 1960 (quando le grandi potenze cercarono, per la prima volta, un accordo diplomatico), il 1963 (allorché venne sottoscritto a Mosca, il 5 agosto, il trattato sulla messa al bando dei test nucleari chiamato Partial Test Ban Treaty), il 1990 (con la caduta del Muro di Berlino) e il 1991 (quando venne firmato il trattato di riduzione delle armi strategiche, che segnò la fine della guerra fredda). In quest’ultima data, come evidente, si ebbe il picco di lontananza dalla mezzanotte. Dal 1991 in poi, invece, si è registrata una progressiva accelerazione dell’Orologio dell’Apocalisse, che nel 2025, come anticipato in premessa, è stato collocato a 89 secondi dal ‘punto di non ritorno.’

Fino al 2017 il countdown avveniva in minuti. Tuttavia, da quell’anno, gli scienziati del bulletin, in presenza di un crescente allarme legato al proliferare dei nazionalismi e delle dichiarazioni del presidente Trump nel corso del suo primo mandato, relative al riarmo nucleare e all’uscita dagli accordi sul clima sottoscritti a Parigi, hanno deciso di scandire il tempo in secondi.  Nonostante ciò, il tempo virtuale continua inesorabilmente a passare e sono sempre di più i fattori di cui gli scienziati sono chiamati a tener conto nel valutare i rischi futuri.

Gli scenari degli ultimi anni e la situazione attuale

Negli ultimi cinque anni si è assistito a un’escalation quasi inarrestabile delle minacce che, direttamente o indirettamente, possono alterare gli equilibri di politica internazionale e innescare una reazione a catena capace di portare il mondo verso la catastrofe:

  • la guerra tra Russia e Ucraina, con esplicite minacce dell’uso di armi nucleari verso l’occidente e la recrudescenza del conflitto israelo-palestinese, con il coinvolgimento di altri paesi dell’area mediorientale che, benché non risultino in possesso di armi atomiche, detengono, però, le risorse e le tecnologie per realizzarle, come l’Iran;
  • i poco lusinghieri risultati, segnalati anche da COP 29 (l’assemblea annuale dei paesi che hanno ratificato la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici), sull’andamento del clima, con inondazioni, incendi e catastrofi ambientali legate al caldo. Il servizio meteo della Ue, Copernicus, ha reso noto recentemente (confermando le previsioni della fine dello scorso anno) che il 2024 è stato l’anno più caldo di sempre (ed è il secondo anno consecutivo che ciò accade) ed anche il primo in cui la temperatura media ha sforato il limite di 1,5 gradi di aumento, con cifre da record e con le emissioni di gas serra che hanno continuato ad aumentare. Tutto ciò è stato accompagnato dall’uscita dagli accordi di Parigi del 2015 di paesi importanti e altamente industrializzati per non rinunciare ai propri interessi economici o, più semplicemente, per restare al passo degli altri paesi concorrenti: “Gli attuali sforzi per ridurre le emissioni di gas serra sono assolutamente insufficienti per evitare pericolosi impatti umani ed economici derivanti dai cambiamenti climatici, che colpiscono in modo sproporzionato le persone più povere del mondo” spiegano gli scienziati del SASB; “Se non ci sarà un marcato aumento degli sforzi, il prezzo delle sofferenze umane dovute allo sconvolgimento climatico aumenterà inesorabilmente”;
  • la svolta connessa alla conquista dello spazio da parte degli stati (ovviamente quelli che se lo possono permettere) e dei ricchi privati che hanno lanciato in orbita migliaia di satelliti utilizzabili anche a fini di sicurezza militare. Lo spazio oltre l’atmosfera è unanimemente considerato un bene comune di tutta l’umanità e l’evoluzione del ‘diritto spaziale’, che è in continuo mutamento, rappresenterà il primo vero banco di prova per dimostrare una reale pacifica comunione di intenti di tutte le nazioni;
  • la convergenza degli strumenti di intelligenza artificiale (AI) e dell’ingegneria genetica nelle mani di pochi potrebbe portare a situazioni di abuso se non opportunamente regolamentate;
  • lo scoppio delle crisi pandemiche;
  • una politica economica aggressiva e il monopolio per lo sfruttamento di risorse necessarie allo sviluppo energetico e tecnologico di tutti i paesi;
  • la disinformazione grazie alla diffusione di notizie false e fuorvianti che minano la fiducia nella scienza e nelle istituzioni.

Cosa possiamo fare?

L’Orologio dell’Apocalisse, strumento scevro da qualsiasi condizionamento politico, non va inteso come una fosca previsione, ma come un avvertimento sui pericoli che l’umanità – il cui futuro è nelle proprie mani – deve affrontare. In altre parole, esso è nato per sensibilizzare l’opinione pubblica e incoraggiare i leader mondiali a prendere provvedimenti per ridurre i rischi globali in quanto, nonostante tutto, secondo quanto affermato dagli scienziati durante la conferenza stampa del gennaio scorso, c’è ancora speranza: ci sono stati, e potrebbero ancora esserci, momenti in cui le lancette dell’Orologio dell’Apocalisse potranno essere spostate indietro anziché avanti. Basta mettere in campo l’arma più potente di tutte: sedersi allo stesso tavolo, parlare e agire univocamente per il benessere dell’umanità tutta.

L’evoluzione tecnologica è una risorsa per il nostro futuro solo se viene correttamente utilizzata e il compito di evitare che ogni scoperta possa essere usata in maniera deviata spetta prioritariamente ai governi, non agli scienziati. Tuttavia, gli studiosi del Bulletin of the Atomic Scientists hanno comunque messo in risalto un aspetto etico della loro professione. A questo proposito Antonino Drago, fisico presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II e pacifista, ha sottolineato come il preambolo del Rapporto Franck contro l’uso militare del nucleare possa essere considerato “il documento più rilevante sulla politica etica, strategica e internazionale in materia di armi nucleari. Tra quelli che hanno scelto l’azione pubblica, sono altamente meritori quelli che hanno condotto il lavoro professionale del «Bulletin», sia per aver mantenuto alta, in mezzo ad una massa di scienziati poco preoccupati, la bandiera di coloro che invece si preoccupavano; sia per aver ben rappresentato la coscienza di questi scienziati, per quanto essi sono stati capaci di fare e di dibattere in pubblico.

In realtà fu lo stesso J. Robert Oppenheimer che, rimasto profondamente impressionato dalle conseguenze del suo lavoro, dal 1945 al 1966 (un anno prima della sua morte), in diverse pubblicazioni, interventi e conferenze trattò più volte il tema dei rapporti fra scienza, etica e società. Celebre è rimasta l’affermazione nella quale, per la prima volta, lo studioso formula un giudizio morale sull’operato dei fisici e comincia ad affrontare, in termini generali, la questione della responsabilità dello scienziato: “per aver minuziosamente suggerito, appoggiato e, infine, realizzato la costruzione delle armi atomiche, i fisici conobbero il peccato; e questa è una conoscenza che rimarrà in loro per sempre.” Secondo Oppenheimer, la scienza gioca un ruolo importantissimo per il progresso dell’umanità, ma essa, se non avrà un ancoraggio etico, “come attività umana, finirà e si esaurirà.” Le minacce mondiali possono creare un senso di oppressione e di impotenza ma ci sono azioni che possono essere intraprese per fare la differenza: essere costantemente informati e aggiornati sui rischi globali; sostenere le organizzazioni che lavorano per la pace, la sostenibilità e la sicurezza; chiedere ai propri rappresentanti politici di spingere i governi a dare la priorità alla riduzione dei rischi a livello planetario; adottare, in prima persona, comportamenti sostenibili nella vita di tutti i giorni.

Specifiche foto dal web

Titolo: When the doomsday clock will bells
Autore: msdte
Licenza: CC BY-NC-SA 3.0 by Deviant Art
Link: https://www.deviantart.com/msdte/art/When-the-doomsday-clock-will-bells-994039259
Foto modificata

Titolo: Doomsday clock (3 minutes) – (Orologio dell’Apocalisse, posizionato a 3 minuti dalla mezzanotte. 26 gennaio 2018)
Autore: Ryanicus Girraficus
Licenza: CC0, via Wikimedia Commons
Link: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Doomsday_clock_%283_minutes%29.svg
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Titolo: Atomic bombing of Japan (Le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki)
Autore: George R. Caron
Licenza: Public domain, via Wikimedia Commons
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Titolo: Bulletin Atomic Scientists Cover
Autore: Bulletin of the Atomic Scientists.The original uploader was Fastfission at English Wikipedia..Later version(s) were uploaded by FreeMediaKid!, Goszei at en.wikipedia.
Licenza: Public domain, via Wikimedia Commons
Link: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Bulletin_Atomic_Scientists_Cover.jpg
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Titolo: Doomsday Clock graph (Grafico dell’Orologio dell’Apocalisse)
Autore: Fastfission
Licenza: Public domain, via Wikimedia Commons
Link: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Doomsday_Clock_graph.svg
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